Di Alberto Solinas
Alberto Solinas (a sinistra con il cane Virgo) durante una visita al sito archeologico del Ponte di Veja, 1981
Alberto Solinas, nato a Verona il 24 giugno 1940, diplomato alla scuola d’arte Napoleone Nani nel 1958. «Figlio d’arte» di Giovanni, si interessa di archeologia. Nelle sue ricerche accumula una grande esperienza e conoscenza in campo paletnologico, che lo porta a scoprire il paleosuolo di Isernia. Questo accampamento del Paleolitico inferiore europeo è una delle più grandi scoperte paletnologiche di tutti i tempi
1. STORIA DELLE RICERCHE
Il presente lavoro vuole illustrare come si sono svolte le ricerche preistoriche, e come si è inserito l’uomo in Avesa e nella zona circostante.
È da tener presente che le date e le ipotesi che si avanzano, col passare degli anni possono subire dei cambiamenti, perché la preistoria è una scienza molto giovane e quindi soggetta a continui aggiornamenti. Quando andiamo a passeggiare, o a compiere delle scampagnate sulle nostre colline, in genere non osserviamo con attenzione il terreno che calpestiamo, altrimenti noteremmo quei fenomeni geologici che lo hanno plasmato, e osserveremmo prima o poi, quelle pietre del tutto particolari, le cui forme possono difficilmente spiegarsi come scherzi della natura: lame sottili, ciottoletti più o meno rotondeggianti, punte, ecc., tutte per lo più con quella patina lucida e biancastra, oppure variamente colorate e dall’aspetto vetroso: sono le selci volgarmente chiamate folende.
Questi «sassi» si trovano generalmente concentrati in alcune aree della collina, oppure, più raramente, nella pianura ai piedi delle colline, ivi trasportati e sepolti dai dilavamenti delle piogge e delle nevi di migliaia di stagioni, assieme alla terra che ricopriva i colli, formando depositi terrosi che innalzarono il fondo delle valli.
Le concentrazioni di queste selci (lame, raschiatoi, picconi, punte di freccia, scarti di lavorazione ecc.), che rinveniamo abbandonati sul terreno nella zona di Avesa, sono parte degli strumenti che servirono all’uomo primitivo per la sua attività, e costituiscono le più tangibili testimonianze dei villaggi da lui costruiti sulle cime delle colline migliaia di anni fa.
Oggi noi troviamo in superficie i manufatti si licei più recenti, mentre i più antichi li possiamo rinvenire, o nelle grotte (come nei ripari Mezzena e Zampieri) oppure, come abbiamo detto, trasportati nelle valli dai fenomeni atmosferici, e depositati negli strati terrosi più profondi (esempio: le cave di Ca’ Rotta).