Nov 23 2013

EUGENIO SCALFARI: “SÌ, HO ATTRIBUITO AL PAPA COSE CHE NON MI HA MAI DETTO”

Category: Media e informazionegiorgio @ 22:55

scalfari-francesco

 

 

Eugenio Scalfari spiega il suo metodo di lavoro:

Cerco di capire la persona che intervisto, non prendo appunti né registro la conversazione. Poi scrivo le risposte con parole mie. Sono dispostissimo a pensare che alcune delle cose scritte da me e a lui attribuite, il Papa non le condivida”.

 


Nov 23 2013

IL MIRAGGIO DEL PAREGGIO DI BILANCIO ITALIANO

Category: Economia e lavoro,Monolandia,Società e politicagiorgio @ 22:13

pareggio bilancio

 

Negli questi ultimi anni, in questo paese chiamato Italia, sentiamo sempre più parlare dell’agognato “pareggio di bilancio”, in nome di queste tre parole i nostri cari governanti, non eletti, ci stanno obbligando ai sacrifici più alti dal punto di vista economico ma anche sociale. Per cercare di essere sicuri di raggiungerlo l’hanno pure messo in Costituzione, come se di solito all’Italia della propria Costituzione importasse qualcosa.

 

Comunque in nome di quest’ultimo, hanno portato la tassazione italiana al top a livello mondiale (record di cui esserne davvero fieri), hanno tagliato i servizi, hanno impoverito i pensionati, hanno fatto suicidare imprenditori ed operai, hanno fatto raddoppiare il livello di povertà e disoccupazione, soprattutto giovanile, hanno costretto le aziende a chiudere qua in Italia per andarsene anche appena oltre confine per poter continuare a sopravvivere.

 

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Nov 23 2013

CONTRO I LADRONI DI STATO L’EVASIONE FISCALE È UN DOVERE MORALE

Category: Economia e lavoro,Monolandia,Società e politicagiorgio @ 20:18

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di LEONARDO FACCO

 

Tre notizie, ieri, mi hanno infastidito: la prima, è che i capigruppo delle varie “gang” politiche che affollano la Camera hanno l’abitudine di bruciare i loro conti, onde evitare che le prove delle loro malefatte possano finire sotto la lente di qualche controllore; la seconda, è che tra i parassiti che imperversano in Parlamento, ce n’è sempre qualcuno che infila un qualche emendamento tra le leggi in discussione per mantenere intatti i privilegi che essi stessi si sono concessi. Stavolta è toccato ai vitalizi dei consiglieri regionali; terzo, che l’inutile “Garante della privacy” (l’ennesimo boiardo di Stato mantenuto coi soldi dei contribuenti) ha dato il via libera all’Agenzia delle Entrate affinché possa ficcanasare a suo piacere i nostri conti correnti.

 

Nonostante questo, più tutto il pregresso del caso, siamo ancora costretti a subire le prediche di trinariciuti del calibro della Gabanelli e di Santoro, che non perdono occasione per mettere sotto inchiesta l’evasione fiscale, ovvero l’ultimo baluardo di resistenza pacifica – per dirla con le parole di Charles Adams – che rimane ai vessati di questa penisola, sottoposti ad un’infernale pressione contributiva che rasenta, ormai, l’esproprio totale. In Italia, ahimè, lo Stato tassatore e canaglia gode di grandi consensi ed ha assoldato un esercito di locuste improduttive, quelle che – non casualmente – ritengono doveroso ed opportuno aumentare i controlli tributari. Vi sono scherani del Leviatano dappertutto: nelle università, nella “società incivile e clientelare”, nei media, tra le caste varie della politica e della sotto-politica, ma finanche tra quelli che si son messi in testa di fermare il declino. Tutti odiano gli evasori, ma tutti lo sono (seppur in modi differenti), per il semplice fatto che a nessuno piace vedersi espropriare gran parte del frutto del proprio lavoro.

 

Nonostante non vi sia politico, o un suo lacché, che non dica che le imposte vanno abbassate (slogan ritriti di cui abusa pure Monti), la lezione di Laffer che con aliquote più basse si aumenta il gettito fiscale, in questa landa libico-mediterranea non è mai stata applicata, perché non è mai stata imparata, dato che il taglio delle spese pubbliche non è gradito ai frequentatori dei Palazzi. Al contrario, i diritti del contribuente italiano sono violati vergognosamente e di continuo, persino quando sono stati promulgati dallo Stato stesso sotto forma di leggi e statuti. Inoltre, Equitalia è il braccio armato di chi ha in animo solo di distruggere la ricchezza, anziché produrla.

 

Accettare passivamente la violenza dello Stato tassatore significa legittimare una condizione di schiavitù a cui sono sottoposti i cittadini, troppo spesso condizionati da slogan – falsi e tendenziosi – tipo quell’infame “pagare tutti per pagare meno”.  Vi ricordo, senza timor di smentita, cosa insegna la prassi: se tutti pagassero il dovuto, è certezza matematica che il maggior gettito si tradurrebbe in maggiori spese da parte degli apparati pubblici, sempre pronti a sprecare denari per alimentare consenso e clientele. La cura del governo dei tecnici ne è la riprova: nonostante un aumento ferale delle gabelle, il debito pubblico è cresciuto di 90 miliardi di euro in un anno! Se analizzate la serie storica relativa all’aumento della spesa pubblica, e la confrontate con quella afferente la pressione fiscale, ve ne convincerete.

 

Lo Stato massimo ha indottrinato ben bene i suoi sudditi ad odiare l’evasore fiscale, i paradisi fiscali, gli esportatori di capitali, facendoli passare per dei furfantelli che rubano a qualcun altro. A me non pare che chi vuol tenere per sé ciò che ha onestamente guadagnato sia un mariuolo. Semmai, il malfattore è chi pretende da lui i tre quarti del suo fatturato, per poi andarselo a spendere in videopoker o a puttane. E’, insomma, doveroso coltivare nell’opinione pubblica un senso di avversione all’invadenza governativa e all’interventismo (finalmente non regge più nemmeno la balla che senza tasse i servizi non esisterebbero), nonché il rifiuto dell’esercizio indiscriminato e irresponsabile del potere fiscale. Anche perché – e questo forse non è ancora ben chiaro a tutti – il 99% delle rivoluzioni ha preso avvio da una rivolta fiscale.

 

Rassegnatevi però o voi che votate e sperate nell’urna: qui da noi, non aspettatevi alcun ribaltamento per via elettorale. Bisogna fare da soli. Quanti più saremo a difendere i diritti del nostro portafoglio tanto più avremo davanti un futuro roseo. La Catalogna ha accelerato la sua rivoluzione secessionista perché la crisi ha fatto da detonatore e la resistenza fiscale – oltre all’appartenenza ad una comunità – è qualcosa di più che una minaccia. Anche i fiamminghi, che anelano l’indipendenza, ne han piene le tasche di mantenere i valloni. Gianni Rodari non sbaglia quando sostiene “che è inutile parlare di libertà ad uno schiavo che pensa di essere un uomo libero”, e che non sa che l’alternativa alla ribellione è pagare in silenzio, senza lamentarsi troppo della corda che si stringe al nostro collo. Lo ribadirò fino alla noia: “Non esiste alcuna libertà politica senza libertà economica”. Se non la pensate così, mettetevi in fila fin dal 30 novembre prossimo, dato che c’è da versare il 96% dell’acconto Irpef del 2013.

 

Come diceva Barry Goldwater “l’estremismo, nella difesa della libertà, non è un vizio. La moderazione, nel perseguimento della giustizia, non è una virtù”. Per chi ti punta una pistola in faccia intimandoti “o la borsa o la vita” non può esserci rispetto. Senza la convinzione e il coraggio di resistere al Fisco (come insegnava anche quel buon uomo di Gandhi), senza l’orgoglio di dire sul muso ai ladroni di Stato che “evadere le tasse è un dovere morale” , non resta – per chi rimarrà in Italia – che la sopraffazione, l’agonia, la decadenza e l’umiliazione.

 

 

Fonte: visto su L’Indipendenza del  17 novembre 2012

Link: http://www.lindipendenza.com/ladroni-stato-evasione-fiscale/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ladroni-stato-evasione-fiscale

 


Nov 23 2013

ECCO COME FREGARE IL FISCO TIRANNICO: I SEI 6 MODI PIÙ USATI

Category: Economia e lavoro,Monolandia,Società e politicagiorgio @ 20:07

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di LEONARDO FACCO

 

Se le tasse sono un furto – e in Italia lo sono – non pagarle è legittima difesa. Guai a dirlo, però, passereste per i soliti criminali, che non vogliono dare allo Stato (ladro per antonomasia) il frutto del loro lavoro, indispensabile per mantenere milioni di parassiti, che quando non pasteggiano a ostriche e champagne, si fanno rimborsare anche i 50 cents che spendono per andare al cesso.

 

Nel frattempo, la pressione fiscale sta stracciando ogni record, le spese delle zecche di cui sopra (e delle loro clientele) crescono e quel poco che rimane della classe di produttori di ricchezza muore. Per ovviare a cotanto furto legalizzato, c’è chi se ne va o se ne è andato. Chi, invece, ha scelto di scendere per le strade (accadrà il 9 dicembre) per cacciarli, chi evade quel che riesce ad evadere e chi adotta altre strategie elusive.  Di seguito, ne elenchiamo sei, che per “l’Unità di Informazione Finanziaria” sono definite le più diffuse “piaghe che affliggono l’Italia”, veri e propri “schemi di evasione”, i più utilizzati.

 

1. Conti correnti personali per aziende – Uno degli schemi che ha ricevuto più segnalazioni (oltre 5mila delazioni nel 2012) è quello che prevede l’utilizzo di conti correnti privati per operazioni svolte da una società. Il meccanismo è il seguente: un’azienda versa su conti correnti intestati ad amici e parenti parte dei propri ricavi, evitando così di fatturarli all’interno del bilancio. La mancata inclusione nel bilancio determina quindi che le tasse a carico della società si frazionino tra più soggetti, diminuendo quindi l’ammontare delle tasse da pagare al Fisco. La parte deviata sui conti correnti dei privati diventa quindi la somma che l’azienda elude.

 

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Nov 23 2013

GLOBALIZZAZIONE: UN MITO AL CAPOLINEA

Category: Economia e lavoro,Mondo,Monolandiagiorgio @ 07:59

 

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Un amico che lavora al controllo gestione di una multinazionale mi raccontava della frustrazione nei costi di trasferimento di certi servizi interni in paesi remoti. Credevo si trattasse solo di sviluppo software (sono di moda gli indiani) o di call center dove gli operatori in teoria costano molto meno (i paesi anglofoni vanno in India o estremo oriente; i Francesi in Africa; gli spagnoli in sudamerica e noi italiani tipicamente in Romania) e dove vengono affidati i servizi di help desk alla clientela finale o alla clientela interna: invece anche tutta una serie di servizi di back-office, gestione amministrativo-contabile, vengono sempre più spostati in paesi con lingue, culture, abitudini diverse dalle nostre. Quello che ci hanno insegnato è sempre stato: si fa così per sfruttare un costo del lavoro più basso, sfruttare economie di scala, e grazie ai servizi avanzati di di telecomunicazioni (mail, telefono, audio e video conferenze, webmeeting, workgroup, sharepoint e via dicendo) si lavora come se si fosse tutti nella stessa stanza, sfruttando competenze, disponibilità di capitale umano che stanno da altre parti del mondo.

 

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Nov 23 2013

IL MONDIALISMO

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Maurizio Lattanzio

 

 

«Il mondo si divide in tre categorie di persone:
un piccolissimo numero che produce gli avvenimenti;
un gruppo un poco più numeroso che vigila alla loro esecuzione
e ne segue il compimento, e, infine,
una stragrande maggioranza che non conosce mai
ciò che si è prodotto in realtà»

 

Il termine mondialismo si riferisce ad una concezione politico-culturale di cui si fanno portatori e diffusori potenti gruppi tecnocratico-plutocratici occulti o, quanto meno, defilati, non esposti alle luci dei riflettori -cioè dei mass-media sapientemente manovrati- che illuminano la grande ribalta politica internazionale. Costoro operano tramite istituzioni parimenti occulte o, se si preferisce, semi-pubbliche (Trilateral Commission, Bilderberg Group, Council on Foreign Relations, Pilgrims Society, sistema bancario internazionale, ecc.), con l’obiettivo di giungere alla realizzazione di un progetto che prevede l’instaurazione di un unico Governo Mondiale, depositario del potere economico, politico, culturale e religioso. Le articolazioni strutturali di un simile progetto -già in via di attuazione, si pensi solo all’Unione Europea- sono fondate sulla integrazione dei grandi insiemi (USA -in posizione preminente- Europa Occidentale, Giappone, Russia e relativi satelliti, Cina Popolare, Terzo Mondo), che saranno sottoposti al dominio dei tecnocrati-funzionari dell’apparato di potere plutocratico installato nei consigli di amministrazione delle banche e delle multinazionali. Sono le strutture operative del comando oligarchico dal quale l’Alta Finanza internazionale pianifica e concretizza l’asservimento dei popoli mediante i diabolici meccanismi della Grande Usura. [1]

 

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