Una iscrizione su un blocco di calcare potrebbe risolvere finalmente uno dei più grandi misteri della storia: l’identità del padre del giovane faraone Tutankhamon.
Un enigma dell’Egittologia, su cui storici e semplici appassionati si sono concentrati invano in passato, dovrebbe verosimilmente aver trovato soluzione, alla luce di un ritrovamento casuale, ma non per questo meno prezioso.
Zahi Hawass, Direttore del Supremo Consiglio delle Antichità del Cairo, ha recentemente rinvenuto nel magazzino del sito archeologico di El Ashmunein (250 km a sud della capitale), la parte mancante di una lunga epigrafe, che, combinata con quella già nota, rivela un dato di portata storica straordinaria: Akhenaton, il faraone cosiddetto “eretico”, il primo monoteista della storia, fu il padre naturale di Tut Ankh Amon. I due blocchi, trovati separatamente in tempi diversi, giacciono in un deposito di antichità adiacente alla zona archeologica, esterna al villaggio di El Ashmunein e provengono come molti altri dal locale tempio fatto erigere 100 dopo il periodo di Akhenaton, da Ramses II (attorno al 1250 a. C.).
Costui, instancabile costruttore di edifici religiosi, volti a celebrarne le gesta, utilizzò nell’erezione di questo santuario parecchi blocchi della vicina Amarna, città, dove Akhenaton concentrò il proprio potere e che ai tempi di Ramses era semiabbandonata e aveva perso ogni centralità. Ebbene sulla nuova epigrafe è gravato che Tutankhamon fu figlio di Akhenaton, così come è specificato che anche Ankhesenamon, sposa di Tut, fu figlia del medesimo padre (diverse furono invece le madri: Nefertiti per la giovane sposa, mentre a questo punto quella del faraone-bambino potrebbe essere proprio Kiya).
Viene poi precisato che i due prossimi regnanti si sposarono giovanissimi ancora ad Amarna, quindi nel periodo oscuro e drammatico della fine del monoteismo amarniano e della successiva restaurazione del politeismo tebano. Sembrerebbe di arguire, se la scoperta di Hawass fosse – come pare – confermata, che Tutankhamon, generato da una sposa successiva a Nefertiti, sia stato dunque più giovane della propria consorte Ankhesenamon, nata invece dal connubio Akhenaton-Nefertiti: ma sono tutti dati genealogici su cui riflettere, magari con il contributo di future scoperte.
“In ogni caso un simile, importante ritrovamento rende giustizia a una parentela ad oggi accettata da pochi: si era sempre pensato, quale genitore di Tutankhamon, o ad Amenophis III sulla base di un’altra stele, che dunque va corretta (costui in realtà fu il nonno) o a Smenkhkhara, probabile faraone tra Akhenaton e lo stesso Tut”, precisa Hawass.
Fu quel periodo (II metà del XIV sec. a. C.) contrassegnato dal monoteismo amarniano, i cui precisi contorni sfuggono: fu introdotto da Amenophis IV, che in virtù del nuovo credo religioso in onore del dio Sole Aton, assunse appunto il nome di Akhenaton. Egli spostò il centro del regno 500 km più a nord della precedente capitale (Tebe, oggi Luxor), destituendo le potenti classi sacerdotali tebane, legate alle numerose divinità del pantheon egizio, di ogni loro funzione; in questo fu aiutato dalla bellissima sposa Nefertiti, valida consigliera politica e splendida madre di sei figlie.
Al declinare della fortuna di Nefertiti, Akhenaton si risposò e mantenne saldo il potere per altri anni, fino a quando il precedente “status quo” fu ripristinato per precisa volontà cospiratoria della potente casta sacerdotale tebana (anche se i particolari del declino di Amarna sfuggono). L’azione di restaurazione fu pilotata dall’abile consigliere Ay, che affidò proprio a Tutankhamon il primo trono di nuovo a Tebe: insomma fu Tut strumento della controrivoluzione, che cancellava il sogno di Amarna e di Akhenaton; di quell’Akhenaton, che ora la storia ha rivelato essere stato suo padre.
Fonte: Il Sole 24 ore, del 21 Novembre 2008/Discovery Channel – 17 Dicembre 2008