Edward Aloysius Murphy Jr
Perché la Legge di Murphy si chiama così
Se qualcosa può andare storto, lo farà. Questa è la versione italiana, secondo Wikipedia, della famosa Legge di Murphy.
In originale è “Anything that can go wrong will go wrong”: “qualunque cosa possa andare storta andrà storta”. L’esatta formulazione è controversa, ma prevale sempre il concetto che la natura e le macchine sono dispettose e non perdonano gli errori e le distrazioni. Ma chi è il Murphy dal quale prende nome la legge?
Una volta tanto non si tratta di una bufala o di un personaggio di fantasia. Il signor Murphy è esistito realmente: era il capitano Edward Aloysius Murphy Jr., ingegnere dell’aviazione militare degli Stati Uniti. Nel 1949 lavorava alla base aerea di Muroc, successivamente ribattezzata Edwards, dove si conducevano test di decelerazione con una razzoslitta montata su binari che pareva presa di peso da un cartone animato di Bip-Bip, come vedete nella foto (in realtà è probabilmente vero il contrario) e correva a 320 km/h, ma soprattutto frenava in modo violentissimo.
Lo scopo era capire quanta decelerazione potesse sopportare un corpo umano: si pensava che il limite letale fosse 18 g e pertanto le cabine degli aerei erano progettate di conseguenza. Si riteneva che fosse inutile irrobustirle e quindi appesantirle per reggere decelerazioni maggiori, se comunque 18 g avrebbero ucciso gli occupanti. Ma alcuni casi di sopravvivenza ad impatti violentissimi, che implicavano decelerazioni ben superiori, avevano messo in dubbio questo criterio.
Un medico militare, John Paul Stapp, si offrì volontario per gli esperimenti sulla razzoslitta destinati a chiarire la questione, arrivando a sopportare ben 46 g, come raccontato in dettaglio su Ejectionsite.com, al prezzo di varie ossa rotte, escoriazioni e cecità temporanea per rottura dei vasi sanguigni degli occhi.
E’ grazie a questi esperimenti che si arrivò all’introduzione di celle di sicurezza più robuste per gli aerei. In seguito fu Stapp a portare, grazie alla sua determinazione e ai dati raccolti usando se stesso come cavia, all’uso delle cinture di sicurezza per le auto negli Stati Uniti.
Fu durante questi esperimenti che il capitano Murphy pronunciò la fatidica frase.
Era incaricato di occuparsi dei sensori di decelerazione che registravano l’esatta forza subita dal soggetto. (Un esperimento prevedeva un set di 16 accelerometri montati su diverse parti del corpo del soggetto) Ciascuno dei sensori poteva essere collegato in due modi, e si scoprì che erano stati tutti collegati in quello sbagliato.
Da chi, di preciso, non si sa: ci sono versioni contrastanti in proposito.
Ma Murphy sbottò, incolpando un tecnico e dicendo una frase simile a “Se ci sono due modi di fare una cosa e uno di quei modi causerà un disastro, – lui – la farà in quel modo”.
Stapp, in una conferenza stampa tenuta poco dopo, fece notare ai giornalisti che tutto era andato bene nonostante la pericolosità degli esperimenti perché, disse, i tecnici erano ben consapevoli della Legge di Murphy.
Fu Stapp a spiegare alla stampa che la Legge recitava “Whatever can go wrong, will go wrong“, che è in sostanza la sua formulazione più nota. In breve tempo la Legge di Murphy cominciò a essere citata nella letteratura tecnica e divenne parte della cultura di settore.
Il capitano Murphy morì nel 1990, dopo aver lavorato a vari sistemi di salvataggio di equipaggi per aerei ad altissime prestazioni, come l’X-15, l’SR-71, il B-1 e l’XB-70, nonché per il progetto spaziale Apollo. Come capita spesso, la sua fama immortale non deriva dal complesso della sua carriera, ma da un episodio fortuito.
In questo senso, il capitano Murphy fu vittima della sua stessa legge: “se si può diventare famosi per qualche motivo, lo si diventerà sempre per quello più futile”.
Fonte: Il Disinformato del 3,12,2009
Link: http://attivissimo.blogspot.com/2009/12/lorigine-della-legge-di-murphy.html