Ott 21 2013

FATTORE NIMBY, FATTORE INVISIBILE, FATTORE ITALIA: LO SAPETE CHE COSA VENDE DI PIÙ AL MONDO IL NOSTRO PAESE?

Category: Monolandia,Roba da Italia,Società e politicagiorgio @ 13:00

connie willis

 

 

di Sergio Di Cori Modigliani

 

Siamo tutti d’accordo sul fatto che l’Italia sia un paese anormale.

 

E’ talmente anormale e conflittuale (in maniera infantile) che già a questo punto non è più possibile mettersi d’accordo e trovare una sintonia armonica, perchè si comincia a litigare tra fazioni contrapposte sul significato da attribuire al termine “anormale”.

 

Qualche decennio fa, i sociologi statunitensi coniarono il termine “fattore Nimby”, acronimo che sta per Not-In-My-Back-Yard, qualcosa come “Non Nel Giardinetto Di Casa Mia”. Questo termine, ormai diffuso a livello di massa, è diventato il simbolo discriminante tra la coscienza consapevole della cittadinanza e il narcisismo individualista di chi si lancia in battaglie ideologiche e politiche a condizione che non riguardino se stessi, la propria famiglia, i propri amici, parenti, partito, fazione, movimento, territorio, comune, ecc.

 

In questo siamo davvero maestri.

 

E il fattore Nimby aumenta, inevitabilmente, la conflittualità tra tutti.

 

Al Nimby, bisogna appaiare un altro fattore, che corre in parallelo.

 

Nel 1996, l’autrice statunitense Connie Willis, la più celebre scrittrice vivente di fantascienza, pubblicò un romanzo dal titolo “Il fattore invisibile”, nel quale i due protagonisti lavoravano per una fantomatica organizzazione governativa con il compito di identificare e trovare il “quantum” della socialità collettiva, per l’appunto il cosiddetto fattore invisibile, ovvero quello specifico dispositivo dell’inconscio delle masse che produce e determina l’immaginario collettivo, tale per cui a un certo punto le gonne delle donne diventano cortissime, dopo sei anni si allungano di dodici centimetri, mentre si allungano i capelli dei maschi di cinque centimetri e dopo dieci anni va di moda, invece, la calvizie. Così via dicendo. Nel divertente racconto, il consorzio di multinazionali che aveva ordinato questa ricerca, voleva (e doveva) prevedere quale tipo di mode si sarebbe diffusa per essere in grado di manovrare il desiderio della gente spingendola poi ad acquistare degli specifici prodotti.

 

Quello splendido romanzo di fantascienza, in verità, era un delizioso libro comico, intriso di satira politica sofisticata, che ruotava intorno a questa strana e tuttora inspiegabile magia della mente umana, quel fattore invisibile impossibile da decifrare prima, per la potenza della sua creatività originale. Si tratta di una spinta propulsiva misteriosa, che spinge -tanto per fare un esempio- nella conservatrice e austera Gran Bretagna del 1966 un gruppo di ragazze a gettarsi in una via della city di Londra, e armate di cartelli e megafoni, bruciare davanti alla folla esterrefatta dei reggipetti, sostenendo che “bruciare i reggiseni è il passaporto verso la libertà delle donne”. Per un caso accidentale del destino, assolutamente fortuito, proprio in quel momento passava lì davanti un taxi, dentro al quale c’erano John Lennon e Paul Mc Cartney, pieni di pacchi, che andavano a visitare la nonna malata di Paul. Trovarono la scena esilarante e davvero stimolante. Fu una grande ispirazione. Rimasero a dormire dalla vecchietta. La notte, insieme, scrissero una canzone “obladì obladà life goes on bra” (trad.: “obladì obladà, la vita scorre su un reggipetto”). Poco tempo dopo, usciva il disco dei Beatles, che vendette circa 40 milioni di copie. Sedici mesi dopo, nel mondo occidentale, crollava per un -46% la vendita al consumo di reggiseni presso il pubblico di consumatrici tra i 13 e i 33 anni.

 

Nessuno seppe mai perchè si verificò tale evento che lanciò una moda.

 

E’, per l’appunto, il fattore invisibile di cui parla la Willis.

 

A questo binario parallelo, Nimby e Invisibile, bisogna aggiungere una terza dimensione, che cambia a seconda delle nazioni: la percezione del sistema. E’ il motore che produce l’export e l’import, lanciando mode e consuetudini abitudinarie, basata su un miscuglio di molteplici fattori che mescolano pregiudizi e stereotipi a intuizioni e sensazioni, e determinano il lancio di fortissime categorie che provocano il successo commerciale o meno di un prodotto, lanciano una moda, propagandano una nazione; con una spinta talmente forte da perforare l’immaginario collettivo delle masse condizionando il proprio giudizio, quindi il desiderio, infine il proprio impulso automatico all’acquisto.

 

Sempre in quegli anni (altro esempio) e sempre a Londra, un geniale pubblicitario della Mackenzie & Fitch, che se la doveva vedere con un importante industriale dell’acciaio, in spaventosa crisi di vendita in seguito alla concorrenza imprevista di italiani, francesi e tedeschi, gli fece una curiosa proposta:

 

“Dovrebbe pensare a vendere ciò che noi inglesi abbiamo e nessuno ha al mondo”.

 

L’industriale chiese che cosa fosse. E il pubblicitario rispose: “la pioggia”.

 

Gli spiegò la potenza del valore aggiunto della pioggia inglese e lo convinse del fatto che la percezione planetaria spingeva la gente a ritenere che nessuno come i londinesi potesse essere così esperto e preciso nel salvaguardarsi dalla pioggia. Lo convinse a riconvertirsi producendo ombrelli, banali ombrelli firmati. L’industriale, disperato, accettò. E lanciò la Knirps. Due anni dopo apriva uno stabilimento in Scozia con 2000 addetti, quattro anni dopo raggiungeva la cifra di vendite di 100 milioni di ombrelli nel mondo. Da allora è diventata una delle più potenti multinazionali al mondo.

 

Come funziona la percezione planetaria del Sistema Italia, oggi?

 

Perchè non riusciamo più a imporci come un tempo?

 

Che cosa manca alle nostre merci per essere competitive come un tempo?

 

Siete davvero convinti che sia il “costo del lavoro” la cosiddetta “produttività” o “lo spread” che riduce lo spazio di concorrenza e affligge la diffusione nel mondo del Made in Italy?

 

Non è così.

 

Si tratta di una crisi politica.

 

Una crisi di Valori.

 

Soprattutto, la crisi del valore aggiunto.

 

La nostra classe dirigente, con la complicità dell’intera cupola mediatica, insiste nel presentare -soprattutto attraverso i talk show- una realtà che può essere risolvibile leggendo grafici, ascoltando cifre sciorinate da ragionieri, aumentando o diminuendo una aliquota, mentre il pianeta prosegue per la sua strada cavalcando l’immaginario collettivo.

 

I consumatori planetari non vivono nella realtà impiegatizia di Giovanni Floris, bensì in un mondo popolato da icone pop subliminali.

 

Il Sistema Italia vende ipocrisia, questa è diventata la nostra merce di scambio riconoscibile.

 

E questo è il cancro che corrode nelle sue fondamenta la spina dorsale del sistema.

 

Nell’età del web, dei social networks, della velocità neutronica della comunicazione, salvo restando l’esistenza dei soliti truffatori, è sempre più arduo e difficile ingannare la gente. E’ ormai troppo facile essere scoperti, smascherati, sbugiardati, denudati, identificati.

 

Vince comunque il prodotto più aderente alla realtà, anche in termini politici, soprattutto secondo i parametri economici. E’ uno dei Grandi Paradossi della generazione digitale che cresce e vive dentro la virtualità: sul mercato la virtualità non conta nulla, ha valore la realtà. Perchè se la pera che io compro non ha il sapore della pera io non la compro più, è ovvio.

 

Sei giorni fa in una importantissima riunione internazionale a New York del WTO (World Trade Organization) il consorzio di nazioni che gestisce lo scambio commerciale planetario ha diffuso le classifiche sulla “percezione planetaria” dei consumatori rispetto ai singoli stati.

Già alcune settimane fa, quelle classifiche, erano state pubblicate in tutto l’occidente (Italia esclusa) con dibattiti seguiti e alimentati da sociologi, psicologi, esperti di comunicazione, filosofi, semiologi, scrittori, per cercare di comprendere la nuova realtà dell’immaginario collettivo nel nostro pianeta. E’ l’aspetto decisivo dei sistemi, perchè è quello sul quale poggia la produzione dell’immaginario collettivo, del quale gli economisti nostrani e i ragionieri ossessionati da grafici e spread  non parlano mai pensando che la situazione italiana la si possa cambiare con una Legge, aumentando o diminuendo una tassa, uscendo o rimanendo nell’euro, votando Pd o votando PDL.

 

Nel 1993, nella classifica che ci riguarda e che segnala le prime tre “pulsioni automatiche” prodotte nel consumatore internazionale, ai primi tre posti il Sistema Italia aveva:

1) Cibo, 2) Eleganza, 3) Arte.

 

Così ci vedevano, così ci vivevano, questo venivano a cercare.

 

Nel 2003, ai primi tre posti avevamo:

1) Terme naturali, 2) Spiagge, 3) Moda.

 

Nel 2013, ai primi tre posti abbiamo:

1) Adulazione e ipocrisia, 2) Wellness, 3) Insulto gratuito.

 

La nuova classifica ha immesso l’Italia nella zona più deprimente (insieme alla Corea del Nord, lo Zimbabwe, la Colombia, la Thailandia) quella in cui vincono elementi della psicologia e della comportamentalità che ottundono e coprono qualunque altra attività di carattere economico e produttivo:

 

(Corea del Nord 1) Ottusità ideologica inaccettabile;

Zimbabwe 1) Corruzione insostenibile;

Colombia 1) Violenza gratuita;

Thailandia 1) Esistenza generalizzata della schiavitù).

 

Così viene percepita la nostra nazione.

 

Non c’entra affatto il costo del lavoro nè la produttività.

 

Il Made in Italy non esiste più, perchè il pianeta non considera più la nazione e il Sistema Italia come un luogo attendibile e affidabile. L’Italia è vissuta e vista come un paese dove non c’è mai la possibilità di sapere se l’interlocutore sta dicendo la verità oppure mente perchè nel nostro paese sono stati abbattuti i parametri di riferimento del concetto di fiducia, coerenza, rispetto delle regole, senso della Legge.

Quindi, il mondo si fida meno di un prodotto italiano perchè è portato a pensare che ciò che c’è scritto sulla fascetta di quello specifico prodotto non è detto che corrisponda alla verità oggettiva.

Siamo stati identificati come un paese di truffatori, bugiardi, falsificatori.

In data 18 febbraio 2013 il Financial Times pubblicava con enfasi le dichiarazioni di Mario Monti “Silvio Berlusconi è un cialtrone irresponsabile che ha portato l’Italia sull’orlo del baratro e della bancarotta”.

La stessa testata, con altrettanta enfasi pubblicava le dichiarazioni di Mario Monti in data 28 aprile 2013: “Silvio Berlusconi è il più grande politico che l’Italia abbia mai avuto, è l’unico statista. Lui è il più bravo e solido tra tutti quanti”. Agli inglesi va bene, facilita la concorrenza dei loro prodotti; chi berrà mai più una bibita italiana in Inghilterra? Una settimana fa, a Londra, il presidente della Saatchi&Saatchi, la più importante multinazionale della pubblicità al mondo, parlando dell’Italia, sosteneva che “L’Italia è ancora terra di capitani d’industria, valga per tutti Diego Della Valle, davvero un formidabile imprenditore di successo. Certo è che le sue meravigliose scarpe, al 100% made in Italy, hanno un marchio dall’indubbio suono britannico. Non so se i consumatori oggi acquisterebbero scarpe con un nome italiano”.

 

Triste ma vero.

 

La fondazione del Gran Regno d’Ipocritania, ben rappresentata da Letta e Alfano, sta tutta qui.

 

Il nostro miglior imprenditore vince perchè vende scarpe italiane con un nome inglese.

 

Il povero Della Valle, consapevole della situazione, lancia un marchio che non faccia “sentire” l’odore dell’Italia per evitare di essere identificato con il sistema nazionale.

 

Per poter accedere ai mercati internazionali dobbiamo nasconderci sotto mentite spoglie pur di non farci riconoscere.

 

E’ l’ipocrisia il vero cancro economico dell’Italia.

 

La crisi trova in questo concetto la sua chiave di comprensione ultima.

 

Quella che consente a Mario Monti di dire ciò che ha detto.

 

Quella che ha consentito di far dire a Nichi Vendola il 28 novembre del 2012 che:

“Renzi rappresenta la farsa macabra della democrazia, rappresenta il fulcro della destra iper-liberista all’attacco”  e poi il 28 settembre del 2013: “Renzi è il miglior candidato in assoluto a interpretare le istanze della nuova sinistra assetata di una narrativa diversa, originale, che lui ben rappresenta”.

 

Quella che ha consentito Enrico Letta di sostenere in data 29 aprile 2013 “abbiamo avviato l’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti” e poi in data 2 agosto 2013 dar via al finanziamento pubblico ai partiti sostenendo “che si tratta di un modello equo di democrazia per impedire che siano i privati e i prepotenti a finanziare i partiti”.

 

Quella che ha consentito al Ministro della Sanità, Beatrice Lorenzin, di sostenere nello stesso giorno, due settimane fa, alle ore 13.30 “Non mi identifico più con il PDL e ho preso formalmente la distanza dalla scelta di Berlusconi che considero sbagliata e siamo in molti a prendere le distanze da lui” e alle ore 18.30 “Non esiste nessuna crisi nel PDL, siamo compatti e uniti dietro al presidente. Berlusconi è un vero gigante, non ha mai sbagliato, siamo tutti dietro di lui”.

 

La crisi vera (non quella finta) del Sistema Italia sta tutta qui, nella impossibilità di poter affrontare un qualsivoglia tema, argomento, legge, dispositivo, materia, seguendo dei parametri comuni di riferimento, perchè il Regno d’Ipocritania ha abolito il concetto di coerenza, di rispetto della legalità, della verità oggettiva. Ogni personalità politica, in Italia, è autorizzata a smentire se stessa senza che nessun giornalista, nessun collega, nessun votante, chieda immediatamente un rendiconto di tale contraddizione e la denunci come vizio.

 

Sta a tutti noi cercare di cambiare questo paese, a condizione di essere d’accordo almeno su un punto base, che andrebbe sottoscritto da tutti, piddini, pidiellini, montiani, pentastellati, credenti e atei, laici e integralisti, uscendo fuori dalla logica Nimby: “il paese è anormale e la sua anomalia consiste nell’aver elevato l’ipocrisia e il falso a norma costituita; ciascuno di noi ha il dovere di denunciare i propri polli”.

 

Si parte da qui, dal minimo comun denominatore.

Prendendo atto della realtà per ciò che essa è in termini economici e politici reali, non virtuali.

 

Siamo fuori dalle nazioni evolute.

 

Siamo fuori dai parametri democratici.

 

Siamo esclusi ormai dai consessi internazionali che contano.

 

Nessuno crede più neppure a una parola ufficiale della nostra classe dirigente.

 

Lo dicono dovunque.

 

Lo dicono soprattutto le cifre.

 

Il Made in Italy produce ipocrisia e falsità.

 

Dobbiamo abbattere questa oscena barriera di inciviltà esistenziale.

 

E’ l’attuale dirigenza politica a produrre la crisi economica, non il contrario.

 

E’ una bella differenza!

 

 

 

Fonte: visto su Libero Pensiero: la casa degli italiani esuli in patria

Link: http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/10/fattore-nimby-fattore-invisibile.html

 

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