Gli archeologi lavorano su una tomba celtica agli scavi in località Ortaia di Madonna dell’Uva Secca
Gli archeologi hanno finora riportato alla luce 203 sepolcri e centinaia di oggetti dell’antico popolo
Giorgio Bovo. È stato trovato in una tomba e dimostra che all’Uva Secca c’era la capitale veronese della comunità cenomane
Gli scavi archeologici in località Ortaia di Madonna dell’Uva Secca rafforzano la tesi che tra la fine del III e il I sec. a.C. l’area compresa tra Povegliano e Vigasio sia stato il centro dei Cenomani in provincia di Verona. Sono 203 finora le tombe celtiche scavate dai primi anni Novanta, di cui 128 nel 2007 e 2008, e manca l’ultima fase dello scavo, prevista per quest’estate.
Le tombe sono ad incinerazione e ad inumazione, al centro dello scavo si trovano le più grandi (fino a 3×3 metri), ai lati le più piccole dei bambini. In una delle più grandi è stato fatto un ritrovamento che fa cambiare alcune considerazioni sui Cenomani. «Una delle scoperte più importanti», ha spiegato durante una conferenza tenutasi in villa Balladoro, Daniele Vitali, dell’università di Bologna, direttore dello scavo e uno dei massimi esperti europei dei Celti, «è un pendaglio a tre palle d’argento decorate a sbalzo, con motivi vegetali e teste umane tra una spirale e l’altra. È un motivo molto caratteristico dell’arte e dell’ideologia celtica: i guerrieri amavano conservare in casa dentro cassettine di legno imbalsamate o imbevute di olio le teste mozzate dei nemici per mostrarle agli ospiti con grande orgoglio. Si pensava che questi dischi venissero importati dai Celti di area danubiana. Con questa scoperta possiamo cominciare a dire che questi dischi d’argento sono stati realizzati in ambiente cenomane».
Alcuni oggetti trovati nelle tombe dagli archeologi
Nelle tombe è stata rinvenuta una gran quantità di oggetti, in una sola ben 98: una bilancia da orafo (oggetto abbastanza raro in un sepolcreto del II-I secolo a.C.), vasi di ceramica, bicchieri, padelle con manico a becco d’anitra, secchi, umboni di scudi in ferro, spade a doppio tagliente con punta affilata, falcetti, spiedi in ferro, anelli, fondi di vaso in bronzo, ossa di femori animali per prosciutti, zampette, costole, ossa di maialini da latte, resti di volatili. In alcune tombe ci sono deposizioni a più strati, destinate a più individui. Sotto un vaso c’è la più lunga iscrizione in lingua celtica finora trovata a nord del Po in area cenomane, con il nome di un personaggio. Nell’area dello scavo sono state rinvenute anche tombe del periodo nel quale una parte della popolazione si era romanizzata e quindi adottava un rito funerario diverso: lucerne in terracotta, incinerazioni con delle offerte in monete romane in bronzo, vasi ossuari.
Luciano Salzani, direttore alla Soprintendenza dei beni archeologici di Verona, ha ricordato che questo scavo è contiguo a quello iniziato nel 1992 quando fu bonificata un’ampia area sulla quale sarebbe poi sorta la zona industriale. Giulio Squaranti, presidente dell’associazione Balladoro, ha dichiarato l’obiettivo di arrivare ad una pubblicazione scientifica dello scavo e all’allestimento di una grande mostra che potrebbe costituire il nucleo fondamentale del museo archeologico di villa Balladoro.
Fonte: srs di Giorgio Bovo da L’arena di Verona di mercoledì 25 marzo 2009, provincia, pagina 27