Da sinistra Sacchetto e Vandelli (foto Pecora)
Stava per finire triturato un cippo di epoca romana con incisioni. L’ha salvato Giorgio Vandelli che l’ha visto in un’abitazione. Trovata in una discarica da un cittadino, Lauro Sacchetto, che l’ha portata a casa. Poi è stato convinto a consegnarla
Prima era finita in una discarica e stava per essere triturata. Poi un cittadino l’ha presa e l’ha portata a casa. E infine Giorgio Vandelli, ex presidente dell’Archeoclub, è riuscito a farla consegnare al Comune.
È stata recuperata così un’antica stele funeraria romana. Ha raccontato la vicenda lo stesso Vandelli, in occasione della rievocazione storica sull’incontro tra papa Leone Magno ed Attila a Salionze.
La stele era stata provvisoriamente trasportata ai campi sportivi della frazione e ieri pomeriggio è stato necessario usare una gru munita di verricello per prelevare il cippo dalla zona dei campi sportivi e trasportarla alle ex scuole elementari. Così, dopo aver interdetto il passaggio (eccettuati i residenti) nella zona interessata, sia per le macchine provenienti da Peschiera che per quelle provenienti da Valeggio, la stele è stata stesa sul prato antistante intorno alle tre del pomeriggio. «Hanno preferito», dice Vandelli, «metterla in orizzontale perché il basamento è rovinato, l’equilibrio precario e non si voleva correre il rischio che qualcuno si facesse male. Ora s’attenderà la Sovrintendenza e poi si potrà pensare ad un basamento che la metta in sicurezza e la renda visibile dall’esterno».
Vandelli sottolinea come sia importante il ritrovamento di reperti che devono assolutamente essere sottratti all’oblio, quando non alla distruzione, cosa che stava accadendo anche in questo caso: «La stele era finita in un punto di raccolta di materiali lapidei ed era pronta per essere macinata. L’aveva vista una persona cui è piaciuta la sua lavorazione e che l’aveva prelevata, salvandola.
Quando poi l’avevo notata a casa sua, gli avevo detto che era una stele romana e che bisognava segnalarla alle autorità competenti (entro 24 ore) ed in cambio gli avevo promesso una copia». Avuto il via libera dal momentaneo custode, Vandelli aveva segnalato all’allora sindaco, Albino Pezzini, la presenza di questo cippo funerario ed ora lancia un appello: «Questo è un territorio (Salionze, Valeggio e dintorni) dove, quando si scava, si possono ancora trovare cose interessanti. Chiederei a chi inizia una lottizzazione o fa una miglioria fondiaria di prestare attenzione, perché reperti come questo ci permettono di riappropriarci di brandelli della nostra storia che altrimenti andrebbero perduti. C’è anche la possibilità di avere un premio per i rinvenimenti. Spero anche che una volta diffusa la notizia, si faccia vivo chi sa da dove arriva la stele, in modo da permettere di inserirla in un contesto. Toccherà alla Sovrintendenza di studiarla e rivelarci con più precisione datazione, provenienza e contenuto».
Il cippo di ATILIA APRA
Il cippo, alto più di un metro e pesante almeno 2-3 quintali riporta una scritta ancora in parte intellegibile. Oltre all’intitolazione (D,M, abbreviazione di Dis Manibus) agli dei Mani, le divinità funerarie romane, si può pensare che sia dedicata ad Atilia Apra, cui probabilmente s’assegna l’appellativo di dolcissima. È in gran parte rovinato, invece, il pezzo che solitamente era dedicato al committente.
La collocazione provvisoria vicino agli impianti sportivi non è risultata la più idonea. «Sarebbe stato grave», commenta Vandelli, «che questo reperto fosse sparito nuovamente. Se poi la Sovrintendenza lo prelevasse definitivamente, si potrebbe pensare di realizzarne una copia».
Valeggio sul Mincio è sempre stata area di ritrovamenti archeologici
Palafitte e tombe dell’età del ferro
Furono i lavori di canalizzazione del Mincio, realizzati dal Genio Civile di Mantova nel 1955, a portare casualmente alla luce uno dei due siti palafitticoli individuati nella valle del Mincio, a tre chilometri e mezzo a sud di Borghetto, denominato l’Isolone della Prevaldesca o delle Palafitte e tombe dell’età del ferro
Lì, come viene riportato dallo storico Cesare Farinelli nel libro “Storia di Valeggio e del suo territorio”, furono recuperati «qualcosa come sedicimila reperti prima che le ruspe facessero scomparire per sempre l’Isolone”», anche se non venne sondato l’intero insediamento esteso per quasi trentamila metri quadrati.
Poi, vicino al cimitero di Borghetto, vennero trovate delle tombe dell’Età del Ferro (VIII secolo avanti Cristo) e manufatti su un’altura.
Se permane qualche traccia di monili etruschi, furono le due campagne di scavo del 1984 e 1985, contestuali alla prima grande espansione edilizia del dopoguerra (lottizzazione Ferrini-Portalupi) a portare alla luce trentatré tombe a inumazione dei Galli cenomani. (A.F.)
Fonte: srs di Alessandro Foroni; da L’Arena di Verona del 27 luglio 2009; PROVINCIA, pag.25
(lunedì 14 dicembre 2009)