Feb 22 2009

Biodiversità umana: tutte le lingue in pericolo nell´Atlante Unesco.

LIVORNO. L´Unesco ha lanciato a Parigi la versione internet del suo nuovo Atlante delle lingue in pericolo nel mondo. Questo strumento interattivo propone dati aggiornati su circa 2.500 lingue in pericolo nel nostro mondo globalizzato e può essere completato, corretto, attualizzato in diretta grazie al contributo dei suoi utilizzatori. L´Atlante è stato presentato alla vigilia del 21 febbraio, giornata internazionale delle lingua materna e permette di ricercare, secondo diversi criteri e classificazioni, le 2.500 lingue in pericolo di estinzione divise in: vulnerabile, in pericolo, sériamente in pericolo, in situazione critica ed estinta dopo il 1950.



«Alcuni di questi dati sono particolarmente inquietanti – spiega la nota di presentazione dell´Unesco – su circa 6.000 lingue esistenti nel mondo, più di 200 lingue si sono estinte nel corso delle ultime tre generazioni, 538 sono in situazione critica, 502 seriamente in pericolo, 632 in pericolo e 607 vulnerabili». 



199 lingue sono ormai parlate da meno si 10 persone, alter 178 hanno ormai tra 10 e 50 locutori. Tre i linguaggi ormai praticamente morti e dimenticati viene citato il Manx, la parlata tradizionale dell´isola di Man, estinto nel 1974 con la scomparsa di Ned Maddrell; l´Aasax della Tanzania, estinto nel 1976, l´Ubykh della Turchia, sparito nel 1992 insieme al signor Tevfik Esenç, l´Eyak dell´Alaska, scomparso nel 2008 con la morte di Marie Smith Jones.



Il direttore dell´Unesco, Koïchiro Matsuura, ha detto che «la scomparsa di una lingua porta alla sparizione di numerose forme del patrimonio culturale immateriale, in particolare della preziosa eredità costituita dalle tradizioni e dalle espressioni orali, dai poemi alle leggende, fino ai proverbi e ai motti di spirito, della comunità che le parla. La perdita delle lingue avviene così a detrimento del rapporto che l´umanità intrattiene con la biodiversità, perche esse veicolano numerose conoscenze sulla natura e l´universo». 



Alla redazione dell´Atlantte hanno collaborato più di 30 linguisti che con questo imponente lavoro dimostrano che il fenomeno della scomparsa delle lingue si manifesta in tutti I continenti e in condizioni economiche molto diverse tra loro. Nell´Africa sub-sahariana, dove vengono parlate circa 2.000 lingue diverse (un terzo del totale mondiale) è probabile che nei prossimi cento anni ne scompaiano il 10%. 



In India, Usa, Brasile, Indonesia e Messico, Paesi con grande diversità linguistica al loro interno, sono anche quelli che contano il maggior numero di lingue in pericolo di estinzione. In Australia l´inglese sta mettendo a rischio o degradando 108 lingue. 

In Italia le lingue a rischio sono 31: 5 sono seriamente in pericolo (Töitschu, Croato del molise, Griko del Salento, Griko della Calabria e Gardiol); 22 in pericolo (Occitano, Franco-provenzale, Piemontese, Ligure, Lombardo. Mocheno, Cimbro, Ladino, Sloveno, Friulano, Emiliano-romagnolo, Faetano, Arbëreshë-Albanese, Gallo-siciliano, Campidanese, Logudorese, Catalano-algherese, Sassarese e Gallurese, Corso), 4 sono vulnerabili (Walzer-Germanico, Veneto, Napoletano-calabrese, Sicilano).



L´Unesco avverte che «La situazione quale presentata nell´Atlante non è però sistematicamente allarmante. Così Papua Nuova Guinea, il Paese che registra la più grande diversità linguistica del pianeta (più di 800 lingue vi sarebbero parlate) è anche quello che ha relativamente meno lingue in pericolo (88)». 



Così come, anche se nell´Atlante vengono classificate come estinte, alcune lingue sono oggetto di un´attività di riscoperta e rivitalizzazione il Cornique (Cornovagliese) o il Sîshëë della Nuova Caledonia ed è possibile che queste lingue morte risorgano a nuova vita. 



Inoltre, grazie a politiche linguistiche favorevoli, diverse lingue autoctone vedono aumentare i loro locutori. E´ il caso dell´Aymara centrale e del Quetchua in Perù, del Maori in Nuova Zelanda, del Guarani in Paraguay e di diverse lingue amerindie (ed inuit) in Canada, negli Usa e in Messico. L´Atlante dimostra anche che una stessa lingua a destini diversi, per ragioni economiche, per le politiche linguistiche e per fenomeni sociologici, a seconda dei Paesi in cui viene parlata la stessa lingua non mantiene la stessa vitalità. 



Per Christopher Moseley, un linguista australiano che ha curato la pubblicazione dell´Atlante, «Sarebbe naif e semplicistico affermare che le grandi lingue che sono state lingue coloniali, come l´Inglese, il Francese e lo Spagnolo) sono dappertutto responsabili dell´estinzione delle altre lingue. Il fenomeno di un sottile equilibrio di forze rilevato in questo Atlante permette ad ognuno di comprendere meglio questo equilibrio».

 

Secondo l’Unesco, quindi le Nazioni Unite, le lingue in pericolo parlate nello Stato italiano sono 31. 

Secondo lo Stato italiano (Legge 482/99), le lingue in pericolo parlate nel suo territorio sono 12.

 Non sarebbe forse ora – anche per lo Stato italiano, così come per gli altri Stati –  di mettersi al passo con la civiltà anche per quanto riguarda questo delicatissimo argomento, sempre più attuale in un periodo come questo, in cui ci troviamo a fare i conti con il più disastroso fallimento della globalizzazione e della sua ideologia culturalmente genocida? Non c’è altro da aggiungere, a questo punto. 

 

Fonte: Linguedialetti.splinder.com


Feb 22 2009

Il Veneto è la mia Patria.

Category: Veneto e dintornigiorgio @ 20:42

 

Il Veneto è la mia Patria. 

Sebbene esista una Repubblica Italiana, questa espressione astratta non è la mia Patria. 

Noi veneti abbiamo girato il mondo, ma la nostra Patria, quella per cui, se ci fosse da combattere, combatteremmo, è soltanto il Veneto. 

Quando vedo scritto all’imbocco dei ponti sul Piave fiume sacro alla Patria, mi commuovo, ma non perché penso all’Italia, bensì perché penso al Veneto. 

 

Goffredo Parise, Il Corriere della Sera, 7 febbraio 1982


Feb 22 2009

Con San Marco Comandava

Category: Veneto e dintorni,Verona pensieri e parolegiorgio @ 19:24

Mia nonna tra fratelli e sorelle erano in 15 persone, metà di esse non superarono l’adolescenza, morirono  di pellagra,  che tradotto,  vuol dire, di denutrizione, di fame.

Viveva in una famiglia allargata di quasi 70 persone, e il lavoro,  come lo conosciamo oggi, non esisteva,  si doveva inventarlo giornalmente;  di stabile vi era solo la miseria e la fame, e  che fame!

Il lontano ricordo di una  miseria “autosufficiente” del periodo veneziano, si era  persa nel tempo, e solo qualche amara filastrocca ne riportava  in auge  il rimpianto.

Me conservo una veronese che, aggiornata al 1870, dice così:

Con San Marco Comandava

Con San Marco che comandava

se disnava e se senava.

Con la Francia, se disnava solamente

Sotto la casa dei Lorena

un pochetin se disnava e se senava

Sotto Casa de Savoia

de magnar te ga solo voja

i n’à portà na fame roja

e ne toca andar via… vaca troja…vaca troja


Fu così  che milioni di veneti, di meridionali, di cittadini di un’ Italia, generata malissimo  e vissuta peggio,  sudditi di una delle  peggiore monarchie europee, al grido di “porca italia” furono costretti ad emigrare.

Finirono sparsi in Europa e  nelle Americhe  a fare quello che gli schiavi negri, da poco liberati, non volevano più fare.


Feb 22 2009

Invictus

Category: Pensieri e parolegiorgio @ 18:24

Invictus

Nella notte che mi avvolge,

Nera come la voragine infinita,

Ringrazio qualsiasi divinità vi sia

Per la mia anima invincibile.

Stretto nella morsa della circostanza

Non ho battuto ciglio o pianto ad alta voce.

Sotto le mazzate del fato

La mia testa sanguina ma non si piega.

Oltre questo luogo di odio e lagrime

Incombe solo l’orrore dell’ombra.

Eppure la minaccia futura

Mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto angusto è il passaggio

O quanto pesante la sentenza,

Sono padrone del mio destino:

Sono il capitano della mia anima.

William Ernest Henley (1849-1903)


Feb 22 2009

Speransa par el veneto

Category: Veneto e dintorni,Verona dei veronesigiorgio @ 18:12

Grasie al so patrimonio paesagistico, storico, artistico e architetonico, el Veneto l’è, con oltre 60 milioni de turisti al’ano, la region pì visità d’Italia. 

Le lingue pì parlè i è el Veneto e l’Italian. 

In certe zone se parla el ladin, el furlan e el cimbro. 

La proposta de lege volta a tutelar la lengua veneta come espresion del patrimonio culturale dei Veneti l’è stà approvà dal consiglio regional a stragrande magioransa el 28 marso 2007. 

El Veneto, insieme ala Sardegna, l’è una dele do regioni italiane che vede i so abitanti riconosui uficialmente come popolo.

 

Fonte: Dino de sandra


Feb 22 2009

Seto ci l’è el Dino?

Category: Monade satira e rattatuje,Verona dei veronesigiorgio @ 16:17

 

El Dino da Sandrà no l’è un politico.  No l’è un scritor.  No l’è un giornalista e gnanca un profesor. 

Seto ci l’è el Dino?


El Dino l’è un butel che ga oia de pasar la duminica al bar coi so amisi a vardar le partìe. 

El Dino l’è un butel che de tanto in tanto ga oia de ciavar co la so morosa, e se la morosa no la gh’è el se ciava anca na galina coi calseti. 

El Dino l’è un butel che ga oia de farse na bela magnada e in mona tuti i rompibale.


El Dino l’è un butel che vol goderse le belese del mondo ndo sen capitè a vivar. 

El Dino te sé ti! 

 

Fonte: dino.da.sandra


Feb 22 2009

Speculazione e distruzione del territorio; correva l’anno 1954

Category: Architettura e urbanisticagiorgio @ 15:44

Adriano Olivetti, l’utopico e allo stesso tempo concreto programmatore di futuro e di Comunità, sul primo numero della rivista dell’Istituto nazionale di urbanistica, nel 1949, scriveva:

“L’urbanistica reclama la pianificazione; e può darsi una pianificazione democratica, cioè libera? Questo interrogativo dominerà implicitamente o esplicitamente il nostro lavoro. E’ soltanto nella soluzione del rapporto individuo-collettività… che è possibile anticipare la soluzione”.

Sei anni dopo, nel 1954, in una lettera agli urbanisti italiani, commentava amaro la dissennata dissipazione del territorio italiano: 

“La politica italiana non ha voluto accettare il metodo scientifico e con esso moderne tecniche di pianificazione urbana e rurale, non ha voluto né potuto dar luogo ad audaci e preveggenti piani regolatori, onde le nostre città stanno impaludando in un caotico disordine”.