I probabili resti della chiesa paleocristiana di San Zeno; Piazza Corrubio Verona
Durante i lavori del 2010 per il garage di piazza Corrubio, si è rinvenuto il grande cimitero “romano-paleocristiano” al cui centro i resti di un edificio avente le caratteristiche di una chiesa triabsidata che ci ricorda quella Paleocristiana tardo antica di Concordia Sagittaria . Le tre absidi ci riportano a uno di sermoni di San Zeno dove il vescovo fa il paragone del regno di Dio con la forma della sua chiesa: « Ha tre membra inestimabilmente preziose concorrenti a formare un tutto unico e solo come uno solo è il secretarium che le aduna». I sanzenati, e non solo, non avevano dubbi sull’importanza di quelle tre absidi, e che cosa rappresentasse quella costruzione, ma malgrado avessero messo in campo tutte le loro energie per salvaguardarla, di quella chiesa non si è salvato nulla, nemmeno un sasso.
CAPO X
SOMMARIO. – Prime chiese in Verona – Chiesa eretta da S. Zeno – Memorie dei martiri veronesi – Clero – Monastero di sacre vergini – Solennità della Pasqua – Digiuno quaresimale – Battesimo – Comunione eucaristica – Virtù dei fedeli veronesi – Disordini – Il cristianesimo nelle campagne.
Ammesso che vi fossero cristiani in Verona nei primi secoli, cercano i nostri eruditi dove essi celebrassero le loro adunanze o collette: e comunemente ritengono che usassero celebrarle sulla parte sinistra dell’Adige. Tutte le antiche tradizioni veronesi si accordano nell’accennare i colli, che ora sarebbero S. Pietro e S. Zeno in monte, od i loro declivi. S. Siro avrebbe celebrato dove ora è la Chiesa di S. Libera, o certo a poca distanza da essa: la grotta, che sta alle radici del colle Castiglione (S. Zeno in Monte) dietro l’abside della chiesa di S. Nazzaro, è certo antichissima chiesetta cristiana, e presso di essa secondo il Maffei, avrebbe dimorato il vescovo S. Procolo: antichissima era pure la chiesa, ora distrutta di S. Pietro in castello (in aree); secondo l’Iconografia Rateriana era nel luogo ora occupato dal torione a sinistra di chi guarda il castello.
E la chiesa eretta da San Zeno dov’era?
Il sermone « De spirituali aedificatione» di questa chiesa è quanto si può dire splendido e magniloquente fra tutti i sermoni di S. Zeno (1) . Parlando della nuova chiesa, divenuta « felici numero angusta », egli la dice « domus Dei … arx sacra … domus orationis … ecclesia ». Chiaramente lascia travedere che non le conviene il nome « templum »; essendoché sotto il nome di tempio materiale si potea intendere quello dedicato agli idoli; e d’altronde al Dio vivente « viva templa sunt necessaria »(2).
Della costruzione di questa chiesa parla assai diffusamente: ma è difficile discernere dove s’abbia ad intendere letteralmente, dove allegoricamente. Sembra che essa fosse divisa in tre scomparti «tria illi sunt membra»: il medio per uso dei fedeli; l’inferiore per i penitenti ed i catecumeni, e forse anche per gli ebrei e gentili; il superiore per i sacerdoti, separato dal medio con cancelli, come il Santo accenna in altro sermone (3): avea pure un «secretarium ». Sulle porte si innalzava la croce: « quas ab hostili defendit impulsu in modo Tau litterae prominens signum ».
Questa chiesa, secondo il Da Prato, Venturi ed altri, sarebbe quella antichissima {{ S. Petri in arce» detta dal Panvinio la più antica di Verona; e di fatto da San Zeno la chiesa da lui edificata è detta « arx sacra»: si aggiunge che essa era vicina al teatro, ossia allo « stadium », nel quale i martiri aveano sparso il loro sangue e data la loro vita per la fede in Gesù Cristo, e sappiamo che i fedeli del secolo IV amavano erigere le loro chiese nei luoghi santificati dai martiri e solevano in esse riporre le loro reliquie (4). Noi ameremmo che la chiesa eretta da S. Zeno fosse edificata vicino al luogo, dove esso dimorava, cioè fuori della porta Romana e presso allo stadium.
Argomento per noi gravissimo è l’energica frase di S. Zeno, che tutte le ricchezze della sua chiesa pone, non in argento ed oro, ma nei corpi dei martiri, che essa raccoglieva: « non (inest) aurum, non argentum; quia in suis martyribus computat totu »: si aggiunga che la chiesa edificata ivi più tardi fu detta « S. Stephani ad martyres »: e questo appellativo non le potè venire da martiri posteriori al secolo IV, ma dai cristiani che avean sofferto il martirio nelle persecuzioni dei primi secoli: Giovanni mansionario nella sua Historia imperialis parlando della chiesa di S. Stefano dice: « Heic jacent corpora sanctorum quadraginta Martyrum, qui sub Diocletiano in eadem urbe (Verona) passi sunt ». Per noi la località della chiesa di S. Stefano è il « Sancta sanctorum» di Verona (a).
Poco o nulla sappiamo intorno ai cristiani veronesi, che abbiano dato la vita per la fede di Gesù Cristo. Altrove abbiamo veduto come codici antichissimi presso i Bollandisti ci danno il nome di un martire Felice: « IV Nonas Aug …. Et in Italia civitate Verona, natale Sancti Felicis ».
Altri Codici e tra essi il Wissemb. del Martyrologium Hieronymianum, hanno: «Et in Italia civitate Verona Natalis sanctorum Felicis et sancti Niceti »(5); e d’ambedue questi martiri i Bollandisti conchiudono: «Ex actis etiam patet martyres illos Veronensibus adscribendos esse ».
I nostri scrittori del secolo XVIII annoveravano tra i martiri veronesi Kiberto e Vittoria, le reliquie dei quali erano state scoperte nella chiesa di S. Maria della Fratta il giorno 6 maggio dell’anno 1706. Gli stessi scrittori disputarono molto sull’epoca del loro martirio, altri volendolo attribuire alla persecuzione di Traiano e precisamente all’anno 103 o 107, altri al secolo VII (6). Comunque sia la Chiesa veronese non li riconobbe mai come martiri, non avendo mai prestato ad essi culto liturgico (b).
Per quanto spetta la vita religiosa e morale dei veronesi nella seconda metà del secolo IV, presi sia collettivamente, sia individualmente, abbiamo notizie certe ed abbastanza minute nei sermoni di S. Zeno.
Cominciando dal clero, varii erano gli ordini dei sacri ministri, e la loro « promotio », ossia ordinazione, si faceva dal vescovo nella solennità della Pasqua, e verosimilmente nel sabato precedente alla domenica pasquale (7). Dei suoi sacerdoti S. Zeno commenda l’operosità nell’aiutare il loro vescovo, ma soprattutto la illibata pudicizia « in sacerdotibus pura ». Da una frase del Santo par chiaro, che, se non tutti, certo alcuni sacerdoti vivessero vita comune col vescovo: a giustificazione sua contro qualsiasi ombra invoca la testimonianza dei suoi cooperatori: «certe si quid sciant dicant operarii, qui mecum sunt »(8). In conferma di ciò si ha pure la narrazione di Coronato; il quale afferma che S. Zenone viveva assieme ad alcuni monaci in un luogo solitario.
Nel ceto femminile era coltivata con sommo amore la castità verginale: anzi parecchie fanciulle ne facevano aperta e pubblica professione, e perciò dal santo vescovo son dette quasi per caratteristica propria « nostrae sacrae virgines ». Parecchie di queste professavano lo stato verginale in seno alla propria famiglia; ma alcune si ritiravano pure a condur vita comune in luogo separato dall’umano consorzio. Dell’esistenza di uno di siffatti ritiri verginali abbiamo certe notizie, non solo dal caso della vergine Indicia e dalle lettere di Sant’Ambrogio, ma anche da alcune frasi di S. Zeno: sarebbe uno dei più antichi monasteri di vergini nell’Occidente. Dove esso fosse, è cosa difficile determinare. Il dottissimo sacerdote Giuseppe Brunati, che, quantunque bresciano, si occupò moltissimo delle cose nostre, e dietro di lui il nostro sac. Antonio Pighi, inclinano a credere che fosse là, dove più tardi fu eretta una chiesa ad onore dell’apostolo S. Tommaso, la quale in un documento dell’anno 837 è detta « sancti Thomae puellarum in urbe» (d).
Fra tutte le feste cristiane emergeva la Pasqua, detta da S. Zenone il principio, il centro, il fine di tutte le festività dell’anno.
Per la solennità della Pasqua abbiamo nove sermoni (o sunti) « De Pascha » tenuti da S. Zeno: per occasione del battesimo che si amministrava solennemente nel sabato abbiamo otto sermoni « Invitatio ad fontem » ed altri sette «ad neophytos post baptisma »(9). E’ chiaro che elemento principale della solennità pasquale era la vita spirituale donata alle anime degli ebrei e dei gentili morti alla grazia di Dio. Qualche espressione oscura fa pur supporre che tosto dopo il battesimo si desse il sacramento della confermazione. Altro elemento non meno importante della solennità pasquale era l’ordinazione dei sacri ministri, che si facea nello stesso sabato precedente la domenica di Pasqua. Nella Pasqua, o forse nelle ferie precedenti, si facea pure la riconciliazione dei penitenti, e si invitavano i fedeli alla mensa eucaristica.
Alla Pasqua precedevano « expiationis sacrae casta ieiunia »; durante il qual tempo pare che i coniugati vivessero continenti: « per te (pudicitia) ieiunia legitima celebrantur »(10)
Il battesimo si conferiva ordinariamente per immersione triplice: lo precedeva uno stadio più o meno lungo di istruzione (catecumenato); e nessuno si ammetteva al battesimo, se prima non fosse stato bene esaminato e provato (competente)(11).
Fra le cerimonie del battesimo aveano somma importanza le interrogazioni rituali da parte del vescovo e le promesse da parte dei neofiti, che egli chiamava «flores mei… candidati »: questi si avviavano al sacro fonte portando in mano una croce di legno: ai battezzati si consegnava « denarium aureum triplicis numismatis unione signatum »; sulla natura del quale disputano i nostri eruditi: (12) certamente si dava loro la SS. Eucaristia (13). Dalle esortazioni, che S. Zeno faceva ai neofiti, apprendiamo che grandissimo era ogni anno il numero di coloro che ricevevano il battesimo: in una di esse li dice innumerevoli.
La comunione eucaristica si distribuiva ordinariamente sotto le due specie: certo così si dava ai novelli battezzati nella solennità della Pasqua. Del resto i fedeli usavano comunicarsi di frequente; anzi pare che ancora al tempo di S. Zeno usassero portare alle case loro la SS. Eucaristia. Dal complesso delle espressioni di S. Zeno è chiaro che su questo punto di dottrina vigeva anche nella Chiesa veronese la disciplina dell’arcano (14). Riguardo al rito della distribuzione, S. Zeno accenna che veniva data attraverso i cancelli: «suave redolentibus sacri altaris feliciter enutrit e cancellis »,
Riguardo ai costumi, S. Zeno loda molto la pietà e religiosità dei suoi veronesi, i quali con la loro frequenza alle adunanze religiose rendevano angusta la chiesa da lui testè fabbricata. Ma soprattutto loda in essi la carità e liberalità verso gli indigenti. Dopo aver deplorato la durezza degli avari, volgendosi ai suoi uditori, dice loro: «Sed haec non ad vos, fratres, quorum Iargitas provinciis omnibus nota est, quorum pia semina totius quodammodo orbis per membra jactantur: a vobis multi redempti, multi edictis feralibus liberati: (15) … vestrae domus peregrinis omnibus patent; sub vobis vivus mortuusque numquam visus est nudus »,
Tuttavia in mezzo a tanta vita cristiana v’eran purtroppo anche i disordini. Principale tra questi era l’uso di gozzovigliare in alcune ricorrenze sulle tombe dei defunti, che a tale scopo con troppa facilità si supponevano e si creavano martiri: « amore luxuriandi atque bibendi… subito sibi martyres pepererunt »(16).
Era pur gravissimo inconveniente che le donne cristiane troppo facilmente sposassero uomini gentili, quando era pur facile trovarli cristiani (17).
Deplora pure il santo vescovo l’indifferentismo di alcuni ricchi cristiani; i quali possedendo fondi in campagna, vi lasciavano sussistere e con ciò stesso custodivano le are delle divinità pagane
Difficile cosa è determinare quando e quanto siasi diffuso il cristianesimo nelle campagne, che più tardi appariscono soggette alla giurisdizione (diocesi) del vescovo di Verona.
Tuttavia da alcuni indizii possiamo arguire che, se non nel secolo IV, certo nel seguente il cristianesimo siasi diffuso anche nelle campagne.
Al secolo IV o V potrebbe appartenere un’abside della chiesa certo antichissima di S. Giorgio di Valpolicella: (19) al secolo V vien pure attribuita la chiesa eretta ad onor di S. Zeno nella terra di Lonato: l a chiesa primitiva di S. Floriano non è certo dell’anno 243, come direbbe un’iscrizione che si legge nella chiesa attuale; ma probabilmente non è posteriore a tale epoca che di qualche secolo; indizi di remota antichità cristiana si hanno nella chiesa di S. Salvar a Bussolengo (20).
Inoltre di S. Vigilio, che fu vescovo di Trento dall’anno 385 all’anno 405, sappiamo che predicò il vangelo sulle riviere del Benaco (21). Un indizio di remota antichità del cristianesimo nelle nostre campagne sono le chiese dell’alto medio evo erette ad onore di antichissimi martiri.
Oltrecché ai SS. Apostoli, a S. Giovanni Battista, a S. Zeno, ai SS. martiri Fermo e Rustico, si hanno chiese antiche a martiri attualmente meno noti fra di noi; S. Felice, S. Giorgio, S. Giusto, S. Marziale, S. Stefano, S. Lorenzo, SS. Vito e Modesto, SS. Felice ed Adauto, ecc. Ce). Naturalmente il nome ed il culto di questi santi dovea esser ben noto e radicato nei singoli luoghi da molto tempo prima che si erigessero queste chiese: dunque dovea pure esservi ben diffuso il cristianesimo.
Difficile è pur definire quale fosse l’estensione delle terre cristiane soggette al vescovo di Verona.
Un erudito scrittore di cose nostre nota come la distribuzione attuale della diocesi veronese, che un po’ si inoltra nella provincia bresciana, risente l’antica divisione romana: ciò confermerebbe quanto abbiamo detto or ora della diffusione del cristianesimo nelle campagne; ed aggiungerebbe che l’attuale estensione della diocesi nostra risale al secolo V.
Di questa estensione verso Brescia abbiamo un indizio nella chiesa eretta ad onor di S. Zeno presso Lonato. Abbiamo altro indizio nel vedere esteso alla Val Tenesi il culto di S. Procolo, che fu vescovo nostro sulla fine del secolo III e sul principio del secolo IV.
Nè si opponga che vi si trova pure il culto di S. Savino, che si volle un tempo esser martire bresciano. Il culto di S. Savino a Brescia e nei dintorni non è anteriore alla metà del secolo XVI; e vi fu diffuso dal vescovo Pietro Del Monte, che volle far apparire martire di Brescia S. Savino martirizzato nella cittadella di Bresse in Francia 22. Il culto di S. Procolo vi è di molto anteriore; e potrebbe risalire al secolo V o VI.
Non diamo che congetture; ma forse queste sproneranno qualche studioso a ricerche più fondate e certe.
NOTE
1 – S. ZENO, Sermones, Lib. I, Tract. XIV. – Vedi GIULlARI nelle Note a questo Sermone.
2 – Del resto nel Num. L la dice pur « templum ».
3 – s. ZENO, Lib. II, Tract. XXX. – GIULlARI, Nota d. Alcuni vestigi di cancelli si hanno pure nella grotta accennata del colle Costiglione.
4 – Vedi Civiltà cattolica, Anno 1912, VoI. I, pag. 198.
5 – Martyr. Hieron., editò da DE ROSSI, e DUCHESNE negli Acta SS. Bolland., Tom. II. Nov. Gli editori avvertono che il Codex Paris. ha: « In civitate Romana »; forma, che non ha senso ed è contraria alla dicitura dei Martirologii. (c).
6 – DIONISI, Dei Santi Veronesi, pag. 37, segg. (Verona 1786).
7 – S. ZENO, Lib. II, Tract, L. – Questa pare la testimonianza più antica delle sacre ordinazioni fatte nella solennità della Pasqua. GIULlARI, pag. 269, Nota e.
8 – S. ZENO, Lib. II, Tract. XLIV, 2.
9 – S. ZENO, Lib. II, Tract. XXX – LIII: inoltre Tract. LIV, LIX.
10 – S. ZENO, Vib. II, Tract, XXXVIlI, Vib. I, Tract. TV, 7.
11 – S. ZENO, Lib. II, Tract. XXVII, L . – Vedi GIULlARI, pag. 226, Nota b, pag. 270, Nota b.
12 – Presso GIULlARI, S. Zen. Sermones, pag. 238 Nota a, pag. 259, Nota f.
13 – S. ZENO, Lib. II, Tract. XXXVII. – Vedi GIULlARI. Pag. 242, Nota a.
14 – Vedi SCHELESTRATE, De disciplina arcani, Cap. IV, Art. un. § 5.
15 – Si ritiene che alluda ai cristiani fatti prigionieri dai barbari dopo la battaglia di Adrianopoli l’anno 378: gli editti ferali forse potrebbero essere quelli emanati da Giuliano l’apostata. Vedi GIULIARI Comment. Capp. II. GRANCELLI, S.ZENONE, Cenni stor., II, 10.
16 – S. ZENO, Lib. I, Tract. XV. 6 – Vedi GIULlARI, pag. 113, Nota d.
17 – S. ZENO, Lib. I, Tract. V. 6·9 . Vedi GIULlARI, pag. 52, Nota d . – Il Santo disapprova pure in via generale le seconde nozze.
18 – S. ZENO. Lib. I, Tract. XV, 6.
19 – PRIULI BON, presso Madonna Verona, a. 1912, pag. 141.
20 – BACILIERI, Bussolengo, pag. 20 (Verona 1903).
21 – Negli Acta SS. Bolland., Jun. die 12, Cap. 1, 2, si legge: «Vigilium respectu divino animatum exisse ad territoria Veronensium et Brixianorum, et multitudinem populorum agrestium Christo per baptisma aquisisse ». Vedi CROSATTI. Bardolino, pag. 129 (Verona 1902); ANT. PIGHI, in Verona Fedele 24 giugno 1905; SPAGNOLO. Bollett. Eccl. Veron., 1915, pag. 113. – Ad onore di S. Vigilia abbiamo due chiese sulla riviera veronese del lago di Garda, ed il nome di lui segnato nel Carpsum al giorno «VI. Kal. JuIii ».
22 – CAPRIOLI, Cronica de rebus Brixianorurn, presso il periodico Brixia sacra, a. 1915, Num. I, pag. 24, Nota 3.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. X (a cura di A. Orlandi )
(a) pag. 73. Le recenti scoperte archeologiche nella zona del Canonicato inducono a ritenere che proprio in quest’area fosse la chiesa in questione.
Cfr. P.P. BRUGNOLI – G.P. MARCHI – R. CAMBRUZZI – S. CASALI, Le case del Capitolo canonicale presso il Duomo di Verona, Verona, 1979, pp. 26-42; si veda anche: F. SEGALA, IV secolo: nell’area del Duomo le basiliche paleocristiane, in «Verona Fedele », A. XXXV (1980), n° 24 (15 giugno), p. 7 e n° 28 (13 luglio 1980), p. 3.
L’area di S. Stefano e quella di S. Procolo, sono pure importanti per l’antichità cristiana, ma, sembra, come aree cimiteriali, in cui furono deposti anche i corpi di molti vescovi.
(b) pag. 73. Sull’esistenza di martiri veronesi mons. Pighi, come dice alla fine del capitolo, esprime congetture. Purtroppo non abbiamo documenti che ci permettano di dare conferma storica a queste congetture; non abbiamo cioè atti dei martiri o altre equivalenti documentazioni di martirio. In questo campo bisogna distinguere tra storicità del culto tributato ai martiri e storicità biografica degli stessi. La prima è certa: a Verona furono venerati fin dalla prima epoca cristiana dei martiri (in S. Stefano e nel tempietto di S. Teuteria presso i SS. Apostoli e inoltre i santi martiri Fermo e Rustico).
Ma di qui non si può concludere che si tratti di cristiani martirizzati a Verona: nessun documento ci illumina su questo.
La venerazione infatti poteva essere rivolta a martiri che patirono altrove e dei quali furono portati precisi ricordi e forse reliquie a Verona. In seguito, perdute le memorie della vera provenienza e identità dei martiri venerati, i racconti popolari poterono sbizzarrirsi in varie supposizioni, che nulla tolgono alla legittimità del culto, ma certo non fanno buon servizio alla storia.
(c) pag. 73, nota 5 . – Aggiungi: Acta SS. novembris, T. II (Bruxelles 1894), p. [100].
(d) pag. 74. Si veda in proposito: G. CROSATTI, La chiesa di S. Tomaso apostolo (S. Tomio), Verona, 1942, pp. 17-21.
(e) pag. 77. Su questo argomento ci pare opportuno segnalare alcuni studi di fratel Aldo Benetti, che prendono in esame prevalentemente l’area vicentina e padovana, ma anche qualche parte del territorio veronese. Della ormai numerosa bibliografia dell’autore qui si citano le pubblicazioni più interessanti per Verona: A. BENETTI, Thiene. La centuriazione, la “fratta”. L’evangelizzazione nel Veneto, Verona, 1974; – Le pievi veronesi dell’agro centuriato “athesino”. Illasi, Tregnago, Verona, 1973; – Le “Pievi pagensi” nel Veneto. La Valpolicella. I Cimbri. Verona, 1978.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I