Martirio di Fermo e Rustico; Chiesa Parrocchiale di Colognola ai Colli
CAPO III
SOMMARIO. – Gli Acta SS. Firmi et Rustici – Loro valore – Epoca del martirio dei SS. Fermo e Rustico – Narrazione del fatto – Culto dei santi martiri – Vicende delle preziose reliquie – Dove ora siano.
Il martirio dei santi bergamaschi Fermo e Rustico e la parte gloriosa, che in quel fatto ebbe il nostro vescovo S. Procolo, ci son narrati da un antico manoscritto, che viene sotto il nome Acta o Passio SS. Firmi et Rustici, e più tardi fu più volte pubblicato in opere a stampa (1).
Parecchi sono i codici di quel manoscritto. Il più antico, oggi pur troppo perduto, era quello del monastero di Lobbes, trasportato colà dal nostro vescovo Raterio dopo la metà del secolo X. Oltre quello di Raterio, e probabilmente provenienti da esso, sono vari codici, alcuni conservati a Verona, altri a Bergamo, uno nel monastero Bodacense, qualche altro altrove.
Sul valore di questi Acta disputarono e disputano gli eruditi.
Primo a muover dubbi su di essi fu il Tillemont (2). Questi dubbi però non ritrassero il nostro Maffei dal ritenere questi Acta legittimi ed antichissimi quanto alla sostanza, ammettendo insieme che qualche aggiunta o viziatura vi sia stata introdotta dai copisti posteriori: anzi egli ritiene che chi in origine ha disteso questi Acta ebbe alla mano il processo criminale indicato comunemente col nome Acta proconsularia (3).
Recentemente accennò a dubitar della loro autorità Adolfo Harnack: ma osserva il nostro prof. Cipolla che Harnack «non se ne occupò di proposito, nè si preoccupò delle gravi ragioni mosse in loro favore da Scipione Maffei» (4). Del resto, quale è quella pagina gloriosa nella storia della Chiesa, sulla quale non abbia ingerito dei dubbi il critico protestante? Del valore della prima parte degli Acta, ossia della Passio, non dubitarono punto, nè il sac. Ignazio Zenti, nè il ch.mo prof. Cipolla; i quali ritennero che essi abbiano per fondamento le scritture stesse redatte dai cristiani al momento del martirio, ammettendo insieme che essi risentano l’influsso di qualche aggiunta o di qual che variazione posteriore (5).
Crediamo che nessuno ci possa tacciare di imprudenza, se dietro si gravi autorità ammettiamo come vera nella sostanza la narrazione degli Acta.
Siccome questi Acta, narrando il martirio dei SS. Fermo e Rustico, raccontano alcune particolarità del vescovo di Verona S. Procolo, così è della massima importanza per la cronologia e per la storia della nostra chiesa determinare in quale epoca abbiano sofferto il martirio i nostri santi. Su questo punto sono varie le opinioni degli eruditi, massime veronesi. Alcuni vollero che i nostri santi siano stati martirizzati sotto l’imperatore Massimino, che imperò dall’anno 235 all’anno 238. Così pensavano tra i nostri Dionisi, Cenci, Liruti, Sommacampagna, Gilardoni ed altri: in generale tutti coloro, che collocavano l’episcopato di S. Zeno all’epoca di GalIieno, e si sforzavano di far risalire l’episcopato di sant’Euprepio ai tempi di S. Pietro (6).
Oltre la ragione carissima ai veronesi che in tal guisa si accerta ancor meglio l’alta antichità e forse l’apostolicità della nostra chiesa, questa opinione ha in suo favore un gravissimo argomento negli Acta, dei quali per confessione del Maffei i codici veronesi ed alcuni altri danno l’epoca del martirio dei SS. Fermo e Rustico in questi termini: «Regnante impiissimo Maximino imperatore in civitate Mediolanensi».
Altri autori, e più comunemente i recenti, opinano che il martirio dei due santi sia da ascrivere alla persecuzione di Diocleziano, e che negli Acta sia da leggere: «Regnante impiissimo Maximiano imperatore in civitate Mediolanensi». Così col Maffei pensano i Ballerini, Zenti, Giuliari, Cipolla (7).
Noi non porremo noi stessi ed i lettori nell’intricatissimo labirinto dell’esame dei codici e delle loro vicissitudini. Per noi basta l’autorità di due insigni investigatori delle cose nostre, Maffei e Zenti; i quali dopo uno studio accurato sui codici degli Acta, sui Martirologi e su altri documenti della chiesa veronese, hanno conchiuso doversi il martirio dei due santi ascrivere, non già alla persecuzione di Massimino (235-238), ma a quella di Diocleziano e Massimiano (Erculeo), e precisamente al luglio ed agosto dell’anno 304. Riferiremo soltanto la ragione storica data da essi.
L’imperatore, il quale secondo gli Acta fu presente al processo iniziato a Milano contro i due santi, non potè essere Massimino: questi non fu mai a Milano; ma al primo suo ingresso in Italia morì ad Aquileja ucciso dai suoi soldati nel febbraio o marzo dell’anno 238. All’incontro ben potè trovarsi a Milano l’imperatore Massimiano, quando la persecuzione iniziata a Nicomedia nell’anno 303 fu estesa all’Italia dopo i vicennali celebrati dai due imperatori a Roma sul principio dell’anno 304. Quest’epoca era così certa ad Ughelli e Bonacchi, che, volendo essi ad ogni costo porre S. Zeno ai tempi di Gallieno (a. 260), fecero S. Procolo, non già antecessore di S. Zeno, ma successore (8).
Veniamo alla narrazione degli Acta: Al tempo dell’empio imperatore Massimiano infierì una gravissima persecuzione in Milano. Essendo stato riferito all’imperatore che un certo Fermo nativo di Bergamo e conosciutissimo all’imperatore era cristiano, questi mandò un questore con soldati: mentre Fermo era condotto verso la città, a lui si aggiunse un suo parente di nome Rustico; e così ambedue furono legati e condotti in Milano. L’imperatore li diede a custodire ad un suo consigliere Anolino; li interrogò egli stesso; e, trovatili costanti nel professare la fede cristiana, li fece battere con flagelli e poi ricondurre in prigione. Dopo alcuni giorni, dovendo Anolino venire nelle parti della Venezia, l’imperatore gli affidò
i due carcerati, che furono da lui condotti a Verona e consegnati a C. Ancario (9), vicario di questa città. Anolino si allontanò da Verona: tornatovi dopo sei giorni, li fece tradurre al suo tribunale, e tentata indarno la loro costanza, ordinò che fossero tratti fuori delle mura e decapitati. « Decollati sunt martyres Domini Firmus et Rusticus extra muros civitatis Veronensis super ripam fluminis Athesis sub Maximiano imperatore et Anolino consiliario ejus sub die V. idus augusti ». Secondo antiche tradizioni veronesi, furono decapitati presso il luogo (allora fuori delle mura) dove fino a pochi anni or sono era una chiesetta, detta prima di S. Fermo in Braida, poi del Crocifisso, vicino all’attuale ponte Aleardi.
Abbiamo pure memorie del culto dato da antichissimi tempi ai nostri martiri (10). Non lungi dal luogo del martirio fu ben presto edificata in loro onore una chiesa, e forse vi furono per breve tempo sepolti i loro corpi.
Questa chiesa nella seconda parte degli Acta si diceva «a priscis temporibus in eorum honorem constructa» (11): essa dovea essere, non l’attuale chiesa inferiore di S. Fermo maggiore iniziata nell’anno 1065, ma altra cripta probabilmente esistente nel medesimo luogo e della quale pochi anni or sono (1908) si sperava d’aver trovati alcuni ruderi.
Nel Martyrologium Hieronymianum, che gli editori De Rossi e Duchesne assegnarono alla metà del secolo V., ma sembra derivare da documenti più antichi, sotto il giorno id. aug. si trovano notati i nostri santi. Il Codex Bernensis ha: « In oriente. Firmi. Rustici »; Il Codex Epternensis ha: « In firmi nat. rustici »; il Codex vissemburgensis ha: « In Oriente nat. sanctorum firmi rustici » (12)
Le vicende dei corpi dei due santi ci sono narrate dalla seconda parte degli Acta, detta propriamente Translatio (13), e da alcune leggende formatesi posteriormente sul tenore di tante altre relative alle reliquie di altri santi. La sostanza sarebbe che poco dopo il martirio i corpi dei martiri furono trasportati nell’Africa; di là nel castello di Capri (Capo d’Istria); indi a Trieste. Forse a questo vagare delle preziose reliquie nelle regioni, che stanno ad oriente di Verona, non è estraneo il fatto che due codici del Martyrologium Hieronymianum (e forse tre: «In… firmi») pongono il culto dei due santi martiri in oriente.
Finalmente verso la metà del secolo VIII tornarono a Verona e furono sepolti nell’oratorio già «a priscis temporibus» costruito non lungi dal luogo del martirio: questa traslazione sarebbe avvenuta verso l’anno 751.
Checchè sia dei particolari di queste leggende, certamente il vescovo Annone insieme con la sua sorella Maria (Consolatrice) rimise in grande onore i corpi dei due santi, come ci attesta il Ritmo Pipiniano di poco posteriore ad Annone. Egli fu, che sopra l’altare, che li conteneva, fece stendere quel prezioso conopeo, lavorato forse dalla sua sorella, che in seguito fu detto Velo o Pianeta di Classe, od Iconografia Annoniana: ne parleremo a suo luogo (a).
Da allora fino ai primi decenni del secolo XVIII nessuno tra i nostri dubitò della presenza delle preziose reliquie nel sotterraneo della loro chiesa, e dal 1759 sotto l’altare della chiesa superiore: verso la metà del secolo XVIII alcuni scrittori bergamaschi pretesero di averli sempre avuti nella loro cattedrale. La controversia tra veronesi e bergamaschi fu agitata con calore; finchè prudentemente la S. Sede impose silenzio alle parti contendenti (14).
Intanto sopra un magnifico altare nella cattedrale di Bergamo sta un’urna di marmo con la scritta: «Hic jacent corpora SS. Martyrum Firmi et Rustici et S. Proculi Episcopi »; e noi veonesi riteniamo che i corpi dei SS. Martiri riposino sotto l’altare della loro basilica in Verona, e quello di S. Procolo nella basilica di S. Zeno trasportatovi l’anno 1806 dalla vicina chiesa dedicata un tempo ad onore di lui. – Buon per i veronesi e per i bergamaschi che il culto delle reliquie dei santi è relativo! (b).
NOTE
– 1 Travasi presso MAFFEI, Istoria diplomatica, pag. 303-311 (Mantova 1727).
–2 TILLEMONT, Memoires pour servir a l’hist. eccles., Tom. II, pag. 138.
–3 MAFFEI, Op. e loc. cit.
–4 CIPOLLA, Compendio della storia politica di Verona, pag. 40.
–5 ZENTI, L’epoca dei SS. MM. Fermo e Rustico, (Verona 1881);
CIPOLLA nella recensione dell’opuscolo in Archivio Veneto, XXXII, P. II. (1882).
–6 Vedi specialmente CENCI, Dissert. intorno all’epoca dei SS. Euprepio, Procolo e Zenone (Verona 1788).
–7 Tratta diffusamente la questione ZENTI, Op. cit.
– 8 UGHELLI, Italia sacra, Tom V, 683-691; BONACCHI, S. Zellollis epocha (Pistoriae) 1751
–9 Così il Maffei scioglie il nome Cancario dei codici.
–10 Vedi alcuni ritmi presso ZENTI, Opusc. cit., pag 22, seg.
–11 Secondo il WADDING, Annales Minorum, questi tempi primitivi sarebbero i costantiniani.
–12 DE ROSSI et DUCHENSE, Martyrologium Hieronymianum, pag. 103 (Bruxellis 1894). Sta avanti il Tomo II, P. I, degli Acta Santorum Nov. (Bolland.).
–13 Certamente la Translatio non ha l’autorità della Passio: presso MAFFEI, Op. cit., pago 311-314; spetta alla seconda metà del secolo VIII.
–14 La causa dei veronesi è sostenuta mordicus da BIANCOLINI, Chiese di Verona, I, 321, 332; II, 757.835. In fine, ecc., e Dissert. seconda ecc., (Trento1744). Così pure Vallarsi ed altri.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAPO III (a cura di A. Orlando)
(a) pag. 28. – Vedi più avanti, PIGHI, epoca I, cap. XX.
(b) pag. 28. – Secondo la critica più recente Fermo e Rustico sono due martiri africani, venerati in Verona fin da tempi antichissimi, e più tardi, perduto il ricordo della loro origine, celebrati come se avessero subito il martirio in Verona, Per più ampie notizie cfr. S. TONOLLI, Fermo e Rustico martiri di Verona, in «Bibliotheca Sanctorum» vol. V.
Anche per i primi vescovi veronesi sono da tener presenti gli articoli dello stesso autore in «Biblioteca Sanctorum ».
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I