Feb 27 2009

Google Earth rivela probabili tracce di impatti di meteoriti nel Mediterraneo

Category: Bibbia ed Egitto,Natura e scienzagiorgio @ 22:26

La mappatura  dei fondali, attuata recentemente da Google, mostra quello che potrebbero  essere le tracce di impatti di meteoriti nel Mediterraneo.

Osservando i depositi alluvionali sotto il livello del mare al largo della  foce del Nilo, si notano chiaramente degli avvallamenti che sembrano essere causati da  impatti  di meteoriti sui depositi alluvionali del delta e non ancora ricoperti dalle successive alluvioni; ciò fa pensare ad una datazione temporale dell’evento relativamente recente, tale da poter essere ricordata dalle popolazioni che ne furono  testimoni o che ne subirono le conseguenze…  e  la separazione delle acque di biblica memoria, ne potrebbe esserne  un  ricordo.


Feb 27 2009

Verona: la Tomba di Umberto Grancelli

 

 

Chi per curiosità cercasse la tomba dove è sepolto Umberto Grancelli avrebbe non poche difficoltà a trovarla.

Chi si incammina nella città dei morti, quale è il cimitero monumentale di Verona, è colpito dalla sontuosità e dalla ricchezza delle tombe, nomi illustri, ma anche i loculi dei più umili sono impreziosite da nomi del defunto, scritte, marmi e fiori. Nel lato destro, rispetto all’entrata in un antro oscuro si susseguono sul pavimento vari chiusini e nella parete sono poste, a bel vedere, le foto con il nome dei cari estinti.

Umberto Grancelli, nonostante l’anagrafe mortuaria ci abbia indicato il numero, è difficilmente rintracciabile, nessun nome nessuna foto ci aiuta la ricerca.

Il visitatore attento potrà leggere sul chiusino 138 solo la scritta, scarna,  incisa sulla pietra: Grancelli.

Lì sotto riposa il corpo di Umberto.

In linea con l’umiltà e la semplicità della sua esistenza terrena, la tomba è anonima riportando solo l’indizio della “gens” di appartenenza.

Questo Uomo che ha dedicato la sua vita allo studio e alla ricerca dell’Anima da ancora fastidio ad una certa intellighenzia veronese.

Contrastato in vita e dimenticato ad ogni costo in morte, da quel chiusino senza nome,  i suoi studi, che qualche sciocco definisce bizzarri, troveranno voce e continuità.  Il tempo ricerca la verità, nell’opera di Umberto Grancelli si schiude l’infinito religioso che ha determinato le passioni della sua esistenza.

Al Maestro Umberto Grancelli, figlio illustre di Verona, sei sempre con noi

 

Fonte:  srs di Luigi Pellini


Feb 27 2009

Iscrizione di Ponzio Pilato Gerusalemme

Category: Bibbia ed Egittogiorgio @ 19:38

Israel Antiquities Authority. 26-36 d.C.

Gli archeologi italiani dell’Istituto Lombardo di Milano, nel 1961 durante uno scavo a Cesarea, il più importante porto della Giudea, rinvennero un documento storico unico: un’iscrizione recante il nome di Ponzio Pilato, il Prefetto Romano della Giudea negli anni 26-36 d.C. 

Questo personaggio che, secondo la tradizione avrebbe autorizzato la morte di Gesù, è menzionato dai Vangeli. 

Sebbene negli scavi siano state trovate monete coniate durante il suo governo, nessuna di esse presenta il suo nome. 

L’iscrizione, su pietra calcarea, è stata trovata in un teatro romano (databile fra il III e IV secolo), nel quale era stata riutilizzata come gradino; il reimpiego ha fatto perdere una parte del testo, del quale ora si legge: 

[…] Tiberieum/[…] [Po]ntius Pilatus/[…] [Praef]ectus Iuda[ea]e (Ponzio Pilato, prefetto di Giudea [ha eretto l’edificio in onore di Tiberio]). 

 

Fonte: Storia Libera/ Israel Antiquities Authority/La porta del tempo


Feb 27 2009

Frammenti d’ iscrizione greca della “Stele di Eliodoro” getta nuova luce sui Maccabei

Category: Bibbia ed Egittogiorgio @ 13:21

La stele di Eliodoro  – Foto: The Israel Antiquities Authority

Tre frammenti di un’iscrizione greca, ritenuta parte della ‘stele di Eliodoro’, sono stati trovati recentemente a sud di Gerusalemme  in uno scavo dell’Israel Antiquities Authority nel Parco Nazionale di Beit Guvrin.

La stele di Eliodoro, che risale al 178 a.e.v. e che consiste di 23 righe incise su calcare, è considerata una delle iscrizioni antiche più importanti rinvenute in Israele.

Dov Gera, che ha studiato le iscrizioni, ha stabilito che i frammenti erano in realtà la parte inferiore della ‘stele di Eliodoro’. Questa scoperta ha conferma l’idea che la stele originariamente fosse situata in uno dei templi situati dove oggi si trova il Parco Nazionale Maresha- Beit Guvrin.

I nuovi frammenti sono stati scoperti in un complesso sotterraneo dai partecipanti al programma Dig for a Day (scava per un giorno) dell’Archaeological Seminars Institute.

Come è stato scritto dai professori Cotton e Wörrle nel 2007, questa stele reale in pietra reca un proclama da parte del re dei Seleucidi, Seleuco IV (padre di Antioco IV). Il contenuto della stele ha fatto luce sul coinvolgimento del governo dei Seleucidi nei templi locali, menzionando un tale di nome Olympiodoros, il ‘supervisore’ designato dei templi di Coele Syria-Phoenicia, compresa la Giudea.

L’ordine del re fu inviato a Eliodoro, che era probabilmente la stessa persona menzionata nel libro Maccabei II. Secondo la storia narrata in Maccabei, Eliodoro, come rappresentante del re Seleuco IV, cercò di rubare del denaro dal Tempio di Gerusalemme ma invece fu picchiato con violenza grazie all’intervento divino.

Tre anni dopo, Seleuco IV fu assassinato e gli successe il figlio Antioco IV, che fu il governante, secondo Maccabei II, che finì coll’emettere un editto di persecuzione contro il popolo ebraico e dissacrò il Tempio di Gerusalemme, il che portò alla rivolta dei Maccabei.

In breve, si può stabilire che questa stele reale ebbe origine nella città di Maresha, ed aggiunge importanti testimonianze archeologiche e contesto storico per la comprensione del periodo che portò alla rivolta dei Maccabei, un evento celebrato tutti gli anni con la festa ebraica di Hannukah.

Ian Stern, direttore degli scavi per l’Israel Antiquities Authority, aggiunge: “Questa scoperta è il frutto di uno sforzo congiunto da parte del programma ‘Dig for a Day’ dell’Archaeological Seminars Instititute, dell’Israel Antiquities Authority e dello staff dell’Israel Nature and Parks Authority del Parco Nazionale di Beit Guvrin”.

 

Fonte: Israele.net /da: Ha’aretz, 16.02.09/La porta del tempo


Feb 27 2009

HAPIRU E SA.GAZ: I TAGLIAGOLE DEL DESERTO?

Category: Bibbia ed Egittogiorgio @ 01:14

Sethos  raffigurato insieme al dio Horus

Dalla fine del III  alla fine del II millennio a.C. gente chiamata Hapiru dilagò dall’Elam all’altopiano ittita, fino alle frontiere dell’Egitto, sconvolgendo una situazione politicamente instabile. Nei testi cuneiformi che ne tramandano le gesta, gli Hapiru sono ricordati come stranieri, uomini declassati in conflitto con la società, ipotesi sostenuta da un altro termine che li definisce Sa.gaz, letteralmente tagliagole, briganti.

Sebbene la comparsa degli Hapiru coincise con il periodo delle migrazioni indoariane, la loro identità etnica è tuttora da scoprire. Forse questi  sconosciuti appartenevano alla tribù semita del biblico Beniamino.

Gli Hapiru erano stanziati ai confini di Sumer e nell’Elam, in Mesopotamia, ma di fatto provenivano dall’Est, effettuando scorrerie in Siria, in Palestina e nel territorio babilonese a scapito dei possedimenti egizi. Si sa che fondarono una città ed ebbero un re di nome Hanni, principe di Aiapir. I Babilonesi pronunciavano questo nome Apir o Apr, non è escluso quindi che fossero indicati popolarmente come “la gente di Aiapiru”.

Organizzati in bande di piccole dimensioni, gli Hapiru per quasi due millenni servirono ora uno ora l’altro dei signori locali, preferendo gli Ittiti agli Egizi, diventando proverbiale la loro fedeltà nei confronti di chi li assoldava. Alcuni testi cuneiformi parlano infatti di un certo Idrimi (1490-1450 a.c.) re di Alalakh, il quale, sentendosi in pericolo per via delle mire espansionistiche dei suoi vicini, si rifugiò in un accampamento degli Hapiru restandovi sette anni. Se l’onore dei suoi ospiti non fosse stato a tutta prova, sarebbe stato un gioco per i nemici di Idrimi corromperli per farlo assassinare.

Agli Hapiru furono affidati anche compiti di polizia. In un testo del XIII secolo a.c. trovato a Ras-Shamra  fu stilata una convenzione tra questi briganti ed il re ittita Hattusil IIl (1275-1250 a.c.) il quale s’impegnava a rendere al re di Ugarit tutti gli uomini che avrebbero cercato scampo in territorio hapiru. Un compito facile, se è vero che gli schiavi recavano marcato a fuoco sulla fronte l’avvertimento: “Prendetelo, è un fuggitivo!”. Qualche archeologo vede in questo la prova che scagiona gli Hapiru dall’accusa di brigantaggio. In effetti, se tutti sapevano dov’erano, come mai a nessuno venne in mente di andare a snidarli? Gli Egizi combatterono spesso questa gente.

Se visitiamo le imponenti rovine del forte egiziano di Beth Shan, polveroso ricordo dell’espansionismo in Asia del faraone Tutmosis III situato venticinque chilometri a sud della Galilea, e a soli sei dalla riva occidentale del Giordano, potremmo vedere una stele i cui geroglifici narrano gli avvenimenti accaduti nella regione al tempo del faraone Sethos (1317-1301 a.C.).

Ancora una volta è citato il nome degli Hapiru che in questa regione operarono contro gli avamposti egiziani. La debolezza del governo centrale o l’occasione della morte di un faraone, davano spesso il pretesto ai vassalli per insorgere, aiutati dai loro misteriosi alleati briganti.  Sethos  s’era quindi trovato a ricucire insieme ciò che i suoi predecessori, Amenophis III e Amenophis IV, avevano disfatto nel giro di 38 anni del loro regno. Il secondo mistero è legato proprio all’identità di questi due faraoni,  di origine Hapiru, se non ebraica a detta di qualche studioso.

L’Inno al Sole di Amenophi IV, il faraone della diciottesima dinastia noto per aver introdotto il primo culto monoteistico in Egitto, tradirebbe questa discendenza. Amenophi IV era stato sempre sordo ai lamenti dei suoi alleati, che si dolevano delle scorrerie degli Hapiru. Costruita una città ad Amarna, a 300 chilometri da Menfi, lungo il Nilo, in una reggia lontana da ogni influenza nefasta dei sacerdoti dei vecchi dei, compose una bellissima poesia al Sole, l’astro che ha «dato inizio al vivere… dio unico, al di fuori del quale nessuno esiste».

L’apparente mollezza della vita del giovane faraone (aveva allora poco più di 23 anni) era dunque intenzionale? Regnando Amenophi IV, Suppiluliuma, re degli Ittiti, con l’aiuto degli Hapiru aveva conquistato le città di Vasciuganni, di Ugarit e Qadesh, mentre le popolazioni, terrorizzate, si rifugiavano sulle montagne o varcavano le frontiere dell’Egitto chiedendo protezione ai presidi militari. Era necessario porre un freno alle prodezze degli sgherri dei principi asiatici ribelli, ma il comportamento del faraone non approdò a mulla di concreto, provocando lo sdegno dei suoi funzionari. Il governatore di Gerusalemme senza mezzi termini scriveva:

«È molto tempo che vado ripetendo al rappresentante del Re mio Signore: perchè amate gli Hapiru e detestate i vostri governatori?». Era un’accusa passibile di pena di morte poiché insinuava che il faraone tradiva il suo popolo.

Gli Hapiru, in effetti, veneravano un solo dio, un’entità che alcuni testi sumerici identificavano nella stella dei Sa.gal., forse il pianeta Venere, considerato in tutto il Medioriente la “stella dei Pastori”, e in altri testi cuneiformi definita esplicitamente “la stella dei briganti”.

 

Fonte: srs di Joel Sherman da Cronos  N. 2  febbraio 2009