Lug 09 2009

Alberto Solinas: appunti congresso Isernia novembre 2008

Category: Archeologia e paleontologiagiorgio @ 00:14

A sbirciare sulla scrivania di Alberto  si scovano sempre cose interessanti: quattro foglietti di promemoria con appunti  post-congresso Isernia novembre 2008. Un’ osservazione quasi cinica, del congresso di Isernia e indirettamente del  baronaggio scientifico.

Isernia appunti novembre 2008

30 anni dopo

Il Colluvie non esiste.

L’inondazione non esiste.

Il fuoco non esiste.

L’ocra rossa non esiste, è ossido di ferro.

770.000 si forma il travertino.

Nuova datazione paleosuperficie 3a  con la capanna 7000.000-600.000.

Nell’agosto del 2008 si sparge la notizia che dopo 29 anni di scavo  alla Pineta si erano scavati circa 400 metri quadrati, e una situazione come si è presentata  nei primi anni di scavo non era più apparsa su tutta la paleosuperficie. Cioè una concentrazione di reperti archeologici e massi di travertino così grandi non sono più stati trovati. In conclusione si era scavata una capanna senza accorgersi!

Subito si presentò l’occasione di comunicare la scoperta  della Capanna alla Pineta. Commemorandola con una manifestazione pubblica in grande stile per i 30 anni della scoperta di Isernia. Questo si doveva svolgere il 29 ottobre con  autorità scientifiche  e politiche, per veder  se realmente  si trattava di una capanna. Venni a sapere dopo una mia telefonata, che la data era stata spostata al mercoledì   5 novembre e nessuno mi aveva comunicato questo cambiamento!

Questo confronto con gli esponenti scientifici venne spostato a fine serata  quando il pubblico stava andando a casa. Dopo poche diapositive dove illustravo l’esistenza della capanna venni interrotto e mi dissero che non esisteva nessuna capanna e i massi in cerchio di travertino si erano formati naturalmente sulle ossa. Si accesero le luci e tutti a casa!


Lug 05 2009

Alberto Solinas – Isernia La pineta e la capanna scomparsa

Category: Archeologia e paleontologiagiorgio @ 14:34

E’ piacevole visitare lo studio di Albero Solinas, vi si ritrovano sempre cose interessanti. Sulla libreria una  cartella con scritto “Isernia La pineta,  la capanna scomparsa”,  dentro un CD ed una lista   di diapositive con note.

Alberto mi anticipa: Era  per Isernia.  Quel CD l’avevo preparato nel novembre 2008  in occasione del trentennale della scoperta, ma quando ad Isernia ho iniziato la mia presentazione, dopo alcune diapositive, mi hanno suggerito: Solinas… sai… è meglio terminare qui.  Fine del mio  contributo.

Scusa Alberto,  ma… cosa hai messo dentro lì?

Niente di particolare: qualche mia vecchia diapositiva e alcune fotografie prese  da pubblicazioni  scientifiche,  ma… il problema è un altro. Ho la netta sensazione che  ad Isernia  siano incappati in una “distrazione”. Quando faccio lezione all’ università della terza età, e parlo del sito archeologico di  Isernia La pineta, illustro sempre quella che sarebbe  la  probabile più antica  costruzione dell’uomo in Europa. Invece,  là ad Isernia, questa ipotesi è totalmente sparita.  L’ultima volta, come ti ho detto, mi è bastato ipotizzare che i massi fossero stati collocati sul paleosuolo, che “mi hanno aiutato” a  chiudere  la mia conferenza.  In altre  occasioni ho cercato di porre  qualche domanda  sul perché era stata cancellata questa ipotesi: nessuna risposta precisa,  anzi, quelle poche che mi hanno dato,  hanno rischiato di farmi ricrescere i capelli.

Ti do una copia del CD, prova ad inserirlo su internet, e vediamo cosa ne verrà fuori; non è detto che non mi possa sbagliare, ma io ho la netta percezione che a qualcuno verrà mal di testa.

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Lug 02 2009

Alberto Solinas: come ho scoperto il sito archeologico di Isernia La pineta

Category: Archeologia e paleontologiagiorgio @ 15:22

Foto storica.   Lla prima immagine fotografica del sito archeologico de “La pineta”

 

 

Tra gli scritti di Alberto Solinas, rubacchiati, si fa per dire, dalla sua scrivania, questo è uno dei più interessanti  perché  riporta,  gli appunti, le impressioni e gli stati d’animo su una delle più importanti scoperte archeologiche, “La pineta  di Isernia”.  S’intravedono inoltre anche i primi dubbi su quelli che sono stati alcuni dei  risultati  finali  delle ricerche archeologiche.

 

LA SCOPERTA

È necessario ora illustrare la tecnica per l’individuazione dei siti archeologici. Si tratta di un metodo personale, ma già sperimentato nella nostra famiglia da oltre mezzo secolo, e ha permesso la scoperta di importantissimi siti preistorici, alcuni dei quali di importanza anche basilare per la Paletnologia mondiale (Isernia e la grotta “Solinas” nella valle di Fumane, Verona).

Purtroppo la metodologia di ricerca sul terreno non era mai stata ritenuta importante dagli “addetti ai lavori” dal momento che i manufatti raccolti, trovandosi in superficie, erano stati spostati rispetto alla loro posizione originaria, perciò non erano in grado di fornire indicazioni scientifiche sicure.

Solo negli anni ’70 ci si rese conto che la ricognizione a terra era importantissima, non meno dello scavo archeologico, ed anzi necessaria per individuare nuovi siti archeologici, anche in aree in cui si riteneva impossibile la presenza dell’uomo paleolitico e mesolitico.

La nostra tecnica per individuare gli accampamenti estivi dell’uomo del Paleolitico superiore e del Mesolitico in alta montagna (oltre i 1.500 metri d’altezza) può infatti consistere anche solo nell’analisi dei mucchietti di terra, opera delle talpe, poiché queste possono talvolta portare in superficie eventuali manufatti preistorici, consentendo così di individuare l’area da scavare.

Iniziammo ad applicare tale metodo di ricerca in alta quota nel 1967 ed i risultati portarono a rivoluzionare completamente la teoria secondo cui nessun uomo, prima dell’uomo neolitico, poteva aver abitato nelle Alpi, ad altezze simili. Tale metodo è stato ora adottato nella ricerca archeologica ufficiale.

Il  punto di partenza, per chi voglia condurre una fruttuosa ricerca sul territorio senza rischiare di perdere tempo prezioso, è una ricerca bibliografica sull’argomento che non trascuri gli aspetti folcloristici legati alla storia locale e alle leggende. È poi necessario dotarsi di una carta topografica dell’U.T.M. in scala 1:25.000 e segnare tutto ciò che può costituire oggetto di interesse archeologico, come ad esempio i toponimi legati alle fortificazioni (Rocca, Castello, ecc.): questi indicano infatti, in genere, villaggi dell’età del Bronzo o del Ferro. Ad esempio la ricerca di Colle Castellano, a sud di Montaquila, diede subito risultati positivi: si rinvennero manufatti ceramici del periodo medievale e abbondantissime scorie ferrose; si trattava probabilmente di reperti appartenuti al leggendario monastero, spesso ricordato nei racconti dei montaquilani.

Ai piedi di Colle Castellano, accanto ai reperti medievali e romani, ne furono rinvenuti anche di epoca preistorica, di tipologia Musteriana (Paleolitico medio) e genericamente Neolitici.

Questo ritrovamento costituì il punto di partenza per la ricerca successiva: poiché i reperti archeologici erano stati ritrovati ad una quota di 256 metri s.l.m., era opportuno indagare sui terrazzi fluviali del Volturno che presentassero all’incirca la stessa quota altimetrica, vale a dire la piana di Castelvecchio e Valle Porcina, a sud ed a est di Montaquila.  I risultati, dal punto di vista archeologico, furono subito eclatanti: la selce trasportata dalle antichissime alluvioni del Volturno era abbondantissima e i manufatti preistorici ad una prima analisi furono attribuiti, per tipologia, al Paleolitico inferiore e medio, poi al Neolitico e all’età del Rame. Non mancavano reperti di epoca romana e medievale; procedendo con le ricerche, potei constatare che parecchio materiale edile, tra cui embrici, coppi, ecc., proveniva dall’Abbazia di San Vincenzo al Volturno, il che lascia immaginare che questa, dopo la sua distruzione, sia diventata fonte di reimpiego del materiale da costruzione. Alla fine di ogni periodo di ricerca i manufatti archeologici venivano siglati con la data del rinvenimento e la località di provenienza e poi, naturalmente, consegnati all’Antiquarium di Isernia.

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