Se c’è un liberale del Risorgimento che meriterebbe di stare in un Pantheon, insieme ai vari padri della patria (li conoscete tutti, Cavour, Garibaldi, Mazzini, Vittorio Emanule Il) è certamente Liborio Romano, il grande liquidatore del Regno delle Due Sicilie.
L’uomo che mise la camorra a presidiare Napoli, ma non lo si può scrivere sui libri di storia! Altrimenti ai giovani meridionali potrebbero girare le scatole e, quando terminano le scuole, invece di andarsene a lavorare, metterebbero tutto a soqquadro.
Figlio più illustre di Patù. Primogenito di una nobile e antica famiglia dalle tradizioni liberali, completò gli studi a Lecce, si laureò in Giurisprudenza a Napoli nella cui Università fu anche professore.
Sin da giovane visse intensamente l’impegno politico frequentando gli ambienti legati alla Carboneria e diventando interprete appassionato delle più alte idealità del Risorgimento italiano, e per questo fu sospeso dall’insegnamento universitario.
Nel 1860, quando ormai con Francesco II stavano per consumarsi gli ultimi atti del Regno dei Borboni, a Napoli Liborio Romano detto “Don Libò”, era ormai conosciuto in tutti gli ambienti come il più brillante principe del Foro partenopeo.
Venne nominato prima Prefetto di Polizia e subito dopo Ministro dell’Interno e della Polizia, e si trovò nella necessità di traghettare tramite Garibaldi, il Regno di Napoli dai Borboni ai Savoia, la situazione era esplosiva, a Napoli poteva succedere di tutto.
In quel frangente il nostro Don Libò, scese a patti con la camorra locale, rimasta fino allora relegata ai margini del sistema civile, coinvolgendone gli esponenti di spicco nel lavoro di mantenimento della quiete pubblica.
E così avvenne: la calma e l’ordine regnarono sovrani.
Garibaldi poté giungere solo e senza armi alla Stazione ferroviaria di Napoli, accolto da Liborio Romano in persona circondato da un popolo in festa.
Nelle Elezioni politiche del gennaio 1861, le prime del Regno d’Italia unita don Liborio fu il Deputato più votato in Italia, eletto in ben otto collegi elettorali: il 20 luglio 1865 si chiudeva la sua esperienza parlamentare.
Le premesse per il futuro disastro istituzionale vi erano tutte; la calma era solo apparente.
Come al solito ai naviganti l’ardua risposta.