Adriano Olivetti, l’utopico e allo stesso tempo concreto programmatore di futuro e di Comunità, sul primo numero della rivista dell’Istituto nazionale di urbanistica, nel 1949, scriveva:
“L’urbanistica reclama la pianificazione; e può darsi una pianificazione democratica, cioè libera? Questo interrogativo dominerà implicitamente o esplicitamente il nostro lavoro. E’ soltanto nella soluzione del rapporto individuo-collettività… che è possibile anticipare la soluzione”.
Sei anni dopo, nel 1954, in una lettera agli urbanisti italiani, commentava amaro la dissennata dissipazione del territorio italiano:
“La politica italiana non ha voluto accettare il metodo scientifico e con esso moderne tecniche di pianificazione urbana e rurale, non ha voluto né potuto dar luogo ad audaci e preveggenti piani regolatori, onde le nostre città stanno impaludando in un caotico disordine”.