Santuario della Madonna di campagna, secolo XVI; (1909)
Madonna della Campagna, con le giostre e i banchetti, cara sagra veronese, chi si ricorda più di te?
Una volta… c’erano le corriere di Salvetti, cariche come bastimenti e i cavalli magri tutti occhi e sonagliere a far la spola da Porta Vescovo a San Michele. Che bei tempi! Solo di marzo e viole per le siepi. Dieci soldi in tasca e una piccola a fianco, che rosicchiava le galete amaricane, comperate fuori porta dalla mora dell’ombrellone. Che bei tempi! Tutta la strada era un polverone: a camminare rasente il muro, passo passo bel bello, s’arrivava, noi, senza quattrini al sobborgo.
Musiche e tavolini gremiti. Cantastori e mendicanti. «El mato Venessia» sulla chitarra cantava canzonette e riempiva il piattino. Ova sode e vin di San Briccio. Che bei tempi!
Sul piazzale del tempio, baracconi e baracchini. La donna fenomeno; il serraglio senza fiere; la fotografia a un franco; che gli amanti ci capitavano tutti per fissare la felicità di un’ora, strette le destre per il patto d’eterno amore. Anche il soldato, l’artigliere, il fantaccino, ci cascava: posa di cinque secondi ecco fatto.
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