di STEFANIA PIAZZO
Dal 1° gennaio 2014 scatta l’incrocio dei dati fiscali. Ma la dittatura fiscale non è solo una questione di tasse. Quando il cittadino viene privato degli spazi che riguardano la propria libertà, derubato da quello spazio di privacy che appartiene agli individui liberi, a cosa stiamo assistendo se non ad un arretramento di civiltà che ci porta nella storia a prima dell’editto di Costantino, con cui l’imperatore pose fine alla persecuzione dei cristiani e proclamò la neutralità dello Stato?
Il fisco italiano è riuscito a fare un salto nella storia di 1.700 anni, ad azzerare le conquiste di spazio temporali di libertà e di scelta. Se l’Editto sanciva una sfera di libertà di piena pertinenza della coscienza, spazio che quello stato non poteva toccare, il fisco italiano in pochi decenni è riuscito nell’impresa epica di azzerare una delle più grandi conquiste di civiltà arrogandosi il diritto di poter toccare tutto. Ciò che si è, ciò che si fa, ciò verso cui ci si muove.
Destra, sinistra, centro, e gli alleati molecolari che ancora oggi corrono a promuovere le coalizioni per restare in sella, sono gli autori di un processo di decivilizzazione che spazza via persino il medioevo con l’habeas corpus. Lì, almeno, ci si poteva difendere, era sancito il diritto di replica, a salvaguardia del diritto della libertà individuale. Il principio era quello di evitare un’ingiusta reclusione in base solo ad un’accusa.
Oggi il fisco fa esattamente l’opposto. Condanna, e condanna anche a morte con la ganascia equitaliana, imprenditori, famiglie, aziende usurate dalle tasse e dal credito d’imposta. Non, non è un paese da habeas corpus ma soprattutto è uno Stato che ha tirato una riga con un rutto sull’editto che quasi duemila anni fa sanciva la libertà di credere in qualcosa, di esercitare in libera coscienza una altrettanto libera manifestazione della propria individualità.
Si poteva cioè credere senza essere perseguitati, si poteva esercitare e sviluppare il proprio culto, muovendosi, spostandosi, senza essere filmati e tracciati dall’impero. Addirittura l’impero risarciva e restituiva i beni confiscati. Il fisco invece ci traccia, ci segue, non ci molla un secondo. Ci confisca tutto. E ci impedisce di usare il denaro contante.
Certo, l’editto di Costantino non era di natura economica, ma l’impero romano in quel frangente diceva che esisteva un angolo di vita in cui essere se stessi, in cui la vita era insindacabile. Ora, il nuovo impero romano ci toglie tutto. Siamo in un protettorato in cui ogni movimento viene monitorato e vagliato dal fisco. Si diceva, appunto, che la dittatura fiscale non è solo una questione di tasse. Infatti, diventa dittatura perché mette il becco nella sfera della libertà individuale e bestialmente la restringe. Sa cosa mangio, cosa acquisto, sa dove spendo, conosce la mia fedeltà a dei consumi, a dei piaceri della vita, registra ogni sera con cosa ceno dopo aver fatto la spesa, e mi sa dire persino dove pago e come pago per vivere.
Un totalitarismo che si manifesta anche nella violazione palese di un diritto sancito dai trattati dell’Europa. Non lo ricordava forse anche Gianfranco Miglio che la libertà di movimento, dei mezzi, delle persone e dei capitali è un tassello fondamentale che incardina la libertà essenziale alla mobilità di ciò che l’uomo crea e che attorno all’uomo libero ruota? Noi,invece, subiamo una doppia imposizione persino sui conti all’estero, viene violata la circolazione dei capitali, ma che importa? La dittatura fiscale, attraverso il fisco, ci toglie la libertà che crediamo di conservare integra.
Persino per il limite dell’uso del contante, l’Italia è asina in Europa. Se per noi è di 999 euro, che dire della Germania che ha fissato il tetto a 14mila euro? Forse che la Germania non ha problemi di controlli antimafia o anticrimine? O l’Inghilterra, con 15mila? Va detto con chiarezza che sull’uso del contante e sui suoi limiti chi ha fatto maggiore resistenza è stato il Movimento 5 Stelle. Attendiamo che altri dicano qualcosa oltre che i soliti refrain.
Un primo decreto teodosiano del 391 vietava metteva al bando qualsiasi sacrificio pubblico o privato, vietava le cerimonie di Stato in uso a Roma, l’idolatria pubblica….. Un secondo editto stendeva le proibizioni anche in Egitto, e un terzo sancì la distruzione degli edifici pagani. Il Dio Stato veniva demolito: oggi paradossalmente ci manca la libertà di Roma, 1700 anni fa.
Fonte: srs di Stefania Piazzo da L’Indipendenza del 9 dicembre 2013