Roma – Continua la strana storia, tutta italiana, di quel decreto del Presidente del consiglio (DPCM 15 settembre 2008) che istituisce presso le istituzioni un “Comitato tecnico contro la pirateria digitale e multimediale”. Tale decreto è in vigore già da quasi due mesi, come annunciato dalla Gazzetta Ufficiale. Tuttavia se ne sa ancora molto poco.
Proseguono, intanto, le voci di critica e perplessità avanzate da varie associazioni, voci già raccolte nelle settimane scorse da Punto Informatico.
Dopo un’indagine online, però, siamo finalmente riusciti a trovarne una copia sul sito del governo. Poiché abbiamo a disposizione il testo, facciamo un’analisi critica del Decreto che istituisce il Comitato, riassumendo le parti salienti.
L’articolo 1 del decreto definisce i compiti del “comitato antipirateria”, ovvero:
a) coordinamento delle azioni per il contrasto del fenomeno;
b) studio e predisposizione di proposte normative;
c) analisi e individuazione di iniziative non normative, ivi compresa anche la eventuale stipula di appositi codici di condotta e di autoregolamentazione.
Oltre ad attività di tipo repressivo, perciò, tra i compiti del comitato non sembra prevista alcuna forma di studio o indagine né sul fenomeno della pirateria in sé, né sulle dinamiche della rete, né per la proposta di soluzioni deterrenti alternative alla semplice repressione (come per esempio il supporto della vendita di musica tramite canali legali).
Ciò significa che il comitato agirebbe e lavorerebbe strettamente con un ottica repressiva o, nei casi migliori, etico/moralizzatrice (tramite il punto c).
L’articolo 2 stabilisce chi sono i membri di detto comitato:
a) il segretario generale della presidenza del consiglio dei ministri, in qualità di coordinatore
b) il capo di gabinetto del ministero dei beni e attività culturali, in qualità di vice coordinatore
c) sei capi di gabinetto dei principali ministeri
i) il presidente della SIAE
j) due rappresentanti della presidenza del consiglio dei ministri
k) due rappresentanti del ministro per i beni e le attività culturali
l) due esperti del settore, nominati dal presidente del consiglio dei ministri d’intesa col ministro per le attività culturali
Molti rappresentanti delle istituzioni ma nessun membro indipendente, nessun membro delle associazioni dei consumatori, di quelle dei provider, nessun membro della società civile né della cultura, né dell’imprenditoria.
Come se al tavolo per discutere il futuro della carta stampata italiana sedessero solo il ministro per i beni culturali e un “esperto” da lui stesso nominato.
Infatti, gli unici due “esperti del settore” presenti nelle file del comitato dovranno essere nominati da Silvio Berlusconi in accordo con Sandro Bondi.
Soggetti di cui almeno uno dei due non è proprio un profondo conoscitore del mezzo (come da lui stesso rivelato in una recente intervista).
L’articolo 3 indica le modalità di funzionamento del comitato. In particolare:
2. il comitato svolge audizioni, anche pubbliche, di esponenti delle categorie, associazioni, enti dei settori interessati.
3. si avvale di un proprio indirizzo internet per avviare una consultazione pubblica con le categorie interessate, con gli utenti del settore e con i cittadini.
Sebbene il proposito di svolgere audizioni pubbliche e di sfruttare un proprio indirizzo internet per la comunicazione con gli utenti e i cittadini sia confortante, mancano indicazioni chiare su come tale consultazione avverrà, su quale sia l’indirizzo internet cui fare riferimento (probabilmente questo), e soprattutto sulla effettiva considerazione che queste non meglio precisate “consultazioni” avranno in sede di decisione. Manca, in sostanza, un’auspicabile e fondamentale comunicazione trasparente.
In attesa di ulteriori e attesi chiarimenti dal governo, un sentimento di preoccupazione è diffuso: attualmente, infatti, ci troviamo di fronte ad un nutrito comitato ministeriale il cui unico e monotematico compito è la lotta alla pirateria.
Un comitato composto da soli membri del governo e della SIAE: soggetti che, a prescindere da quale sia la propria opinione in materia di pirateria, difficilmente rappresentano tutti i movimenti vivi nel variegato mondo della cultura e della Rete.
Ebbene: quale autorità ha un comitato così composto per redigere codici etici e deontologici in totale autonomia sulla gestione di un fenomeno estremamente complesso come quello della pirateria?
Quale reale utilità democratica può avere un tavolo di discussione al quale non sono invitati buona parte dei soggetti in causa se non per prendere il dolce (ovvero tramite le non precisate “audizioni”)? Quale senso ha un comitato formato per redigere leggi sul Web senza neppure alcun membro del ministero delle comunicazioni o del dipartimento per l’innovazione tecnologica?
È da tempo noto l’apprezzamento delle istituzioni italiane verso la cosiddetta “dottrina Sarkozy” in materia di pirateria. La dottrina francese, lo ricordiamo, prevede l’avvertimento graduale dell’utenza che viola il diritto d’autore fino a giungere a un distaccamento della connessione.
Il Comitato antipirateria istituito presso il Consiglio dei ministri, perciò, come preconizzato da alcuni, parrebbe sempre più il primo passo verso l’introduzione anche in Italia di una norma con gli stessi intenti (pur se già bocciata in sede europea).
In una società in cui il Web ha una rilevanza sempre più fondamentale nelle attività di tutti i giorni, secondo alcuni legislatori il diritto alla tutela dell’autore sembrerebbe quindi più importante di quei diritti fondamentali che la Rete stessa garantisce. Un po’ come se per punire chi ha detto una parolaccia gli si tagliasse la lingua.
Fonte: srs di Luca Spinelli