Castello di Sirmione ultimo baluardo dei Patarini
a cura di Silvio Manzati
Nel secolo XIII numerose e potenti sette d’eretici pullularono nella città e nella provincia di Verona. Erano i Catari o i Patarini, che si dilatarono fra noi venendo dalla Lombardia e dal Piemonte.
La guerra politico-religiosa condotta per tanti anni da Federico I contro il papa Alessandro III favorì l’accrescersi della potenza di queste dottrine, che, in un modo o nell’altro, combattevano la chiesa romana. Alessandro III le condannò nel concilio lateranense (anno 1179). Il papa Lucio III e Federico I rinnovarono le condanne contro gli eretici nel concilio di Verona (novembre 1184). Nel decreto canonico sono nominatamente anatemizzati i catari, i patarini, gli umiliati, i poveri di Lione, i passagini, gli josepini e gli arnaldisti.
È probabile che in Verona, sin da quel tempo, fossero numerose le presenze delle sette. Le condizioni politiche d’Italia, al tempo di Enrico VI, figlio di Federico I, e successivamente, furono tali da incoraggiare qualsiasi opposizione al pontificato. Fra’ Tommaso da Lentini, biografo e contemporaneo dell’inquisitore domenicano veronese S. Pietro detto Martire, ci testimonia l’insediamento dei patarini a Verona nei primi anni del sec. XIII. Fra’ Tommaso, raccontando un episodio dell’infanzia, riferisce che il padre e lo zio di Pietro erano eretici. Siamo nel 1212 o 1213, in un tempo in cui la preponderanza ghibellina era ormai stabilita in Verona.
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