RISORGIMENTO. L’ALTRA VERITA’
Una “piccola rivoluzione” abortita – quella del 1821 – dimostrò al mondo quanto Carlo Alberto fosse incapace di trovare una propria line di condotta e di restarvi fedele. Abbandonati gli insorti che credevano di fare conto su di lui, si schierò a sostegno delle posizioni più reazionarie
Di questi tempi uno come il re Carlo Alberto farebbe la felicità di Giorgio Forattini che potrebbe sbizzarrirsi a disegnare la caricatura di uno spilungone di due metri e più, magro e, quasi, emaciato, con un testone a cipolla messo a ciondolare su un collo sottile come quello dei cigni. Per la verità, si divertirono anche i disegnatori del Piemonte risorgimentale che lo dipingevano come l’asino di Buridano, morto di fame perché, davanti a due sacchi di biada, non era capace di scegliere quale dei due mangiare. Il tentennare di sua maestà doveva essere un fatto antropologico. Non risulta una decisione – una! – autonoma e inequivoca: lui emerge dalla storia ma lo conoscevano anche i con temporanei.
«In diebus illis, c’era in Italia/un re che andava, fin dalla balia/pazzo pel gioco dell’altalena/ e fu chiamato Tentenna primo:/or lo ninnava Biagio ora Martino/ma l’uno in fretta e l’altro adagino/E il re diceva: “In fretta, adagio /bravo Martino, benone Biagio”. /Ciondola, dondola/che cosa amena/dondola, ciondola è l’altalena… / un po’ più celere… / m e n o… d i più… / ciondola… dondola…/e su… e giù…/ Mori Tentenna ma, ancora incerto,/ se tener l’occhio chiuso o aperto/e fu trovato, forza dell’uso/con l’uno aperto e con l’altro chiuso” .
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