Ott 23 2013

LETTERA APERTA AL DIRETTORE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE ATTILIO BEFERA

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Attilio Befera

 

Le scrivo, gentile Dott. Befera, dopo aver letto la sua lettera al personale dell’Agenzia delle Entrate del 5 Maggio scorso

 

http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2011-05-05/befera-stop-controlli-vessatori-210326.shtml?uuid=AaO85dUD


 

Le scrivo perché lei manifesta sconcerto per alcune prassi dei suoi funzionari che si discosterebbero dalle regole di rispetto e di lealtà che si impongono nel rapporto tra contribuenti ed “autorità impositiva”. Le scrivo perché il mio caso ben si adatta a quanto lei dichiara e allo sconcerto che afferma di provare:

 

…. dobbiamo perciò operare in modo da guadagnare sempre più, nell’esercizio di quella funzione, il rispetto e la fiducia che i cittadini devono all’Istituzione di cui siamo rappresentanti. Continuo però a ricevere segnalazioni nelle quali si denunciano modi di agire che mi spingono adesso a rivolgermi direttamente a tutti voi per richiamare ognuno alle proprie responsabilità e ribadire ancora una volta che la nostra azione di controllo può rivelarsi realmente efficace solo se è corretta. E non è tale quando esprime arroganza o sopruso o, comunque, comportamenti non ammissibili nell’ottica di una corretta e civile dialettica tra le parti.

…. Rimango poi sconcertato quando mi viene riferito che qualcuno, a giustificazione di tali comportamenti, farebbe presente di operare in quel modo per necessità di raggiungere l’obiettivo assegnato.

Non so se in questi casi sia più la mediocrità della competenza professionale o la carenza di consapevolezza del proprio ruolo istituzionale che impedisce di comprendere immediatamente quale devastante danno di immagine venga in questo modo inferto all’Agenzia, al proprio ufficio e ai colleghi, finendo quasi per apparentarne l’azione a quella di estorsori.

 

Le scrivo per scusarmi di aver creduto ai suoi funzionari che attribuivano i loro comportamenti a disposizioni ricevute dal sommo della gerarchia dell’Agenzia delle Entrate: “Noi siamo solo esecutori”, mi spiegavano in tono di rassegnazione.

 

Forse l’hanno fraintesa, Dott. Befera, anzi evidentemente i suoi funzionari l’hanno fraintesa, come nel mio caso quando nel corso del contraddittorio hanno preteso di attenersi ad espresse disposizioni per rifiutare ogni ascolto alle mie giustificazioni, spiegando di essere autorizzati a discutere esclusivamente della “chiusura semplificata della controversia fiscale”.

 

Che poi i modi diciamo sbrigativi dei suoi funzionari, per quanto inaccettabili, sarebbero il meno, Dott.Befera; la informo che i suoi funzionari sfoggiano disinvoltamente prassi a dir poco inconsuete per dei funzionari della Pubblica Amministrazione di un paese civile. Come nel mio caso quando i suoi funzionari mi hanno proposto la “transazione” mettendomi sotto gli occhi un foglietto volante che indicava l’importo, astenendosi dal nominare la pretesa economica.  Infatti quando ho chiesto copia del foglietto la sua funzionaria se ne è pure risentita: “Quello è un documento interno dell’Agenzia delle Entrate!”

 

Mi dica lei, Dott. Befera, se è così che si possono comportare i funzionari della Pubblica Amministrazione di un paese civile…

 

Che poi le cadute di stile dei suoi funzionari, per quanto inammissibili, sarebbero il meno, Dott.Befera; il fatto è che i suoi funzionari si sentono autorizzati, nell’obiettivo di concludere comunque la “transazione”,  ad affermazioni contrarie a verità, come si è verificato appunto nel mio caso. Ripetutamente nel corso del contraddittorio i suoi funzionari hanno sostenuto che lo studio di settore che mi applicavano fosse stato discusso e concordato con l’associazione di categoria che rappresentava la mia attività di contribuente e quindi non fosse ulteriormente discutibile. Tutto falso, Dott. Befera, come ho potuto accertare, anzi lo studio di settore che mi hanno applicato (SG41U – 2006 Studi di Mercato e Sondaggi di Opinione) all’unica e sola associazione di categoria del mio settore di attività (ASSIRM) non l’hanno neanche fatto vedere.

 

Non che poi l’opinione dell’associazione di categoria abbia per i suoi funzionari un qualche peso perché
quando all’associazione di categoria lo studio di settore l’hanno finalmente fatto vedere (Studi di Settore TG41U – 2008 e UG41U 2010) e l’associazione di categoria ha spiegato che non rappresentava
assolutamente la realtà del settore (oltre 2000 contribuenti quando esistono in Italia meno di 100 istituti di ricerca di mercato) rifiutandosi di approvarlo, l’Agenzia delle Entrate l’ha ugualmente e tranquillamente validato.

 

sA lei, Dott. Befera, risulta che ci siano altri studi di settore che non siano stati concordati con l’associazione di categoria? O che non siano neanche mai stati presentati all’associazione di categoria? Perché questo sembrerebbe proprio il caso per quello che riguarda lo Studio di Settore SG41U – 2006 Studi di Mercato e Sondaggi di Opinione, come mi ha attestato in una documento ufficiale l’associazione di categoria ASSIRM.

 

Che poi le affermazioni contrarie a verità da parte dei suoi funzionari, per quanto inconcepibili, sarebbero il meno, Dott. Befera; il fatto è che ho dovuto constatare che i suoi funzionari ai rilievi della mia associazione di categoria sulla non rappresentatività del campione utilizzato per lo studio di settore (UG41U – 2010) spiritosamente hanno replicato che si trattava comunque di un problema comune a molti studi di settore!

 

Come si trattasse di un errore di ortografia che non inficia la bontà del risultato! Inficia, Dott. Befera, inficia completamente, come saprebbe spiegargli anche uno studente di liceo!

 

E come si potrebbe definire il comportamento della Commissione degli Esperti (!) quando nel verbale sullo studio di settore ha modificato il rilievo critico della mia associazione di categoria che parlava di “dietro un apparente miglioramento” in un “l’associazione ha constatato un miglioramento (rimovendo l’ininfluente aggettivo)!”.

 

Che poi la scarsa competenza professionale dei funzionari con i quali mi sono interfacciato, Dott. Befera, per quando inaudita in qualsiasi paese civile trattandosi appunto del Ministero delle Finanze, non è nemmeno l’aspetto più grave; il fatto è, Dott. Befera, che l’Agenzia delle Entrate pretende che il contribuente si assuma l’onere della prova di dimostrare l’eventuale errore dello Studio di Settore.

 

Ora non è che questo sia un compito troppo difficile quando ci si trova davanti ad uno Studio di Settore.
  (SG41U – 2006) sviluppato su un universo di oltre 1700 contribuenti a fronte di meno di 100 istituti di
ricerca di mercato.  Il problema è che i suoi funzionari non concepiscono nemmeno l’esigenza fondamentale per ogni inferenza statistica della rappresentatività del campione rispetto all’universo di riferimento, anzi ritengono che unica fonte di verità sia il Decreto Ministeriale che ha validato lo Studio di Settore.

 

Comunque, mi hanno assicurato i suoi funzionari, di conoscere la statistica ed i suoi strumenti, loro non avvertono alcun bisogno. E me l’hanno pure documentato per iscritto come illustra il seguente estratto delle “Controdeduzioni dell’Agenzia delle Entrate” (Prot. n. 2011/69690) avverse al mio ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale.

 

Premesso che “la contribuente non ha fornito argomentazioni in grado di dimostrare l’inadeguatezza dello studio di settore rispetto alla propria realtà economica” il capo-team della Stanza 314 al terzo piano dell’Agenzia delle Entrate di Firenze in via Panciatichi si produce in una serrata requisitoria contro la pretesa del contribuente di conoscere la procedura di classificazione con la quale è stato inquadrato come sospetto evasore: “ricordando la già evidenziata legittimità degli studi di settore quale strumento accertativo del reddito, si rileva che le modalità di elaborazione statistico-matematiche degli stessi ed il calcolo matematico – basato sui logaritmi non riproducibili dal funzionario né in sede di contraddittorio né in sede di accertamento – con il quale l’apposito programma di GE.RI.CO. individua i ricavi puntuali di riferimento sono elementi dello studio di settore approvato, concordati tra Amministrazione Finanziaria e organizzazioni di categoria del contribuente.”

 

Come si fa, Dott. Befera, a argomentare con funzionari come questi, come fa il contribuente a dimostrare l’inadeguatezza dello studio di settore a funzionari sprovvisti delle nozioni più elementari?

 

E soprattutto, come è possibile diventare capo-team dell’Ufficio Controlli quando non si capisce nemmeno la differenza tra un algoritmo ed un logaritmo, anzi quando non si ha nozione di cosa sia un logaritmo e tanto meno di cosa sia un algoritmo?!

 

Questo documento è firmato e controfirmato su delega del Direttore Provinciale.

 

Qui, Dott. Befera, devo dirle che sono rimasto perplesso: forse i funzionari di livello superiore non leggono nemmeno le produzioni dei loro sottoposti; oppure leggono ma non si rendono conto degli spropositi che firmano. Oppure, ma questa è solo un’ipotesi maliziosa, risultano autentiche entrambe le interpretazioni… Mi rimetto in materia alla sua autorevole opinione.

 

Perché, e qui il cerchio si chiude, il problema più grave non sono nemmeno i fraintendimenti, i
comportamenti discutibili, le affermazioni contrarie a verità, la professionalità dei suoi funzionari; il
problema fondamentale è che è venuto meno il presupposto dell’imparzialità della Pubblica
Amministrazione, il principio per cui il funzionario non ha, o non dovrebbe avere, alcun motivo a perseguire un contribuente che si comporta correttamente.

 

Come attesta anche la sua lettera, Dott. Befera, la concreta realtà della situazione è ben altra; ai suoi
funzionari vengono assegnati precisi obiettivi di fatturato.

 

In vista di questo fine superiore il contrasto all’evasione per alcuni, come lei stesso ha constatato nella sua lettera, conta poco, è molto più semplice, comodo e pratico per il funzionario “spremere” un contribuente che si è comportato correttamente, dichiarando a verbale, come nel mio caso, che non è stato in grado, all’occhio perspicace del funzionario ligio al dovere, di giustificare lo scarto tra la sua dichiarazione dei redditi e l’importo previsto dall’accertamento induttivo!

 

Ed eccomi qua, alla vigilia del ricorso in appello davanti alla Commissione Tributaria Regionale. Non mi faccio più illusioni, ho già fatto esperienza del funzionamento della giustizia tributaria. E me lo avevano spiegato, lo riconosco, i suoi funzionari che se non avessi accettato la “transazione” sarei stato comunque costretto a spendere molto di più, lo riconosco, almeno per una volta avevano detto la verità.

 

Sono già esecutive cartelle di Equitalia per oltre 140mila Euro, e decine di migliaia di Euro ho già speso per il ricorso. Se ne sono andate tutte le risorse finanziarie di cui disponeva la mia impresa e rischio i risparmi di una vita di lavoro. Ma non basta perché se mi venisse applicato un nuovo accertamento induttivo rischierei di farmi pignorare anche l’abitazione…

 

Se dunque la Commissione Tributaria non riconoscesse le mie ragioni dovrei rassegnarmi a chiudere l’attività e licenziare i miei dipendenti che potranno comunque facilmente trovare una nuova occupazione dato il favorevole contesto economico.

 

Però, gentile Dott. Befera, glielo posso anticipare, finché avrò vita e ragione, e questo non dipende solo dall’Agenzia delle Entrate, non resterò in silenzio, glielo prometto, io racconterò tutto, punto per punto, sorpruso su sorpruso, falsità su falsità!

 

Vincenzo Freni

 

Fonte: visto su http://www.frenimktblog.hostei.com

Link:  http://www.frenimktblog.hostei.com/lettera-aperta-a-befera/

 

 

 

 

LETTERA APERTA AL DIRETTORE BEFFERA

 

 

Egregio Direttore,

 

quando entrai all’Agenzia non avrei mai pensato di dover scrivere questa lettera, ma ciò che è accaduto negli ultimi anni ha seriamente mutato in me la percezione del nostro operato. I giovani che entrano da noi lo fanno per il desiderio di dare una mano alla macchina dello Stato e, pur attraverso la pioggia di critiche che ci bersagliano, tutti ancora riteniamo che tale desiderio non sia da meno di quello di fare il medico o l’ingegnere.

 

Troppo spesso abbiamo confuso ultimamente la patente di esattori con una irrevocabile licenza di uccidere che ci viene rinnovata anno per anno se portiamo il bottino di caccia ai nostri padroni; padroni che prima ci  incentivano alla caccia e poi pubblicamente ci criticano davanti al pubblico che ci odia.

 

Nella ridda di bugie, capovolgimenti, abusi ed errori materiali, gran parte del marcio risiede da noi e tu non hai fatto nulla per eradicarlo. Dalle delittuose pratiche dell’era Magistro, infarcite di veri e propri falsi  documentali, passando per i fascicoli dimenticati sui politici di rilievo, sino alle disastrose impreparazioni dell’epoca Zammarchi, abbiamo solo cumulato una serie di pessime figure. E tu lo sai.

 

In meno di dieci anni abbiamo dato vita ad una crescita ipertrofica dell’organico che tu sapevi benissimo non poter essere accompagnata da altrettanta formazione dei dipendenti. Il risultato è che la maggior parte dei nostri funzionari sono profondamente ignoranti del diritto tributario e agiscono perciò in maniera spavalda ed estorsiva. Tu hai continuato ad incentivare una politica di esazione patrimoniale, invece che di reale accertamento, promuovendo quei funzionari che più intimidivano i contribuenti per indurli a negoziare. Tu hai sostenuto con i premi di produzione una sistematica estorsione che sai benissimo essere non solo al di fuori del diritto tributario ma ben oltre il confine penale.

 

Davanti a cotanta liceità, l’immagine dell’Agenzia e di noi tutti sta subendo la più grave crisi dalla sua istituzione. Se la rabbia popolare si rivolge verso Equitalia ciò accade solo perchè essa è stata volutamente  creata per essere interposta tra noi ed il contribuente; perchè servisse da scudo mediatico per il problema che tutti sapevano si sarebbe verificato. Ma tu sai benissimo che Equitalia è solo uno servo stupido privo di volontà e privo di indipendenza poichè tu lo manipoli a tuo piacimento.

 

E così noi tutti veniamo ogni giorno sommersi di insulti, minacce, aggressioni, denunce, citazioni, articoli di stampa denigratori. Ognuno di noi quando torna a casa la sera pensa a quel fascicolo di quel contribuente che lo ha minacciato e spera che non ci siano problemi. Ma tutto ciò è colpa tua. Quando i sindacati (ai quali dobbiamo chiedere la sorveglianza dei nostri parcheggi per paura di aggressioni!) ci rispondono che, se ci attenessimo alla legge, forse non avremmo questi problemi, vuol dire che qualcuno sta facendo qualcosa di tremendamente sbagliato. Quel qualcuno sei tu.

 

Non è possibile spingere i funzionari verso una guerra sporca ad ogni costo, e con ogni illecito mezzo, e poi abbandonarli quando si trovano in difficoltà o in pericolo; perchè la mente sei tu. Ancora poche settimane  fà sono stati recapitati a Settebagni i dossier fotografici anonimi di alcuni dei nostri che sarebbero abbastanza per farli finire al fresco per un pezzo, ma tu non hai fatto nulla per correggere il tiro. E il giorno dopo era business as usual.

 

Ogni volta che si fa una riunione programmatica e ti trovi su posizioni diverse da altri c’è qualcuno che dice di te: “tanto lui non dura fino alla prossima riunione”. Questo è l’esercito di predatori che hai creato e che ora  è sfuggito persino al tuo eccentrico controllo.

 

Tu stai deliberatamente continuando a falsificare le stime dei recuperi solo per essere riconfermato di volta in volta, ma sai benissimo che stai mentendo al governo ed al ministero. Come tu sei ostaggio di te stesso, i  tuoi fedelissimi sono ostaggio delle loro nefandezze. Ormai sono sempre più chiamati a comparire in procura per rispondere dei loro reati piuttosto che per collaborare alle inchieste sull’evasione.

 

La rotazione territoriale dei funzionari e le continue riassegnazioni di ufficio sembrano sempre più l’equivalente dei cambi di sede dei preti pedofili all’interno della chiesa. Ma era realmente questo che volevamo? Dove  finisce l’interesse del paese e dove comincia quello personale di Attilio Befera e della sua cricca?

 

A nome dei moltissimi dipendenti che amano questo lavoro, ti invito a procedere sulle decine di casi a te perfettamente noti di: abuso, estorsione, concussione, intimidazione, falsificazione, danno patrimoniale, omessa procedura di accertamento ed altre svariate tipologie che conosci molto meglio di me.

 

Mio caro Direttore, quando un pezzo dello Stato fa dell’illecito la sua regola di vita, sono i dirigenti che devono assumersene la responsabilità. Perchè le istituzioni, in quanto tali, non hanno colore e non hanno  passioni.

Ma possono avere gli uomini sbagliati.

 

 

Fonte: visto su Il  Mango di Treviso del 30 giugno 2013

Link: http://mangoditreviso.blogspot.it/2013/06/lettera-aperta-al-direttore-beffera.html

 

 

 

 

 

 

 

2 Risposte a “LETTERA APERTA AL DIRETTORE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE ATTILIO BEFERA”

  1. giovanna scrive:

    egregio DOTT Befera,
    di recente ho perso mio padre per un cancro metastasico,e io e mia madre stiamo passando un periodo nero.tra successione e spere funerarie ci siamo impoverite,e le dico anche un’altra cosa:con quale diritto entrate nelle case delle persone per sapere e mettere sotto accusa i propri beni frutto di duro lavoro e sacrifici?perchè mai un cittadino deve subire queste umiliazione come se non avesse mai pagato tasse in vita sua? lei guadagna miliardi e certamente pagherà le sue tasse,ma si ricordi che chi le scrive è una biologa disoccupata che ha visto crepare il proprio padre non solo per la malattia ma anche per il dispiacere di dover lasciare la propria figlia in mezzo alla strada!non prova un po’ di vergogna?non pensa che lo stato Italiano SIA UNO STATO LADRO?NON VEDE QUANTA GENTE DICHIARA IL FALSO E RIESCE A FARLA FRANCA SENZA ANDARE IN GALERA?
    PERSONE COME VOI ALTI DIRIGENTI DOVREBBERO SPUTARSI IN UN OCCHIO PER COME TRATTANO DEI SEMPLICI CITTADINI!
    STATO ITALIANO=STATO MAFIOSO!

  2. giuseppe scrive:

    Gentile Direttore Attilio Befera
    Sono un libero professionista laureato e specializzato, da tempo vengo perseguitato dall’agenzia dell’entrate nel primo accertamento di tutti i versamenti effettuati in banca non un centesimo mi è stato riconosciuto nelle più di 200 fatture emesse, per l’agenzia tutti i versamenti sono nero. Ho dovuto fare ricorso alla commissione tributaria. L’anno successivo non mi vengono riconosciuti i palesi rimborsi assicurativi per sinistri anche quì ho dovuto fare ricorso alla commissione tributaria che hanno riconosciuto il tutto.
    Ancora un’anno dopo nonostante nel contraddittorio abbia portato le famose giustificazioni con documentazione valida, il funzionario non ha nemmeno controllato ed ha emesso l’accertamento con addirittura contestati i prelevamenti eseguiti dalla mia consorte per la spese famigliari, e questo è abuso d’ufficio a casa mia.
    I funzionari con cui ho avuto contatto non si sono comportati molto bene pìù che da “padre a figlio” come dice lei “da padre padrone”.
    Questo è la mia brutta avventura con il fisco detta in due parole ma sono ben tre anni di persecuzione che ha portato al licenziamento di due dipendenti e presto porterà alla chiusura della partita iva per lavorare poi sotto padrone, e questa volta spero di trovarlo meno arrogante.
    Giuseppe

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