Nell’ampia area archeologica è emersa una strada romana
Verona-Brentino Belluno: Presso la Mansio Servasa in località – le taoline – emerge una strada romana
Importante scoperta archeologica nel sito aperto negli anni ’70 e poi abbandonato fino al 2004. Per gli studiosi è necessario proseguire: «Ogni volta che si alza la terra ci sono belle sorprese». Asileppi: «Spero che la Regione voglia proseguire»
È emersa una strada romana prima ignota e sono stati definiti in modo sorprendente i limiti della «Mansio Servasa», l’enorme stazione di posta romana del I° – 2° secolo d.C. di Brentino Belluno, che fu luogo di sosta nodale, base di cambio cavalli, un ampio complesso residenziale con deposito merci, alloggi, vasche, canalizzazioni, camminamenti e cortili.
Lo scavo, iniziato negli anni ’70, abbandonato per mancanza di fondi fino al 2004 e riaperto l’anno scorso, è proseguito in settembre e non ha lasciato delusi quanti ci credono. Il progetto è infatti proseguito grazie ad un nuovo contributo della Regione che ha voluto dare ossigeno a questo «scavo-scuola» curato dall’Università Cà Foscari di Venezia con la Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto e il supporto del Comune (ha garantito vitto e alloggio a studenti e archeologi).
«Questa importante scoperta culturale va ad arricchire ulteriormente il nostro territorio», commenta il sindaco Virgilio Asileppi. «La nostra speranza è che la Regione non dimentichi questo sito, cui ha contribuito come ha già fatto anche la Fondazione Cariverona, per cercare di far emergere compiutamente questa Mansio che riserva preziose sorprese ogni volta che si torna a scavare».
Il grande sito, circa 2mila metri quadri, è infatti ritenuto importantissimo anche perché aiuterà a fare chiarezza sulla storia locale, sulle dinamiche commerciali e di comunicazione che caratterizzavano la zona; aiuterà anche a capire meglio il ruolo svolto da Brentino Belluno nella Valdadige.
«Quanto scoperto è importante poiché rappresenta il limite esterno ad ovest di questa Mansio romana», spiega l’archeologa Raffaella Bortolin, al lavoro a Brentino con la responsabile del progetto Annapaola Zaccaria Ruggiu, ordinario di archeologia e storia dell’arte greco-romana a Cà Foscari.
Quello che balza ora all’occhio anche ai poco esperti è la chiara definizione delle strutture apparse: «Sotto al vigneto», spiega la professionista, «nella sezione prima non indagata, sono affiorati un muro di circa 26 metri che costituisce la parete di chiusura di tutto l’edificio e, a fianco, un canale per lo scolo delle acque. Vicino, al limite di campo, è venuto alla luce il battuto di una strada romana che a sua volta attesta quanto questo luogo fosse frequentato. Del resto siamo a due passi dalla Claudia Augusta e di molte vie laterali minori che portavano alla vicina montagna».
Oltre a ciò è stato scavato un nuovo ambiente dove il pavimento in coccio pesto levigato superficialmente è in ottima conservazione come la parete adiacente. «Di rado un materiale rustico, ma delicato come questo, è restituito in questo stato», spiega.
Il lavoro, che è stato visitato e supervisionato anche da Brunella Bruno, direttore archeologo del Nucleo operativo di Verona della Soprintendenza per i beni archeologici del Veneto, è stato seguito in questa fase da Davide Brombo, archeologo di Caprino della Sap (Società archeologica padana di Mantova), intervenuta per velocizzare le operazioni dovendosi liberare l’area velocemente essendo adiacente ad un vigneto. «È un sito molto bello, uno dei più interessanti dell’area per la tipologia e sotto l’aspetto scientifico. Non è frequente trovare una Mansio, tanto più in questo buono stato di conservazione».
Le aspettative si allargano: «Abbiamo sondato il vigneto, dove non abbiamo trovato altro, ma l’ampiezza della strada ci fa ben sperare che proseguisse in altra direzione: il luogo merita approfondimenti».
Trovati altri reperti in attesa di giudizio
E potrebbero esserci altre sorprese in arrivo. Accanto al sito da sezioni scavate nei pressi della Mansio è emerso nuovo materiale su cui però Rafaella Bortolin non dà indicazioni precise: «Stiamo attendendo un geologo che ci dica se questi sassi sono materiale portato dall’uomo o derivato da una frana o da un colluvio». A vedere tante pietre semi allineate tra poca terra verrebbe da pensare si potesse trattare di un passaggio, forse di una scala, anche crollata, magari d’epoca addirittura antecedente. Intanto sono solo supposizioni. «Quello che conta in questa fase è aver trovato questa strada», dice Bortolin. Va infatti ribadito che la Mansio sorge a due passi dall’Adige, e i fiumi nell’antichità erano vie privilegiate, vicino alla via Claudia Augusta, una delle più grandi arterie dell’Italia transpadana che incanalava il traffico dal Po alle Alpi, una via consolare che, da Ostiglia sul Po passando per Verona e attraversando la valle dell’Adige, raggiungeva ad esempio Trento e, a nord est, l’attuale Austria. (B.B.).
Fonte: srs di Barbara Bertasi, da L’Arena di Verona di venerdì 16 ottobre 2009, provincia pag. 31