Saviano
di ROMANO BRACALINI
Saviano, da buon napoletano, ha venduto per buona merce contraffatta o per meglio rubata.
Il suo “Gomorra”, best sellers mondiale, è frutto di furti, nel senso che il celebrato autore, il cui mito si sta sfaldando, ha copiato intere pagine da articoli di cronisti napoletani che fin dall’uscita del libro avevano intentato causa a Saviano per plagio e ne avevano fornito ampia prova. Saviano non si era nemmeno curato di fare la parafrasi degli scritti altrui. Copiati parola per parola. La vicenda giudiziaria è andata per le lunghe e i giornali e le televisioni amiche del Saviano avevano tenuto ben nascosto il misfatto. Ma adesso che Saviano è stato condannato in appello a risarcire i cronisti per averli derubati costruendo sul loro lavoro la propria fortuna editoriale, sfacciata in quanto fasulla, non è stato più possibile mettere l’embargo alla notizia.
Saviano ha annunciato che ricorrerà in Cassazione e come dicono i veneti la “pezza è peggiore del buco”, perché contribuirà ulteriormente a dare pubblicità e clamore al plagio. Non si vede come la Cassazione possa ribaltare la sentenza visto che alcune pagine del libro corrispondono agli articoli dei cronisti napoletani (senza citazione) che da anni si occupano, con rischio personale, della malavita napoletana e della camorra senza ricavarne i benefici e gli onori che s’è beccato Saviano.
L’abbiamo visto all’indomani del grandioso successo di Gomorra: televisioni a gara per ospitare il divo, prime pagine dei giornali come Repubblica a disposizione del nuovo santone, che senza un minimo di umiltà (non dico onestà) ha detto la sua senza averne i titoli su tutto lo scibile umano.
A Milano, la giunta Pisapia, gli aveva offerto la cittadinanza onoraria, che è stata negata a personaggi ben più degni e illustri di lui, ma che non appartenevano alla cricca politica gradita a palazzo Marino. Saviano, come si è improvvisato scrittore, s’è subito incasellato a sinistra, essendo uno che sa fiutare il vento, ed è stato vezzeggiato a sinistra come un nuovo campione che avrebbe all’occorrenza risollevato e ricompattato il PD, ora alla mercè di coniglietto Renzi, altro bluff clamoroso dei tempi. S’era perfino ipotizzato il premio Nobel. Del resto se l’ha avuto il camerata Fo, perché no Saviano? La condanna per plagio metterà fine alle illazioni.
Sulla camorra sono stato scritti centinaia forse migliaia di libri ma ciascun autore ha lavorato sul suo. Saviano ha preferito lavorare sul lavoro degli altri facendo una accorta cernita dei prodotti già pubblicati e mettendo insieme una sorta di opera “definitiva”, che esperti e critici letterari avevano senz’altro salutato come un “capolavoro”. La Mondadori per prima era caduta nel tranello pubblicando “Gomorra” e restando in silenzio quando la protesta dei cronisti napoletani è diventata corale. Lo stesso Saviano s’era chiuso in un sdegnoso silenzio pensando forse che il clamoroso successo del libro bastasse a definire gli accusatori millantatori e invidiosi.
In Italia la stirpe dei plagiatori è folta e reiterata. Anche Corrado Augias, già autore Mondadori, prima che traslocasse alla Rizzoli, per incompatibilità politica con la casa berlusconiana di Segrate, è stato beccato e accusato di plagio. Forte della complicità degli amici politici che nei giornali e nelle televisioni fungono da commissari politici in difesa della causa, Augias non ha fatto una piega, non ha replicato furbescamente, benchè intere pagine dei suoi libri fossero tratte pari pari da Internet.
La fama di Saviano è oscurata dal tempo, vedasi il flop del suo ultimo libro, Zero, zero, zero, pubblicato dalla Feltrinelli, la quale pare abbia pagato un milione di euro a Saviano per lasciare la Mondadori. Mal gliene incolse. Il libro pubblicato in mezzo milione di copie sarebbe in buona parte invenduto; e la Feltrinelli che al tempo di Giangiacomo, il fondatore, aveva avuto il merito di pubblicare “Il dottor Zivago”, di Boris Pasternak, opera proibita in URSS, e il Gattopardo, di Tomasi di Lampedusa, rifiutato da Elio Vittorini, ora deve contemplare che col nuovo acquisto, non solo ha fatto un buco nell’acqua, ma ci sta rimettendo un sacco di quattrini. Mai titolo è parso tanto allegorico. Lo zero annuncia il nulla e forse più che alla cocaina si riferisce all’autore. Saviano, mancando di ogni forma di modestia e sobrietà, si sta rivelando la caricatura di se stesso. Dai clamori all’imbarazzo crescente per le folle un tempo adoranti e gli amici zelatori che contano. E tuttavia è sempre meglio essere uno zero come scrittore, che un plagiatore professionale che ruba il lavoro degli altri. Ma forse, nel caso di Saviano, l’uno non esclude l’altro.
Fonte: visto su L’ Indipendenza del 24 settembre 2013