Copertina di un numero di Vierteljahreshefte fuer freie Geschichtsforschung, (col prof. Faurisson in bicicletta )
A cura di: Claus Nordbruch
Pubblicato per la prima volta in tedesco sul Vierteljahreshefte fuer freie Geschichtsforschung (quaderni trimestrali per la libera ricerca storica) 5(1) (2001), pag. 55-65, tradotto da Peter Lambda.
Molto tempo prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, e di certo ben prima che questa guerra fratricida europea fosse prevedibile, i vincitori e i loro tirapiedi avevano fatto dei progetti per la sistemazione della Germania che contenevano violazioni basilari del Diritto Internazionale. Oltre ai piani di demilitarizzazione e alla denazificazione, vi erano piani per la distruzione o l’espulsione dei Tedeschi dai territori in cui avevano abitato per molti secoli. Ad esempio, l’espulsione di 3,5 milioni di Tedeschi dei Sudeti fu proposta nel Dicembre del 1938 dall’ex presidente cecoslovacco Edvard Benes, cioè, circa un anno prima dello scoppio ufficiale della guerra e lui non fu il solo a fare la proposta. Durante il Congresso Panslavo tenutosi a Praga nel 1848 fu presa la decisione che non solo i Tedeschi dei Sudeti dovevano essere cacciati ma anche tutti cittadini di etnia tedesca ad Est della linea Trieste-Stettino. Nell’estate del 1917 Benes ed il successivo presidente Ministro Kramà diedero agli Alleati un memorandum nel quale chiedevano lo smembramento della Germania e l’incorporazione di ampi territori dell’Impero Tedesco e Austria-Ungheria nella Cecoslovacchia che stava per nascere (1). Dopo la firma del diktat chiamato “Trattato di Versailles”, le affermazioni e le richieste nazionalistiche ceche e panslave erano politicamente notevoli; purtroppo non c’è abbastanza spazio qui per discutere l’argomento nei dettagli (2). Comunque, queste richieste furono più o meno fanaticamente stabilite sull’espulsione dei Tedeschi dei Sudeti.