Zagabria – A festeggiare, il primo luglio scorso, l’ingresso della Croazia nel club dell’Unione Europea in qualità di ventottesimo membro effettivo fu soprattutto l’élite politico-economica al timone di questa ex-scheggia della defunta Jugoslavia. A partire dalla coalizione di governo progressista al potere da due anni dopo il lungo dominio dei conservatori dell’HDZ per arrivare agli ambienti finanziari legati a doppio filo al mondo austro-tedesco.
Lo scetticismo dell’opinione pubblica, sconfitto da una non eccezionale mobilitazione degli entusiasti ( al referendum sull’ingresso nell’unione, svoltosi nel febbraio del 2012, si recarono alle urne non più del 44% degli aventi diritto) si è preso una sonante rivincita non più di un anno dopo allorquando, nell’aprile 2013, la scelta dei 12 fortunati destinati a rappresentare la piccola repubblica nell’europarlamento fu boicottata da 4 elettori su 5 stabilendo quasi un record storico di scarsa affluenza battuto solamente dal 16% della Slovacchia.Ma il misfatto era già stato compiuto ed i buoi erano già fuggiti dal recinto per finire nel vagone piombato di eurolandia.