Quel mattino del 13 agosto 1994 ci svegliammo presto al bivacco Slataper, a mt. 2610, sotto la vetta del Sorapiss (mt. 3205), raggiunta la sera prima.
Le prime luci dell’alba facevano a malapena intravedere le sagome scure delle pareti circostanti.
Subito un occhiata al tempo, qualche stella ancora resisteva al giorno nascente. Verso SO si notavano delle nubi lenticolari, segno che con l’arrivo di venti da SO in quota, qualcosa si stava preparando.
Dovevamo scendere per circa 1000 mt. per il rifugio S. Marco e poi risalire di altri 1500 per raggiungere la nostra meta prefissata per la sera, pernottare, sotto la cima dell’Antelao mt. 3268, al bivacco Cosi (il più alto delle Dolomiti a mt. 3111).
Arrotolati in fretta i sacchi a pelo, e fatta colazione con latte condensato e gallette, rivolgemmo insieme un breve ringraziamento al Padre che ci stava regalando ancora una meravigliosa giornata da vivere intensamente.
Partimmo quando già il sole nascente illuminava con i primi raggi, le vette più alte, regalandoci una meravigliosa “enrosadira”; termine usato in dolomiti per descrivere il bellissimo colore che tinge le rocce di dolomia al primo ed ultimo sole della giornata. Il tempo man mano si guastava. Alle nubi orografiche, che di solito si formano da mezzogiorno in poi per la condensazione dell’aria umida riscaldata dal sole sui versanti esposti con vere e proprie correnti ascensionali, si aggiungevano degli strati da SO poco rassicuranti. Ma nel complesso il tempo si manteneva discreto. Solo un “patito” di meteo andava annotando, con preoccupazione, quei segni premonitori.
Sollecitavo i miei tre compagni a mantenere alta l’andatura per arrivare in anticipo al bivacco. Per due ragioni: una per trovarlo libero e potervici dormire, seconda, per arrivare prima del temuto peggioramento.
I bivacchi sono strutture di alta quota, per alpinisti o escursionisti, e sono senza custode. Consistono in un vano di legno 2 per 3 mt. coperto da lamiera dipinta di rosso. All’interno in così poco posto, ben 9 “posti letto”, ricavati in tre serie da 3 a castello, su tre lati escluso, quello della porta. L’arredo: uno sgabello, 2 o 3 candele, un badile, e qualche scatoletta alimentare per le emergenze.
Dopo il rifugio S. Marco, saliamo al Galassi, a mt. 2020. Il tempo peggiorava sensibilmente le nubi arrivavano da tutte le parti, ed in breve ci trovammo nella nebbia, qualche goccia cominciò a cadere. Ci consultammo, e dopo avere preso una bevanda calda, decidemmo di proseguire per il bivacco a più di 1000 mt. sopra di noi. Erano le dodici.
Conoscevo l’itinerario, perfettamente descritto da amici che vi erano già stati, non presentava difficoltà alpinistiche, solo una salita faticosissima sui “lastei dell’Antelao”. Così viene chiamata la parete inclinata (lastra), che termina ai 3111 mt. del bivacco.
La salita è dura per il dislivello da vincere, non impegnativa dal lato tecnico, infatti gli esperti, “con piede saldo” riescono a percorrerla senza usare le mani per l’equilibrio.
Era come andare di notte: una calma ovattata e scura ci avvolgeva. Speravo che il tempo non peggiorasse repentinamente, confortato anche dall’assenza del vento e la mancanza di tuoni.
A quota 2700 circa, scrutando verso l’alto, notammo un leggero chiarore a sud, impercettibile, ma indicativo. Man mano il chiarore tendeva dal grigio al rosa. E’ fatta, dissi ai miei, fra 10 minuti avremo il sole! Dopo essermi preso qualche sorrisino ironico, 100 mt. più su, d’incanto sbucammo sopra lo strato di nubi.
Una meraviglia! Le vette circostanti spuntavano dal mare di nubi: Le Marmarole, il Sorapiss, la Croda da Lago e un po’ più a sud il Pelmo, semicoperto dalle nubi più alte provenienti da SO: sembrava volersi nascondere ai nostri sguardi indagatori; dovevamo salirlo dopo 2 giorni.
Panorama esaltante! Guardavo quegli strati scuri che avanzavano velocemente da Sud e pensavo: l’importante è arrivare al bivacco, dopo: peggio è, meglio è. Ebbi la spudoratezza di comunicare il mio pensiero agli altri tre. Non l’avessi mai fatto! Mi coprirono di male parole (scherzose).
Il bivacco è disposto sul versante NNE della bellissima piramide che contraddistingue questa stupenda montagna, proprio sotto quel “bitorzolo” roccioso che, solo in prossimità della vetta, interrompe la bella geometricità del cono. E’ situato, quasi sospeso, incastrato fra un roccione sporgente e la parete principale. Un nido d’aquila stupendo! Lo si vede solo 20/30 mt. prima.
Erano le quattro del pomeriggio. Lo troveremo vuoto? Pensammo visto il tempo e l’ora. Un vociare molto nutrito ci comunico un panico improvviso. Ben undici ragazzi Polacchi armeggiavano, stipati dentro, con attrezzature alpinistiche e sacchi a pelo. Posti strettissimi= 9 . Occupanti = 11, e noi? Qui si faceva brutta davvero.
Li salutiamo e cerchiamo di farci capire, qualcuno; come me masticava qualche parola di francese, e finalmente dai miei salti di gioia, i miei amici capirono che erano in procinto di partire, lasciando il bivacco tutto per noi.
Dopo un’oretta riuscimmo ad entrare infreddoliti per l’attesa e ci si sistemammo. Io non riuscivo a darmi pace, entravo ed uscivo per controllare il tempo che cambiava continuamente. Grossi cumuli si stavano avvicinando da tutte le parti, il vento rinforzava da sud, la temperatura era scesa a 5 gradi. Poi una buona schiarita mi fece intravedere i primi lampi a nord, sulle Tofane e Cortina.
Ero eccitatissimo, mentre gli altri tre mangiavano seduti sui loro “loculi”, io addentavo qualcosa su una roccia lì vicino, come un soldato in vedetta. Dalle 22 alle 23, lampi e tuoni sempre più vicini, una scorribanda pazzesca di nubi, grossi cumuli sprigionavano bagliori accecanti. Ero come in trance. Stretto nel mio giaccone termico con papalina e cappuccio, avevo solo gli occhi fuori, che roteavano da un lampo all’altro.
Un mio compagno mi portò, quasi di forza, dentro. Ero intirizzito, la temperatura era scesa a tre gradi, il vento fortissimo, sembrava facesse gemere la montagna. Appena dentro dissi: Questa notte vedremo la neve! Che bello rimanere bloccati per un paio di giorni anche se dovremmo razionare i viveri.
Rischiai grosso, non mi picchiarono, se non altro per la riconoscenza che provavano in ricordo delle mie previsioni a vista e a breve, quasi sempre azzeccate ed utili nelle precedenti esperienze. Mi scelsi il posto in alto, vicino all’unica piccola finestrella che tassativamente vietai che fosse oscurata la persianetta.
A mezzanotte si cominciò a ballare. Due fulmini, con bagliori accecanti, a distanza di pochi minuti colpirono il bivacco: le lamiere esterne ed i tiranti metallici fecero da parafulmine ottimamente. La struttura tremò violentemente, come colpita dalla clava di un gigante. Qualcuno di noi ebbe veramente paura. Io non pensavo alla paura, mi sembrava di essere già in Paradiso! Con la pila puntata verso il vetro (passai tutta notte sporgendomi dalla brandina di più di mezzo metro), riuscivo a vedere nel fascio di luce proiettata nell’oscurità, ben evidenziati i vari tipi di precipitazione: pioggia battente polverizzata dal vento violentissimo, poi un fracasso che copriva quello forte del vento: per 10 minuti la grandine scagliata dalla bufera mitragliava la lamiera esterna.
Alle 2 circa, un refolo veloce ed irregolare si staglia nel raggio della mia pila. Nevica!!! Fu l’urlo incontenibile che uscì dalla mia bocca, già spalancata per l’emozione. I miei amici, sobbalzati dalle brande, non capivano la mia gioia ed eccitazione: erano solo preoccupati di tornare sani e salvi. Per un’ora circa si alternò la neve, la pioggia, la grandine. Poco dopo le 3, tutto si calmò. La neve non attecchì, sciolta dalla pioggia, solo qualche chiazza e cumuli nelle fessure delle rocce, mista a grandine. Riuscii a dormire un’oretta.
All’alba tutti in piedi a prepararsi per raggiungere la vetta a 150 mt. sopra di noi. Lasciammo gli zaini e l’attrezzatura pesante al bivacco e su, a vedere spuntare il sole in vetta. Proprio ad est vi era una fessura libera da nubi, la temperatura, con il fronte da nord passato, era calata a -2,-3 gradi. Avemmo avuto qualche difficoltà a superare un passaggio di secondo grado, semplicissimo in condizioni normali, per il ghiaccio formatosi dal congelamento della neve bagnata. Bellissime stalattiti di ghiaccio pendevano dalle rocce.
In vetta, stupendo! Verso sud e sud/est, all’orizzonte in lontananza, si scorgevano ancora i bagliori del temporale, già sul Friuli e Istria. A nord ed ovest era scuro per strati neri e cirrostrati più alti. L’aurora tingeva, di colori mozzafiato, il cielo e le rocce. Il sole appena spuntato nella fessura ad est contrastava con il nero ad ovest. Un’ “Enrosadira” da sogno! Le crode più alte sembravano tante fiammelle sullo sfondo di un caminetto nero di fuliggine. Ci vorrebbe un pittore od un poeta per descriverlo.
Giù nella valle di S.Vito e Cortina un mare di nubi stupendo arrivava fin quasi a 3000 mt. L’ombra del “nostro” Antelao disegnava sul soffice tappeto di nubi grigio chiare sottostanti, un cono d’ombra perfetto, che si andava accentuando man mano che il sole saliva.
La fine del mondo!!!
Non abbiamo potuto fare a meno, tutti e quattro, di inginocchiarci e lì, sulla vetta, dire un bel grazie a Chi ci stava regalando tanto.
Scusate se mi sono lasciato prendere la mano, ma non potevo non raccontare, agli amici, la notte più bella della mia vita! (metereologicamente è ovvio!)
Ciao Giorgio
Fonte /Giorgio da Rimini/: Meteo Italia/23/07/2000//00:40