Adriano Marchiori e la figlia Margherita
Prima dei clienti sono arrivati i vigili. E la multa. Mille euro.Stangata a un pizzeria per asporto, sconsolati i due titolari: «Perché non avvisare invece colpirci così?»
di Maurizio Dianese
MESTRE – Prima dei clienti sono arrivati i vigili. E la multa. Mille euro. Motivo? Recita il verbale di vigili urbani che il titolare della “Ciclopizza” di piazzale Leonardo Da Vinci «non rendeva noto al pubblico l’orario di effettiva apertura e chiusura dell’esercizio mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione».
Mamma mia, non aver scritto gli orari vale esattamente 1.032 euro più 28 euro e 40 centesimi di spese per un totale di 1.060,40. Se si paga subito.
Ma – dicono i due titolari della Ciclopizza, Michele Pirredda e Adriano Marchiori – non sarebbe meglio in un caso come questo che il vigile ci avesse fatto notare che ci eravamo dimenticati del cartello? Così ci spezzano la schiena. Tra l’altro il cartello c’era, ma non era completo».
Fonte: visto su Il Gazzettino.it
DIMENTICA IL CARTELLO CON GLI ORARI, MULTATO CON 1000 EURO. HAN FATTO BENE!
di LEONARDO FACCO
Non voglio farla particolarmente lunga stavolta, anche perché il fatto – di cui vi riporto la cronaca del Gazzettino – è simile a quello accaduto ad un altro pizzaiolo ligure a luglio e ad una gelataia a fine agosto.
Innanzitutto la cronaca, risalente a 4 giorni fa: “Prima dei clienti sono arrivati i vigili. E la multa. Mille euro. Motivo? Recita il verbale di vigili urbani che il titolare della “Ciclopizza” di piazzale Leonardo Da Vinci «non rendeva noto al pubblico l’orario di effettiva apertura e chiusura dell’esercizio mediante cartelli o altri mezzi idonei di informazione». Mamma mia, non aver scritto gli orari vale esattamente 1.032 euro più 28 euro e 40 centesimi di spese per un totale di 1.060,40. Se si paga subito. Ma – dicono i due titolari della Ciclopizza, Michele Pirredda e Adriano Marchiori – non sarebbe meglio in un caso come questo che il vigile ci avesse fatto notare che ci eravamo dimenticati del cartello? Così ci spezzano la schiena. Tra l’altro il cartello c’era, ma non era completo»”.
Ora il commento, che ripeterò – d’ora in avanti – ogni qualvolta un imprenditore chinerà la testa di fronte ad ingiustizie palesi, ed ingiustificate, come questa.
Sono anni che scrivo che le tasse sono un furto e che quel che combinano oggi le truppe cammellate statali (dalle Fiamme Gialle agli Equitalioti fino ai vigili urbani in servizio permanente) non sono che il conseguente, logico comportamento di uno Stato aguzzino, ladro, satrapo, infernale e assetato dei soldi dei contribuenti. Nei paesi civili – e la storia ce lo rammenta – basterebbero una pressione fiscale e un sistema tributario oppressivi la metà di quello italiano per mettere mano ai forconi. In Italia non funziona così. Bisogna prenderne atto. La democrazia tricolorita, frutto della “Costituzione più bella del modo”, è riuscita perfettamente nell’intento di metterci l’un l’altro contro – trasformandoci in una massa di miserabili questuanti, che implorano al padrone del vapore di essere clemente – al punto tale che a fronte di una sanzione come quella sopra, la gelataia non sa far altro che pietire lo spostamento di 15 giorni della “chiusura forzata” della sua attività e il pizzaiolo non sa che pronunciare un fantozziano “abbiate pietà”.
Circondati come siamo da “rivoluzionari da osteria” è giunto il momento che ognuno di noi si metta in salvo come può e con chi può.
Non solo è “inutile parlare di libertà ad uno schiavo che pensa di essere un uomo libero”, ma – lo ribadisco con forza – un gregge di pecore sta bene solamente se tosato a puntino.
Come diceva quella buon’anima di mio nonno – che aveva in uggia gli italiani – chi fa da sé fa per tre!
Fonte: Visto su L’Indipendenza del 22 settembre 2013