Chiesa di San Giovanni Battista in Valle
Alla ricerca delle eresie ariana nella chiesa veronese. E’ noto che le prime Chiese paleocristiane furono costruite fuori dalle mura romane e con scopo cimiteriale. In Veronetta sono: Santo Stefano, San Pietro in Castello, dove oggi abbiamo la caserma Austriaca, San Faustino in vicolo San Faustino e San Giovanni in Valle. Tutte queste Chiese furono costruite, difatti, su necropoli romane. La loro data di costruzione è a noi sconosciuta, possiamo dedurla attraverso le date di morte dei Vescovi di Verona che vi vennero sepolti.
Il secondo Vescovo S. Dimidriano si dice che sia sepolto in Santo Stefano, ma non si capisce bene se le sue ossa furono portate in un secondo tempo.
Solo da S. Servolo, il quindicesimo Vescovo, possiamo intuire il giorno e l’anno della sua inumazione: 12 gennaio del 412.
Quindi Santo Stefano può essere stato costruito prima di questa data.
Chiesa di Santo Stefano di Verona
Nella chiesa di San Pietro in Castello venne sepolto il ventunesimo vescovo San Felice: il 19 luglio 490.
Per San Faustino e per San Giovanni in Valle non abbiamo nessuna data precisa.
Le Chiese paleocristiane penso che siano state iniziate nel 318, quando, con un editto, Costantino concesse il diritto ai Vescovi di ricevere dei beni in eredità, ponendo le basi al potere temporale della Chiesa.
Nello stesso anno, ad Alessandria d’Egitto, il prete Ario negò la natura divina di Cristo e diede inizio all’eresia che porta il suo nome: arianesimo.
L’eresia venne condannata prima nei concili di Alessandria (323) e Nicea (325), definitivamente condannata nel concilio di Costantinopoli (381).
Quindi i Cristiani si divisero in Cattolici che riconoscono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e in Ariani che riconoscono solo il Padre.
Ariani erano i popoli Germani: Unni, Eruli, Goti, Ostrogoti, Visigoti, Gepidi, Burgundi, Svevi, Vandali e Longobardi (compreso Carlo Magno).
Ricordiamoci che le due religioni, quella Cattolica ed Ariana, avevano una Cattedrale e un Battistero, quindi un Vescovo che battezzava con un rito proprio.
Gli Ariani erano devoti a San Michele Arcangelo loro patrono, a San Giovanni Battista, come è dimostrato anche dalla scritta incisa sulla prima colonna del ciborio di San Giorgio di Valpolicella Inganapoltron, e naturalmente a San Giorgio.
Sappiamo che la Cattolicissima regina Teodolinda costruì la chiesa di San Giovanni Battista a Monza.
La regina Gundiperga, figlia di Agilulfo e di Teotolinda, sull’esempio di sua madre, costruì una basilica a San Giovanni Battista a Ticino (Pavia), che potrebbe essere oggi San Giovanni Domnarum.
A Verona, per quello che possiamo sapere, le due religioni vissero più o meno senza grossi problemi e con rispetto. quindi abbastanza in pace.
A conferma di questo basta leggere quello che scrisse il Canonico Don Giovanni Battista Pighi, nel primo volume Cenni storici sulla Chiesa Veronese, e mettere assieme le poche notizie sulla storia della nostra città.
Verso l’anno 402 i Visigoti ariani invasero l’Italia. Sconfitti prima a Pollenzo, poi sotto Verona, si ritirarono definitivamente nella Pannonia.
Ma nell’ anno 408, guidati da Alarico, i Visigoti scesero per la seconda volta, devastarono i territori di Aquileia, Altino e Verona; presero e devastarono Roma l’anno successivo.
Probabilmente in questi anni a Verona era stato messo il seme dell’ arianesimo, perché, in Santo Stefano, si ritorna a inumare i Vescovi Veronesi.
Difatti San Servolo (408-412), venne sepolto in Santo Stefano, e seguiranno sempre tutti gli altri Vescovi fino all’ anno 750, quando venne sepolto San Biagio.
Perciò Santo Stefano è la Cattedrale Cattolica.
Planimetria storica di Veronetta
Dove è la Cattedrale Ariana?
Dopo Alarico nel 452, l’ariano Attila, re degli Unni varca le Alpi, distrugge Aquileia, incendia Verona (e le prove archeologiche ci sono), e Milano si arrende.
L’obiettivo di Attila era quello di prendere e saccheggiare Roma, ma la fame e le malattie che colpirono il suo esercito e l’ incontro, forse a Salionze, con il Papa Leone I, dove si concluse una pace onorevole, indussero Attila a ritirarsi in Pannonia, dove l’anno dopo morì.
In quel periodo tremendo, il nostro Vescovo Montano (445-454) non è ricordato Santo tra i nostri Vescovi Santi, forse perchè non combatte con efficacia la nuova eresia di Eutiche, ne quella ariana.
Dopo ventottanni (482) Odoacre, re degli Erili, regnava su tutta l’Italia compresa la Sicilia.
E questo Barbaro ebbe per primo il titolo di re d’Italia.
Sappiamo che egli, sebbene ariano, dimostrò reverenze e accolse le preghiere in favore dei cattolici.
Quindi a Verona doveva esserci una Cattedrale e un Battistero Ariano.
Teodorico, re degli Ostrogoti, varcò le Alpi nell’ estate del 489, forse con 300.000 ariani fra donne, vecchi, bambini, e il loro clero; con suppellettili e carri: una vera e propria migrazione di popolo.
Il 28 agosto Teodorico batte Odoacre sull ‘Isonzo e a Verona il 30 settembre.
La tremenda battaglia tra i due eserciti si compie tra San Martino Buon Albergo e San Michele e non come si dice tra San Martino e le sponde del fiume Fibio.
Ciò perché, quando si costruì il grande svincolo stradale per collegare la tangenziale con l’autostrada, vennero alla luce le tracce di un immenso fossato a difesa di Veronetta, e sul terreno smosso vi erano ossa di animale e umane. (Tutto questo è stato fotografato).
Odoacre si rinchiuse a Ravenna. Dopo tre anni di assedio Teodorico conquistò la città e a tradimento uccise Odoacre.
Teodorico, nel 493 venne acclamato re dai suoi Goti e venne riconosciuto re dell’Italia dall’imperatore bizantino Anastasio.
Teodorico scelse per sè e il suo popolo l’Italia Settentrionale, affidò ai Goti le cariche militari, ai cattolici quelle amministrative. Teodorico divenne un barbaro romanizzato.
La penisola era un paese indifferente e impoverito; a Verona si viveva anche con la vendita di mattoni romani e facendo calce con le pietre delle costruzioni pagane.
Teodorico pose la sua capitale in Ravenna ma amò soggiornare a Verona, sentendosi più sicuro. Infatti Ennodio, vescovo di Ticino (Pavia), nel suo panegirico in onore di re Teodorico parlò della sua Verona.
Nelle leggende poetiche tedesche il re viene detto Teodorico da Verona.
Nell’ “Anonimo salesiano” si loda Teodorico, per gli edifici costruiti o restaurati.
Abbellì Verona con terme, con palazzi e con portici, la fortificò con nuove mura e ne rinnovò l’acquedotto.
Di tutto questo oggi conosciamo solo le mura che egli costruì: seguivano sulla destra dell’ Adige, il tracciato dell’ Adigetto inglobando l’ormai cadente Arco dei Gavi.
Poi sulle mura cadenti, costruite dall’imperatore Gallieno, costruì le sue e ben si riconoscono, perché tutto quello che era pagano subisce la condanna della memoria.
Cioè tutte le pietre che potevano essere riconosciute fatte dai pagani, con scritte, con decorazioni prettamente pagane, are dedicate a divinità pagane, ecc. le maestranze che costruirono le mura di Teodorico essendo cristiani, sia cattolici che ariani, le spezzarono e le posizionarono capovolte.
Sempre Teodorico fece smontare parte dell’ala dell’ Arena per usare quelle pietre nelle sue mura e inglobò l’Arena nella nuova cinta muraria passando da via Mazzini.
Alla sinistra dell’ Adige le mura si allargavano a oriente della città, passando più o meno da via San Giovanni in Valle, lasciando all’esterno della città la chiesa di San Giovanni in Valle, come Santo Stefano, d’altronde in caso di guerra, essendo gli eserciti contendenti formati da cristiani, mai avrebbero distrutto le loro Chiese.
Le mura proseguivano quindi sulla collina, racchiudevano il Castrum, con la chiesa di San Pietro e scendevano nuovamente all’ Adige.
Lasciando all’esterno delle mura la Cattedrale cattolica cioè Santo Stefano.
Iconografia Rateriana
Teodorico dove ha costruito o abbellito la sua cattedrale ariana?
Potrebbe essere San Giovanni in Valle, che vediamo nella sua Verona Teodoriciana raffigurata nell’ iconografia rateriana, che, portata dal vescovo Raterio (932¬968) in Belgio, bruciò nell’ abbazia di Lobbes.
Sempre nell’Iconografia vediamo anche il palazzo di Teodorico che, vista la sua posizione potrebbe essere stato costruito dove oggi abbiamo la corte del Duca.
Per tutto ciò possiamo dire che Teodorico visse, con tutte le sue comodità più in Veronetta che nella sua capitale Ravenna.
Teodorico morì nel 526, e sembra che attorno a questa data venga costruito il monastero di Santa Maria foris porta organo.
I Bizantini sono padroni di tutta l’Italia nel 557.
Un altro importante uomo che rese famosa Veronetta senza ombra di dubbio è Alboino, vediamo cosa ci racconta Paolo Diacono di lui.
Nel 566, Alboino, decimo re dei Longobardi, di grande corporatura, forte guerriero, feroce audace e generoso rapì Rosamunda, la bella figlia del Goto Cunimondo re dei Gepidi.
Di conseguenza scoppiò la guerra tra Alboino e Cunimondo che morì in battaglia, e come era uso presso i Longobardi, il vincitore decapitò il nemico.
Alboino, dal teschio di Cunimondo, ricavò una coppa chiamata Skala che si usava nei banchetti solenni.
Alboino sposò Rosamunda.
Due anni dopo (568), Alboino nel mese di aprile, il giorno di Pasqua preparò l’attacco in Italia.
I Longobardi erano ariani e in parte pagani e avidi di preda.
Nel mese di maggio iniziarono l’invasione dell ‘Italia, i guerrieri erano accompagnati dai familiari con tutti i loro beni comprese le loro sterminate mandrie.
Una vera e propria migrazione di popolo di circa 25.000 persone.
I Longobardi all’inizio dell’invasione in Italia nel mese di maggio, trattarono senza riguardo le chiese, i luoghi sacri cattolici e le persone ecclesiastiche.
La fama della loro violenza e ferocia, fece sì che al loro avanzare i vescovi scapparono dalle loro sedi con le reliquie e i tesori delle chiese.
Avvenne così che molte sedi vescovili rimasero vacanti, molti vescovi scomparvero e la gerarchia ecclesiastica rimase sconvolta.
I fatti cambiarono quando ad Alboino, giunto alla Piave, venne incontro il vescovo di Treviso Felice, a cui permise di conservare tutti i beni della chiesa, e questo valse anche successivamente. Alboino prese solo Vicenza e Verona.
Il 3 settembre 569 prese Milano e fu proclamato re d’Italia, ma tenne in Verona la sua ordinaria residenza.
Dopo tre anni di assedio Alboino espugnò ai Bizantini Ticino che divento la capitale dei Longobardi.
A questo punto è doveroso leggere quello che scrisse Paolo Diacono:
“Ma il re, dopo aver regnato in Italia per tre anni e sei mesi (26 giugno 572 n.d.s.), fu ucciso per tradimento dalla moglie. La causa del suo assassinio fu questa.
Mentre sedeva a banchetto in Verona ( forse nell’antico palazzo di Teodorico n.d.s. ), più allegro di quanto sarebbe stato opportuno, ordinò di dare da bere del vino alla regina nella coppa che egli aveva fatto con la testa di Cunimondo, suo suocero, e la invitò a bere lietamente insieme a suo padre.
Perché questo non sembri impossibile a qualcuno, dico la verità davanti a Cristo: ho visto io stesso in un giorno di festa il principe Ratchis tenere in mano quella coppa per mostrarla ai suoi commensali.
Vedendo questo, Rosmunda sentì nel suo cuore un dolore profondo e, non riuscendo a reprimerlo, immediatamente si infiammò nel proposito di uccidere il marito per vendicare la morte del padre; e subito si consigliò con Helmechis, che era scilpor, cioè armigero, del re e suo fratello di latte, sul modo di ucciderlo.
Questi convinse la regina a far partecipare alla congiura Peredeo, che era un uomo di grandissima forza. Ma poiché, quando la regina cercò di persuaderlo, Peredeo non volle acconsentire a un simile delitto, lei di notte si sostituì nel letto a una sua cameriera, con la quale Peredeo aveva commercio carnale e quando Peredeo andò lì senza sapere niente, giacque con la regina.
Commessa ormai la colpa, lei gli chiese chi credeva che lei fosse ed egli, come pensava, fece il nome della sua amica, ma la regina continuò: «Non è affatto come credi; invece io sono Rosmunda», disse. «Certo tu ora, Peredeo, hai compiuto un’azione tale che o tu uccidi Alboino o lui ucciderà te con la sua spada».
Allora egli capì il male che aveva fatto e, se spontaneamente non aveva voluto, in questo modo costretto diede il suo assenso all’uccisione del re.
Allora, mentre Alboino dopo pranzo dormiva, Rosmunda ordinò che nel palazzo si facesse un grande silenzio e, tolta di mezzo ogni altra arma, legò forte la spada di lui alla testata del letto, in modo che non si potesse staccare né sguainare: poi, secondo il suggerimento di Peredeo, fece entrare più feroce di una belva l’assassino Helmechis.
Alboino, svegliatosi di soprassalto, comprese il pericolo che gli era addosso e portò subito la mano alla spada, ma, non riuscendo ad estrarla, legata com’era, prese uno sgabello per i piedi e si difese per qualche tempo con quello.
Ma, ahimè, un guerriero così valoroso e così audace, non potendo niente contro il nemico, fu ucciso come un imbelle, e morì per le trame di una sola femmina colui che era così famoso in guerra per tante stragi di nemici.
Il suo corpo fu sepolto dai Longobardi, con immenso pianto e lamento, sotto la rampa di una scala che era contigua al palazzo. Fu alto di statura e in tutto il corpo adattissimo a sostenere i combattimenti.
La sua tomba venne aperta ai nostri giorni (770 n.d.s.) da Giselperto, già duca di Verona, il quale portò via la sua spada e quanto altro trovò del suo corredo.
Per questo, con la solita vanità degli ignoranti, si gloriava di aver veduto Alboino.
Dopo aver ucciso Alboino, Helmechis tentò di usurparne il regno. Ma non ci riuscì, perché i Longobardi, addoloratissimi per la morte del re, volevano ucciderlo.
Allora Rosmunda mandò a chiedere a Longino, prefetto di Ravenna, di inviare in fretta una nave per raccoglierli.
Lieto di tale notizia, Longino mandò subito la nave, su cui Helmechis e Rosmunda, ormai sua moglie, salirono, fuggendo di notte. E, portando con sè Albsuinda, figlia del re, e tutto il tesoro dei Longobardi, arrivarono rapidamente a Ravenna.
Allora il prefetto Longino prese a suggerire a Rosmunda di uccidere Helmechis e diventare sua moglie.
La donna, che facilmente si lasciava indurre ad ogni infamia, dette il suo consenso a compiere un tale delitto, sognando di farsi signora dei Ravennati e, mentre Helmechis si lavava nel bagno, gli porse, all’uscita dall’acqua, una coppa avvelenata, dicendogli che era una bevanda salutare.
Egli, come si accorse di aver bevuto la coppa della morte, sguainò la spada sopra Rosmunda e la costrinse a bere quello che era rimasto. E così, per giudizio di Dio onnipotente, gli infami assassini morirono nello stesso momento ».
Tipica casa del basso medioevo
Dopo la morte di Alboino a Ticino venne eletto Clefi, ma scelse di risiedere anche lui a Verona.
Subito Clefi vendicò Alboino facendo strage contro i cattolici che congiurarono assieme a Rosmunda per uccidere Alboino.
I nostri Vescovi Solazio (570-586), Giuniore (586-598), e Pietro (598-612), non furono fatti santi e non si conosce nemmeno il luogo della loro sepoltura, si sospetta che questi Vescovi fossero infettati dall’ eresia ariana e ci darebbero la prima pagina oscura nella storia della nostra Chiesa.
Se stanno così gli avvenimenti, Verona non fu più cattolica per 42 anni, e i tre Vescovi vennero sepolti nella cattedrale ariana, San Giovanni Battista, poi San Giovanni in Valle. In conclusione i veronesi non tramarono contro Alboino.
Il regno di Clefi durò solo un anno e sei mesi, perchè venne assassinato assieme alla sposa Massana, lasciando il figlio Autari in giovane età.
Autari viene eletto re nel 584; come il padre Clefi, Autari scelse Verona come sua residenza e il suo regno durò 10 anni.
Questo periodo è detto comunemente interregno dei duchi, secondo alcuni studiosi segna l’epoca più tirannica della dominazione dei Longobardi.
Autari volle tenere divisi i cattolici dai Longobardi ariani e vietò a questi di battezzare i figli alla religione cattolica. Iniziò l’oppressione dei cattolici, la distruzione delle chiese e l’espulsione di vari vescovi dalle loro sedi.
Vediamo ora cosa scrive Paolo Diacono sul regno di Autari.
“Invece le popolazioni sottomesse furono suddivise tra gli ospiti longobardi. C’era però questo di meraviglioso nel regno dei Longobardi: non c’erano violenze, non si tramavano insidie, nessuno opprimeva gli altri ingiustamente, nessuno depredava; non c’erano furti, non c’erano rapine; ognuno andava dove voleva, sicuro e senza alcun timore.. .”,
Infatti a Verona sembra che la vita civile e religiosa si svolse tranquilla.
Oltre tutto vi era Vescovo il veronese Giuniore, convertito forse all’arianesimo, non si sa dove sia sepolto e non è santo.
L’anno 589 sarà funesto per Verona ma in modo particolare per Veronetta.
Quest’ anno inizio allegramente, re Autari partì da Veronetta per sposare la cattolica Teodolinda, figlia di Garibaldo duca di Baviera, e suocero di Evino duca di Trento, il 15 maggio, secondo la leggenda, il matrimonio venne celebrato nella chiesetta di San Pietro, tra Sdruzzinà e Ala.
La tranquillità durò solo 156 giorni, come scrisse Paolo Diacono.
“Eo tempore fuit aquae diluvium in finibus Venetia rum et Liguriae seu ceteris regionibus Italiae, quale post Noe tempore creditur non fuisse. Factae sunt lavinae pos sessionum seu villarum, hominumque pariter et animan tium magnus interitus. Destructa sunt itinera, dissipatae viae, tantumtuncque Atesis fluvius excrevit, ut circa ba silicam Beati Zenonis martyris, quae extra Veronensis ur bis muros sita est, usque ad superiores fenestras aqua per tingeret, licet, sicut et beatus Gregorius post papa scri psit, in eandem basilicam aqua minime introierit. Urbis quoque eiusdem Veronensis muri ex parte aliqua eadem sunt inundatione subruti. Facta est autem haec inundatio sexto decimo kalendas novembris. Sed tantae coruscatio nes et tonitrua fuerunt, quantae fieri vix aestivo tempore solent. Post duos quoque menses eadem urbs Veronen sium magna ex parte incendio concremata est.”
“In quel tempo vi fu un diluvio nel Veneto e nella Liguria e in altre zone dell’Italia quale si ritiene non vi sia stato dai tempi di Noè. Terreni e fattorie divennero laghi e fu grande la strage sia di uomini che di animali. I sentieri furono distrutti, le vie scomparvero, e il fiume Adige crebbe tanto che, intorno alla basilica del beato Zeno martire, fuori delle mura della città di Verona, l’acqua arrivò alle finestre alte, sebbene, come scrisse anche il beato Gregorio, divenuto poi papa, non entrasse affatto nella basilica.”
Ho voluto mettere in chiaro questo luogo, perchè l’ubicazione della prima chiesa di San Zeno non è ancora chiara, e si localizza dagli studiosi sotto la chiesa di Sant’Elena in Duomo, l’acqua arrivò fino all’altezza delle finestre superiori, pure se come scrisse anche il beato Gregrorio poi papa all’interno della chiesa stessa non penetrò affatto.
Anche le mura di Verona furono abbattute in alcuni punti da questa inondazione che si verificà il 17 ottobre. Ci furono tanti lampi e tuoni, quanti a malapena ve ne sono in estate. Due mesi dopo, la stessa città di Verona fu in gran parte distrutta da un incendio.”
Dopo queste disgrazie la città non si riprenderà più per parecchio tempo.
A Verona quasi tutte le costruzioni romane in rovina vengono abbandonate. Il cortile del Tribunale diventò zona cimiteriale fino a circa l’anno 850.
Via Dante venne occupata per metà da abitazioni con muretti a secco e con pareti di rami intrecciati e tetti di paglia, le abitazioni si prolungarono nel Cortile del Mercato Vecchio fino a circa l’anno 1100.
(Logicamente durante gli scavi archeologici si sono individuati gli strati alluvionali sotto a quelli dell’incendio successivo).
Chiostro di San Giovanni in Valle
E a Veronetta?
Il primitivo letto dell’ Adige era l’attuale interrato dell’Acqua Morta; dopo la piena del fiume troviamo che l’ Adige ha distrutto parte della città a destra Adige e si sono formate le due isole: Isolo di Sopra e Isolo di Sotto.
Possiamo dire che più o meno si sono conosciute le vicende storiche di Verona nell’ansa dell’ Adige, perché si sta facendo archeologia urbana dal 17 giugno 1981, e le ricerche sono state compiute anche a Veronetta, però i risultati degli scavi non sono stati portati a conoscenza del grande pubblico.
Nel n° 12 del libretto “Tra cronaca e storia” Il Giardino Giusti del 2005, a pagina 7, scrivevo:
“speriamo che i lavori edili all’interno del seminario diano buoni risultati archeologici per ovviare quelli perduti” .
Oggi si sta scavando nel cortile del Seminario con criteri scientifici e si sta aprendo il grande libro sulla storia di Veronetta. Naturalmente si sarebbe potuto sapere dove è arrivata l’inondazione e l’incendio che descrive Paolo Diacono.
Su questo scavo non è apparso nemmeno un articolo su “L’Arena” e non si possono assolutamente fare fotografie e gli archeologi che scavano, tanto meno parlano.
Ma è trapelato che stanno “leggendo” la pagina del primo secolo dopo Cristo; si sta scavando nell’ antica zona industriale di Verona; il materiale che i nostri avi ci hanno restituito è abbondantissimo e in buono stato di conservazione; in conclusione gli archeologi non si sono mai trovati davanti una abbondanza tale di notizie che potrebbero cambiare la storia di Verona.
Temo che succeda quello che dicono gli archeologi fuori le mura di Verona:
prima fase: scavo;
seconda fase: materiali in sacchetti archiviati (sperando che i topo non mangino i foglietti);
terza fase: lo studio del materiale non avviene;
quarta fase: la pubblicazione non avviene;
quinta fase: la conclusione, si sono persi i soldi per gli scavi ecc. ecc. per niente.
Questo accade in Verona dal 17 giugno del 1981, vedi per esempio, sulla terza porta romana in via Redentore n° 9 dove sono state pubblicate a Cremona, nel 1996, poche righe su questa scoperta, tutto ciò ci stava benissimo su un articoletto nel nostro quotidiano “L’Arena.”
Riprendiamo il discorso dell’inondazione dell’Adige, sebbene non abbiamo notizie dello scavo del cortile del Seminario le possiamo avere indirettamente dai livelli raggiunti dalle inondazioni storiche che abbiamo sparse per Verona e Veronetta; secondo le targhe del chiostro della chiesa di san Bernardino, vediamo che le due piene maggiori, e sullo stesso livello, sono quelle avvenute nel 1531 e nel 1882.
Per Veronetta abbiamo quella segnata nel chiostro del Seminario, che non ho potuto fotografare, e quella dietro all’altare maggiore della Chiesa di Santa Maria in Organo.
Perciò, con quelle due piene sono andate sotto acqua: il complesso delle chiese del Duomo, ma sono rimaste all’asciutto Santo Stefano e San Zeno.
Con questo voglio dire che o è accaduto veramente il miracolo di San Zeno o la prima chiesa di San Zeno è dove dice Paolo Diacono.
Sempre nel 590 viene eletto papa San Gregorio primo, detto Magno, sapeva leggere e scrivere, ordinò la distruzione di tutto ciò che restava dei luoghi sacri pagani e che vennero sostituiti da altri cattolici.
Vediamo ora che cosa accadde a Verona.
Il 4 gennaio 591 iniziò una siccità gravissima, che durò fino a settembre.
L’anno dopo nuova invasione di cavallette, seguì la peste inguinaria come 30 anni prima.
Nel 593 abbiamo il terremoto, alluvione e peste, re Agilulfo domò la ribellione del duca di Verona Zangrulfo e lo mise a morte.
L’anno seguente il popolo di Verona venne colpito da una violenta epidemia .
Dopo queste disgrazie a Verona iniziò un periodo di forte arretramento nelle tecniche costruttive, non si usò più la malta ma terra per legare ciottoli e materiale di riutilizzo romano.
La peste tornò nel 602; nel 637 l’Adige inondò quello che restava di Verona.
Solo gli edifici sacri si salvarono, perché costruiti in modo tale da durare nei secoli.
Nuova peste nel 681.
Finalmente a Verona accadde un fatto politico: nel 695 il duca Ausfrit si ribellò al re Cunipert e cercò di impadronirsi del regno. Ma venne catturato a Verona, il re lo accecò e lo mandò in esilio.
La peste fu terribile nel 697, durò tre mesi: luglio, agosto e settembre; si abbandonò la città.
Nel 700 circa finalmente un documento scritto, l’Oratoriale di Verona, che contiene una vera e propria notazione musicale.
Come si può vedere ci fu una ripresa di vita in Verona. Infatti, nel 713, Liutprando diventò re. Con questo sovrano il regno longobardo in Italia raggiunse il suo massimo splendore.
Ciborio della Chiesa di San Giorgio Ingannapoltron
Una splendida testimonianza è il ciborio di San Giorgio di Valpolicella (inganapoltron ), costruito sotto il regno di Liutprando, che riportiamo qui letteralmente, dividendo con lineette le singole righe:
Sulla prima collonnetta si legge:
– IN NOMINE DOMINI JESU CHRSTI DE BONIS
– SANCTI JUHANNES
– BAPTESTE EDI
– FICATUS EST HANC
– CIVORIUS SUB TEMPORE
– DOMNO NOSTRO
– LIOPRANDO REGE
– ET VB PARTE NO DOMNICO EPESCOPO
– ET COSTODES EIUS VV VIDALIANO ET
– TANCOL PRBIS
– ET REFOL GASTALDIO
– GONDELME INDIGNUS DIACONUS SCRIP
– SI.
Sulla seconda colonetta si legge
– URSUS MAGESTER
– CUM DISCEPOLIS
– SUIS IUVINTIANO
– ET IUVIANO EDI
– FICAVET HANC CIVORIUN
– VERGONDUS
– THEODAL
– FOSCARI
Con questa scritta possiamo dedurre molte cose: in nome di San Giovanni Battista, dovrebbe essere il santo principale Longobardo, quando regnava Liutprando (713-744),… era vescovo Domenico (698-712).
Guardando le date di Liutprando e di Domenico non quadrano, Domenico è morto prima che fosse eletto Liutprando?
Del vescovo Domenico non abbiamo nessun documento, non si sa dove sia sepolto e tanto meno è santo, perchè Ariano.
Scrive il canonico professore Giovanni Battista Pighi nella sua Cenni storici sulla chiesa veronese:
“la questione della cronotassi dei vescovi di Verona è assai difficile e in molti casi insolubile”.
Attorno all’anno 720 è duca di Verona Lupo, “Lupo Dux edificavit cum coniuge Ermelinda”, si edifica il monastero con ospedale dei Pellegrini di S. Maria fuori Porta Organo.
Nel 726, inizia l’Iconoclastia (il culto delle immagini sacre viene condannato da cristiani, ebrei e maomettani). Perciò tutte le opere d’arte con rappresentazione sacre vennero distrutte, perchè portavano a ripristinare riti della condannata idolatria.
Difatti, tuttora, nella sinagoga e nella moschea non vi sono immagini sacre.
Agiprando fu duca a Verona nel 735.
All’incirca nel 743 viveva a Verona l’uomo di Dio Teudelapio, che aveva il dono della profezia.
Pochi anni dopo, nel 745, Giselperto fu duca di Verona.
Carlo (detto Carlo Magno), si fece incoronare unico re dei Franchi nel 771.
Dopo aver ripudiato la moglie Ermengarda, figlia del re dei Longobardi Desiderio, i rapporti con i Longobardi si guastarono definitivamente.
Due anni dopo Carlo Magno giunse in Italia chiamato dal papa Adriano I per sconfiggere Desiderio che lo assediava e per frenare l’avanzata dei Saraceni.
Il figlio di Desiderio Adelchi combatté i Franchi ma vienne sconfitto.
Nel settembre si asserragliò in Verona, resistette fino al giugno 774, poi si rifugiò a Bisanzio.
Nello steso anno morì il duca di Verona Giselperto e anche l’ultimo re dei Longobardi Desiderio.
Carlo Magno entrò in Verona senza opposizione dei Longobardi.
Di conseguenza terminò il loro dominio, durato 205 anni.
A questo punto, i cattolici censurarono, cancellarono, bruciarono e distrussero tutto quello che era ariano. Questo accadde anche a Verona.
Vennero venduti i mattoni romani del palazzo di Teodorico per usarli in nuove chiese.
Dispersero le ossa dei vescovi Ariani sepolti nella loro cattedrale San Giovanni Battista, comprese le ossa di Alboino.
A Ravenna vennero disperse le ossa di Teodorico.
Distrussero la fonte Battesimale e i Cibori, compreso il Ciborio di San Giorgio Inganapoltron, che fu raccolto in parte nei campi sottostanti la chiesa.
Si trasformarono le chiese ariane in cattoliche come quelle di San Giovanni Battista, San Micheletto alla Porta (costruito sul tempio a Giove Lustrale vicino a Porta Borsari), San Michele a San Nazzaro, San Michele Extra; e probabilmente quella di San Giorgio in Duomo.
Alessandro Canobio scrisse nel 1598 “che del 780 era questa chiesa già edificata”.
Come si vede in quattro anni la cattedrale ariana di San Giovanni Battista è stata tra sformata in cattolica. Con la distruzione di tutti i documenti ariani, si cancellò la memoria di circa 393 anni.
Se non ché, ne resta uno solo che ci può far ricordare che anche a Verona esistevano gli ariani, con il loro clero, le chiese, ecc…
E’ un libro scritto da Paolo Warnefrit, questo fu tra i maggiori storici del Medioevo.
Nato tra il 720 e il 724 da Warnefrit, di nobile famiglia longobarda, e da Teodolinda (non la regina), fu educato nello studio delle lettere dal grammatico Flaviano, forse a Ticino nella corte di re Rachi, si convertì al cattolicesimo, entrò monaco nel monastero di Monteccasino prima del 763, e prese il nome di Paolo Diacono.
Intorno al 787 Paolo Diacono scrisse la Historia Longobardorum che è la prima e unica storia dei Longobardi scritta da un Longobardo colto, e l’occupò fino alla morte, forse il 13 aprile 799.
Nella sua storia ci fa conoscere l’importanza di Verona, tanto che la nomina 23 volte, e Ticino (Pavia), che era la capitale, 28 volte.
Come si può capire, siamo stati noi più Barbari dei Barbari perchè abbiamo distrutto la storia della civiltà Barbarica.
Il 3 giugno dell’anno 1234, la chiesa perde il nome del Battista e prende quello di San Giovanni in Valle (la chiesa di San Giovanni in Foro portava il nome di San Giovani Evangelista).
Resta ancora un mistero da svelare.
Il tramonto al solstizio d’inverno
Mi sono sempre chiesto quale potesse essere il motivo di costruire una Chiesa così importante in un luogo angusto.
Lo studioso Mario Maimeri fa notare che San Giovanni in Valle è stata costruita su un precedente tempietto romano dedicato al Sole.
Umberto Grancelli, nel suo “Piano di fondazione di Verona Romana”, dice che la Chiesa di San Giovanni in Valle è un caposaldo per l’orientamento della costruzione dell’ impianto della Verona Romana nell’ansa dell’ Adige.
Cioè, l’allineamento tra il Piloton sulla dorsale di Montorio, la chiesa di San Giovanni in Valle e il Capitello di Piazza delle Erbe, “che è il centro del Foro Romano”, formano l’orientamento dell’asse del Cardo Massimo, che diventa pertanto l’attuale via Pellicciai- Santa Maria in Chiavica e di conseguenza il Decumano Massimo è in asse con con via Cappello – via Sant’Egidio.
Questo allineamento è stato subito contestato dagli studiosi di Verona Romana – ed è stato contestato tuttora dopo che è stato ristampato nel 2006 la nuova edizione de il Grancelli “Piano di fondazione di Verona Romana”, perchè si insiste che il Cardo Massimo è via Cappello – Sant’Egidio e il Decumano Massimo è Corso Porta Borsari – Sant’ Anastasia.
Ho ripreso in mano lo studio e il risultato è stato questo:
L’orientamento della città era stato fatto con il tramonto del sole al solstizio d’inverno e il suo percorso è, la Chiesa di Santa Lucia extra, la Chiesa di Santa Lucia in Corso Porta Palio, il Capitello di Piazza delle Erbe, San Giovanni in Valle, il Piloton di Montorio, la Chiesetta di San Giovanni Battista sul Pian di Castagnè. Pertanto Grancelli aveva ragione.
Come si è realizzato questo allineamento?
Il sacerdote romano nel giorno del solstizio d’inverno, per indicare l’orientamento della città, si era posizionato dove sorge oggi l’attuale Chiesa di San Giovanni in Valle che si trova a 70 m. sul livello del mare, (in via Fontana del Ferro n° 3 vi sono tracce delle sabbie dell’ Adige di circa 13-14 mila anni fa),.
Pertanto il sacerdote romano poteva quindi vedere tramontare il sole sul piano dell’orizzonte proprio dietro dove è stata costruita la primitiva Chiesa di Santa Lucia extra, che si trovava allo stesso livello altimetrico ( 70 m.s.l.m. ) di San Giovanni in Valle.
Tale allineamento permetteva inoltre di rispettare uno dei capisaldi di Vitruvio, l’architetto massimo romano, che permetteva alle case di sfruttare il massimo della luce solare ed avere pertanto nessun lato della casa nè troppo caldo nè troppo freddo.
In conclusione mi sembra di avere contribuito in parte a svelare alcuni misteri di San Giovanni Battista in Valle.
Fonte: srs di Alberto Solinas