di GILBERTO ONETO
Fra i frequentatori di questo giornale ce ne sono alcuni che mostrano una particolare idiosincrasia per il termine Padania e per quel che significa. Spesso si tratta di un’avversione che non trova altra giustificazione se non nel cattivo uso che certa dirigenza leghista ne ha fatto. È il frutto di una sorta di transfer di inimicizie: chi mi ha fregato è milanista e perciò odio il Milan. Bossi e i suoi ci hanno illusi tutti con la promessa della Padania, l’hanno poi trasformata in un concorso di bellezza e in un giro ciclistico, l’hanno caricaturizzata con il ridicolo saluto di “Buona Padania” (roba da teatro del non senso), ne hanno fatto una pancera elastica da estendere a piacimento sulla carta geografica: l’hanno insomma sputtanata. E in tanti trasferiscono il loro rancore dal soggetto al prodotto dell’inganno. É una repulsione psicanalitica più che culturale o politica. Lo dimostra il fatto che sono in buona compagnia. I peggiori figuri dell’italianità attaccano, denigrano, sviliscono l’idea di Padania non per delusione ma per paura, ma il risultato non cambia.
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