Maurizio Lattanzio
«Il mondo si divide in tre categorie di persone: un piccolissimo numero che produce gli avvenimenti; un gruppo un poco più numeroso che vigila alla loro esecuzione e ne segue il compimento, e, infine, una stragrande maggioranza che non conosce mai ciò che si è prodotto in realtà»
Il termine mondialismo si riferisce ad una concezione politico-culturale di cui si fanno portatori e diffusori potenti gruppi tecnocratico-plutocratici occulti o, quanto meno, defilati, non esposti alle luci dei riflettori -cioè dei mass-media sapientemente manovrati- che illuminano la grande ribalta politica internazionale. Costoro operano tramite istituzioni parimenti occulte o, se si preferisce, semi-pubbliche (Trilateral Commission, Bilderberg Group, Council on Foreign Relations, Pilgrims Society, sistema bancario internazionale, ecc.), con l’obiettivo di giungere alla realizzazione di un progetto che prevede l’instaurazione di un unico Governo Mondiale, depositario del potere economico, politico, culturale e religioso. Le articolazioni strutturali di un simile progetto -già in via di attuazione, si pensi solo all’Unione Europea- sono fondate sulla integrazione dei grandi insiemi (USA -in posizione preminente- Europa Occidentale, Giappone, Russia e relativi satelliti, Cina Popolare, Terzo Mondo), che saranno sottoposti al dominio dei tecnocrati-funzionari dell’apparato di potere plutocratico installato nei consigli di amministrazione delle banche e delle multinazionali. Sono le strutture operative del comando oligarchico dal quale l’Alta Finanza internazionale pianifica e concretizza l’asservimento dei popoli mediante i diabolici meccanismi della Grande Usura. [1]
La manifesta aspirazione a fare dell’ordine di valori di cui si è portatori il centro di gravità di un processo di unificazione mondiale, è stata sempre caratteristica costante di ogni forma tradizionale, di ogni religione e, più ampiamente, di ogni movimento di Idee ispirato ai valori della tradizione. È la ordinato ad unum, l’universalità -cioè il progetto di integrazione dei popoli nel quadro di un ordine gerarchico a contenuto etico-spirituale, modellato sui valori dell’Essere e culminante nella dimensione metafisica o Unità Principale (chi “sa” mi intende …). Ciò avviene all’interno di differenziate e organiche forme tradizionali conformi alle vocazioni spirituali e alle conformazioni etiche delle diverse comunità umane.
Il mondialismo, invece, è la scimmia dell’universalità; è la contraffazione antitradizionale delle idealità universali che hanno omogeneamente permeato le costruzioni politiche ed hanno ispirato le vicende storiche delle Civiltà tradizionali. L’universalità è un sistema di gerarchie ontologiche che configurano un ordine piramidale ascendente lungo un asse cosmico verticale, mentre il mondialismo, al contrario, è la materializzazione e la decomposizione internazionalistica in senso orizzontale dell’idea-forma universalistica. É la reductio ad unum, un processo dissolutivo discendente, il cui tratto distintivo è il riduzionismo, cioè la degradazione dell’umanità ad una poltiglia indifferenziata, secondo i perversi ritmi scanditi da condizionanti e alienanti dinamiche massificatorie. Punto d’arrivo è la serie degli individui-robot che ripetono demenzialmente uno stesso tipo dalle bestiali caratteristiche di tesaurizzatore, trafficante e consumatore di cose materiali. Questo obiettivo tattico è perseguito dall’oligarchia mondialista in funzione di una strategia di dominio planetario. Religione e politica, nazione e razza, cultura e costume, diventeranno puri nomi carenti di qualsivoglia contenuto; rappresentazioni multicolori da immettere nei mercantili e cosmopoliti circuiti della società mondiale dello spettacolo; allucinazioni collettive che surrogano la realtà, estraendo da ogni organico rapporto di interazione con il mondo interiore dell’uomo, il quale, del resto, dovrà essere ed è sostituito da una scatola vuota riempita, anzi, meglio, ingozzata dai falsi bisogni -ci sono anche idioti che li chiamano aspirazioni (sic!)- indotti dall’alienazione consumistica a fini di conservazione e di potenziamento del sistema capitalistico internazionale. Ridotto il valore ad interesse, l’individuo diventa schiavo della ricchezza e, conseguentemente, di coloro che la creano, la controllano e se ne servono con diabolica perizia.
L’istituzione mondialista è occulta, o, se si preferisce, per dirla con Bordiot, «discreta». È quindi necessario l’uso di una metodologia interpretativa storico-politica e sociologico-giuridica che miri alla individuazione di due oggetti o, meglio, di due aree di indagine situate in dimensioni diverse: quella dell’istituzionalità pubblica e quella dell’istituzionalità occulta. Queste due nozioni sono meri rilievi descrittivi; per quanto riguarda l’aspetto sostanziale, è più appropriato parlare, rispettivamente, di società «strumentalizzate» e di società «strumentalizzanti».
Il complesso istituzionale pubblico è il quadro di riferimento giuridico-costituzionale nel cui ambito si snoda la vita politica ufficiale delle nazioni (governi e parlamenti, partiti e sindacati, dichiarazioni politiche e prese di posizione diplomatiche, ecc).
L’istituzionalità pubblica presenta dei profili e delle dinamiche esterne, apparenti, palesi, a volte addirittura appariscenti, che si articolano in una serie di atti e di fatti, i quali, ripresi, rilanciati e, soprattutto, gonfiati dai mass-media, servono alla fabbricazione delle opinioni che saranno poi propinate come materia di dibattito, nel libero confronto democratico, alle turbe di imbecilli che infestano l’epoca contemporanea.
L’istituzionalità occulta o, per usare un eufemismo, ufficiosa, è il complesso degli organismi privati (consorterie ebraico-massoniche, Banca, Multinazionale, CFR) privi di qualsiasi rilievo giuridico-costituzionale, mediante i quali l’oligarchia matura le scelte funzionali alla realizzazione dell’obiettivo strategico ultimo: il raggiungimento del potere mondiale.
La corte degli stracci che cela l’esistenza e l’operatività della dimensione istituzionale occulta, è rappresentata dall’istituzionalità pubblica. Essa provvede all’esecuzione di decisioni e progetti adottati dall’oligarchia mondialista in ambienti esclusivi, ristretti, sottratti a qualunque forma di controllo popolare e in regime di assoluta irresponsabilità. Il complesso istituzionale occulto decide felpatamente al riparo da occhi indiscreti; il complesso istituzionale pubblico esegue tra i grandi clamori e le scintillanti coreografie approntati dagli squallidi giullari dell’informazione del Sistema.
La dimensione occulta è il luogo politico, l’ambito di ricezione e lo spazio di aggregazione delle risultanti del processo di distillazione e condensazione verso l’alto sociale dei soggetti, delle tendenze etiche e delle connotazioni psicologiche che caratterizzano in senso mercantile e materialistico la borghesia e il proletariato. Siamo di fronte a categorie economiche che, nel corso dell’esercizio della loro prassi di potere, non possono esimersi dal subire un processo di decantazione che proietti ai vertici delle loro società -rispettivamente, all’ovest come all’est- l’oligarchia tecno-plutocratica e l’oligarchia tecno-burocratica. Esse -data l’identità del materiale umano da cui sono formate, delle premesse ideologiche illuministiche da cui muovono e dall’azione di collegamento omogeneizzante sviluppata dalle componenti tecnocratiche, comune ai due sistemi- sono quindi destinate alla fatale convergenza mondialista.
Dunque da non sottovalutare gli impulsi alla interazione -l’istituzionalità pubblica li definisce «pacifica cooperazione internazionale»- indotti nei due «massimi sistemi» contemporanei dalle tecnocrazie operanti al loro interno, allo scopo di pervenire a una gestione unitaria, su scala mondiale, dei meccanismi di produzione, al di sopra delle distinzioni politiche e al di fuori dei vincoli di sovranità degli stati nazionali.
MA QUALI SONO LE ORIGINI STORICO-CULTURALI DEL MONDIALISMO? A QUALI REFERENTI CULTURALI DI FONDO VA RICONDOTTO QUESTO FENOMENO SOVVERSIVO OPERANTE ORMAI DA SECOLI?
Universo religioso-culturale dell’ebraismo e massoneria -le cui vicende storiche si intrecciano inscindibilmente con quelle dell’ebraismo, il quale, alla fine, ne farà un suo prezioso strumento- sono la cornice teorica nella quale inquadrare il fenomeno mondialista.
In origine la Massoneria è un’organizzazione iniziatico-spirituale, espressione, relativa al piano delle forme storiche, procedente dalla dimensione informale nella quale si situa la Tradizione Primordiale.
Rispetto ad essa, la Massoneria rappresenta una Via di partecipazione basata sull’analogia simbolica esistente tra i gradi ontologici della realizzazione spirituale e l’arte della costruzione degli edifici, cioè la «muratoria». Si tratta della «massoneria operativa», formata da adepti: i massoni, i quali svolgono un’attività materiale inerente alla costruzione di edifici e, forse, di templi e cattedrali le cui linee architettoniche esprimono una simbologia metafisico-tradizionale. Di qui l’intima connessione tra massoneria operativa e corporazioni medioevali.
«La costruzione materiale -scrive Julius Evola [2]- divenne cioè una semplice allegoria per un’opera creativa interna e segreta; il tempio esteriore fu simbolo per quello interno; la pietra grezza da squadrare era la comune individualità umana, da rettificare affinchè fosse qualificata per l’opus transformationis, cioè per un superamento della caducità umana e per l’acquisizione di un sapere e di una libertà superiore, i gradi di tale realizzazione corrispondendo a quelli originari della vera gerarchia della massoneria operativa e non ancora speculativa».
Però, tra i secc. XVII e XVIII, la Massoneria subirà gli effetti di un processo degenerativo che la ridurrà ad organizzazione profana, ispirata a principi laici ed umanitari, che ne faranno la protagonista del secolo dell’illuminismo e la promotrice delle rivoluzioni borghesi dei secoli successivi. «Effettivamente nel quadro del processo controiniziatico che vide organizzazioni regolari e tradizionali, o i loro residui, cadere in preda di influenze di segno opposto, anche molte logge massoniche subirono un’inversione di polarità e tradussero in termini individualistici, laici e democratici aspetti del diritto iniziatico, quali, ad esempio, i concetti di libertà, parità, fraternità». [3]
Nell’ambito di questa vicenda che, prima di essere storica, è metastorica, si inserisce la nascita della «massoneria speculativa», cioè della massoneria moderna di Rito Scozzese Antico e Accettato, importante espressione e supporto storico della Sovversione. Essa nasce a Londra il 24 giugno del 1717, giorno della festa di S. Giovanni Battista, patrono dei costruttori delle città. In quel giorno, infatti, quattro logge: “Crown Alehouse“, “Apple the Taverne“, “Rummer and Grape“, e “Goose and Gridirion Alehouse“, decidono di unificarsi nella “Grande Loggia” di Londra, dalla quale si irradierà un vasto e rapido movimento di espansione che, nel giro di 10-15 anni, vedrà l’Europa punteggiata di logge massoniche.
La Massoneria speculativa ad indirizzo illuministico ed aconfessionale, diventerà il punto di aggregazione di filoni di pensiero ad orientamento umanitario e cosmopolita sparsi nell’Europa; essa ne farà i coefficienti di organizzazione, secondo i moduli di un abile sincretismo, di una ideologia laico-democratica ed egualitaria, il cui internazionalismo di fondo, negatore delle specificità etnico-culturali dei popoli e delle civiltà, sarà la solida piattaforma su cui poggiare la «Repubblica Universale» ispirata ai valori del deismo razionalista e vagheggiata -tra gli altri- anche dal massone Giuseppe Mazzini.
Nel corso della storia, l’ebraismo si infiltrerà massicciamente nelle logge massoniche, fino a farne sostanzialmente un suo strumento -per altro conforme- di cui servirsi per l’attuazione dell’aspirazione ebraica all’egemonia mondiale.
Nel 1773 [4], a Francoforte di Baviera, l’ebreo Mayer Amschel Rothschild -fondatore della casa bancaria omonima- riunisce nella sua casa d’affari 12 alti esponenti del mondo bancario, finanziario e industriale per presentare loro lo schema di fondo di un piano di dominio mondiale. Rothschild affiderà al consanguineo Adam Weishaupt il compito di fornire un decisivo contributo al raggiungimento di questo obiettivo.
Nel 1776 [5] nasce l’Ordine degli Illuminati di Baviera o “Gesellschaft der Perfectibilisten”, associazione di indirizzo gnostico-razionalista alla cui fondazione -oltre a Weishaupt- concorreranno gli ebrei Wessely, Moses Mondelssohn, unitamente ai tre banchieri, parimenti giudei, Itzig, Friedlander e Mayer. Il programma [6] degli Illuminati contiene riferimenti teorici che costituiranno i cardini del pensiero radicaldemocratico successivo, specie marxista, e dell’ideologia che alimenterà “I Protocolli dei Savi Anziani di Sion” e il “Patto Sinarchico“. In questo programma si afferma la necessità dell’abolizione della proprietà privata e del diritto ereditario, del capovolgimento dell’ordine politico sociale, della lotta contro le religioni, di rivoluzione permanente internazionale. Inoltre nel punto 20 si descrivono i lineamenti di un Unico Governo Mondiale, la cui direzione politica, nel punto 23, è riservata ad una classe dirigente tecnocratica (finanzieri, industriali, scienziati, economisti).
Nel 1782 [7], al congresso massonico di Wilhelmsbad, l’Ordine degli Illuminati confluirà nella Massoneria che, di li a pochi anni, ricoprirà un ruolo centrale nel sussulto sovversivo del 1789, mentre nei secoli seguenti porterà a termine l’attacco decisivo all’ordine aristocratico europeo. Infatti l’assalto coordinato all’Europa aristocratica sarà messo a punto nel corso del Congresso Massonico Internazionale di Strasburgo tenutosi nel 1847.
L’anno seguente -il 1848 delle barricate tanto care all’oleografia risorgimentale- l’Europa vacillerà sotto i colpi della sovversione giudaico-massonica: da Parigi a Vienna, da Milano a Berlino, da Venezia a Madrid, da Roma a Napoli, le pretestuose parole d’ordine (indipendenza nazionale, costituzione liberale, ecc.) e i metodi insurrezionali -i cui sincronismi spaziali e temporali lasceranno chiaramente intuire un’unica regia- non riusciranno a mascherare il vero obiettivo dell’attacco: lo Stato aristocratico-gerarchico e l’universo politico-ideale che le sorregge.
Il Talmud ha rappresentato il tessuto unificante e l’elemento di coesione che ha garantito all’ebraismo della Diaspora la conservazione della sua profonda identità religiosa, spirituale ed etico-culturale, a dispetto della sua dispersione nel mondo. In esso e nella cultura dell’ebraismo diasporico sono rintracciabili i più solidi riferimenti storici e religioso-culturali del fenomeno mondialista.
Originariamente la forma tradizionale ebraica si riconnette alla tradizione Primordiale, la cui origine metafisica e non-umana opererà un’indubbia azione disciplinatrice e rettificatrice nei confronti delle perverse e dissolventi tendenze presenti nel corpus razziale ebraico. L’ebraismo, comunque, non si sottrarrà ad un processo di decadenza -comune ad altre forme tradizionali e riferibile ad un periodo compreso tra l’VIII e il VI secolo a.C.- che affonda le sue radici nel piano della metastoria, e che propizierà nell’ebraismo un’assunzione profana e materializzata dei princìpi dell’antica tradizione, soprattutto il tema dell’elezione divina del popolo ebraico. «Questo tema che nell’ebraismo antico era stato contenuto, bene o male, entro il quadro organico di una tradizione, subì, col degenerare della tradizione in un tradizionalismo residuale, un processo di materializzazione, dando luogo a un razzismo intransigente e ad un risentimento smisurato nei riguardi dei non ebrei. (…) la fine politica degli ebrei, la loro dispersione, la loro condanna in quanto popolo deicida fecero scattare, come un’idea di rivalsa e una speranza di revanche, la teoria di Israele quale popolo destinato al comando universale. La volontà di dominio mondano, prodotta e giustificata dalla laicizzazione del tema biblico della scelta di Israele quale “popolo di Dio“, si legò a un desiderio sfrenato di ricchezza materiale e a una pronunciata propensione per il mercato; e ciò, in parte, è senza dubbio da mettersi in relazione con la materializzazione di un altro motivo tradizionale: quello del Regno». [8]
Il Talmud è la raccolta giurisprudenziale costituita dall’esegesi e dal commento rabbinico del Vecchio Testamento; la codificazione dei rabbini diventerà quindi la depositaria dell’identità cultural-razziale dell’ebraismo.
Secondo l’ebreo Graetz, storico del giudaismo, «il Talmud è stato il simbolo che ha tenuto assieme i Giudei dispersi nei vari paesi, custodendo l’unità del Giudaismo». Un altro ebreo, I. Epstein, scrive: «… ed è il Talmud che ha formato le dottrine religiose e morali del giudaismo odierno». Senz’altro interessante la considerazione di alcuni passi del Talmud:
«Il Messia darà agli Ebrei il dominio del mondo, al quale serviranno e saranno sottoposti tutti i popoli» [9]. Oppure:
«Il Santissimo parlò così agli Israeliti: Voi mi avete riconosciuto come unico dominatore del mondo, e perciò io vi farò gli unici dominatori del mondo». [10] E, ancora:
«Tutti i popoli verranno al monte del Signore e al Dio di Giacobbe e saranno soggiogati dagli Israeliti». [11]
L’etica talmudica, nel corso dei secoli, si sedimenterà nell’anima razziale del popolo ebraico, facendone il principale supporto antropologico delle forze dell’Antitradizione e il più efficace propagatore storico dei processi sovversivi che da essa si esprimono. L’idea-forma mercantile, concepita come condizione dell’anima, connotazione psicologica e status interiore, troverà nel giudeo il riflesso storico più omogeneo e conforme. Ben presto, però, essa esprimerà un’ampia tendenza espansiva che la condurrà a valicare i confini delimitati dall’unità etnica -la razza ebraica- postasi in origine quale sua condizione di manifestazione.
Dal punto di vista storico e culturale, questo straripamento etico si renderà palese attraverso «… quella mercantilizzazione dell’esistenza che trovò, almeno in sette secoli di storia europea (effettualmente, data l’europeizzazione del mondo, oggi si può dire, purtroppo, della storia mondiale), nell’anima ebraica la sua matrice più frenetica e virulenta, e nell’ebreo il suo tipico, più incisivo e potente, veicolo d’infezione». [12]
L’affermazione e la diffusione della mentalità giudeo-mercantile -tramite le ideologie individualistiche e materialistiche- anche tra i non ebrei, rappresenterà una decisiva vittoria giudaica. L’ebraismo fornirà un contributo primario alla propagazione delle ideologie cosmopolite, ma, allo stesso tempo, custodirà gelosamente la propria identità razziale, culturale e nazionale, conscio del fatto che ciò gli avrebbe assicurato una fondamentale posizione di preminenza e di vantaggio nei confronti di popoli sradicati e di civiltà dissolte nella massificazione mondialista.
«Facciamo notare che noi Ebrei siamo una nazione singolare, della quale ogni ebreo è suddito incondizionatamente, quali che siano la sua residenza, il suo mestiere e la sua fede». (Luigi Brandeis del Tribunale Supremo degli Stati Uniti). Joseph Morris, rabbino londinese, autore dell’opera “Israele una Nazione”, sostiene che «… Israele costituisce una grande nazione (…) Nessuna setta, nè comunità religiosa avrebbe il diritto di portare tal nome (…) Negare la nazionalità ebraica equivarrebbe a negare l’esistenza degli Ebrei». O, ancora, Mosè Hess dall’opera “Roma e Gerusalemme”: «Ogni ebreo appartiene alla propria razza e di conseguenza al giudaismo e non ha importanza alcuna che egli stesso e i suoi antenati abbiano rinnegato la propria fede religiosa».
L’internazionalismo finanziario, accompagnato e coperto dagli alibi ideologici e dalle parole d’ordine pacifiste e umanitarie, sarà un corrosivo fermento cosmopolita che aprirà continuamente varchi alla marcia, apparentemente inarrestabile, del progetto relativo al “One World“, cioè al livellamento e all’unificazione mondialista degli uomini e dei popoli ridotti a segatura senza identità, senza rango, senza razza, in una parola: senza senso.
«Non esiste -scrive Jean Izoulet [13], professore di filosofia al Collége de France- che un solo problema sulla terra, ed è il problema di Israele. Problema delle due facce, di cui la faccia interna è il laicismo (rapporti tra scienza e fede) e la faccia esterna, l’internazionalismo (rapporti tra patria e umanità). Laicismo e internazionalismo sono le due facce del giudaismo».
Il denaro diventerà strumento di attualizzazione ed elemento di mediazione del rapporto di schiavitù che lega gli individui -ormai sradicati- all’oligarchia giudeo-plutocratica; l’individuo schiavo del denaro è automaticamente schiavo degli usurai che detengono il monopolio dell’emissione della moneta e della distribuzione del credito. «Dallo stato caotico dell’economia il genio ebraico sviluppò il sistema del capitalismo organizzato, grazie allo strumento più efficace: il sistema bancario …». [14]
L’egemonia ebraica nelle banche e nelle istituzioni finanziarie configurerà i coefficienti di organizzazione di una struttura mercantile internazionale; il pianeta sarà concepito come un immenso mercato che faccia da premessa per la realizzazione di un progetto di unificazione mondiale che, partendo dal piano economico, investirà via via il piano sociale, politico, culturale, religioso.
«Per questa oligarchia il Tempio sarà uno solo, per tutto il mondo cosmico abitato dall’uomo. E si edificherà, nel segreto dei conciliabili bancari, nella Banca del Mondo, centro di emissione dove la cabala degli iniziati trasformerà la carta in oro. Là celebreranno il rito dell’inversione di tutti i valori. Il prodotto che diventa niente; ed il niente di uno straccio di carta che diventa valore, oro. Affinchè il lavoro produca miseria e la miseria intellettuale dei parassiti si trasformi nel controllo di tutte le ricchezze del mondo».
Questi accenni vogliono essere un’introduzione e un contributo alla delineazione dello schema culturale di fondo nel quale si inquadra e dal quale procede la fenomenologia mondialista, che nelle istituzioni e nelle strutture del capitalismo internazionale trova le sue più importanti articolazioni organizzative. La comprensione della cultura del mondialismo è la premessa indispensabile per conferire spessore alla conseguente concreta azione di smascheramento basata sulla puntuale denuncia di nomi, atti e fatti che, altrimenti, se non ricondotti alla logica profonda che li sottende, perderebbero la loro efficacia dimostrativa.
La battaglia culturale del sodalizio-comunità nel quale radichiamo la nostra identità sovraindividuale, potrà essere condivisa o respinta, ma, ciò che è certo e che più conta, ad essa non potrà essere disconosciuta una inoppugnabile qualificazione culturale ed un indubbio rigore scientifico.
Maurizio Lattanzio
Note:
1] Giacinto Auriti, “L’ordinamento internazionale del sistema monetario”, Marino Solfanelli editore, Chieti 1987;
2] Julius Evola, “Ricognizioni”, Ed. Mediterranee, Roma 1974;
3] Claudio Mutti, “Stalin, Trotzsky e l’Alta Finanza”, Quaderni del Veltro, Ferrara 1974;
4] Nesta H. Webster, “World revolution, the plot against Civilisation”, Britson P. Co. Devon 1971, 6ª ed., p. 32;
5] Olivia Maria O’Grady, “The beasts of the Apocalypse”, O’Grady Publications, Benicia USA 1959, p. 118;
6] Williams Guy Carr, “Pawn in the game”, St. George Press, Glendale USA 1970, 7ª ed., pp. 26-31;
7] Nesta H. Webster, “Secret Societies and subeversive Mouvements”, Britons Publishing Company, 8ª ed., Londra 1964, pp. 233-234;
8] Claudio Mutti, “Ebraicità ed ebraismo – I Protocolli dei Savi Anziani di Sion”, Ed. di Ar, Padova 1976;
9] Tal. Bab. Trat. Schalb., fol.120, c.l. e Shanedrin, fol. 88 c.2; fol. 99 c.l.;
10] Chenga, fol. 3, 3;
11] Commento ad Isaia, fol.4 c.2;
12] F. G. Freda, “I Protocolli”, op. cit.;
13] Cit. in Yann Moncomble, “La Trilaterale et les secrets du mondialisme”, Ed. Faits et documents, Parigi 1980;
14] “L’ebreo americano”, 10 settembre 1920;
15] “La rivolta del Popolo”, citato in Carlo A. Roncioni, “Il potere occulto”, Ed. Sentinella d’Italia, Monfalcone 1974.
Fonte: visto su AVANGUARDIA
Link: http://avanguardia.altervista.org/mondialismo.htm