Altare sopra sarcofago con le reliquie dei Santi veronesi Lucillo, Lupicino, Crescenziano, (principio del XII secolo). Chiesa di San Zeno, Verona.
CAPO XII
SOMMARIO. – Serie dei vescovi – Siagrio – S. Massimo – S. Petronio – Invasione degli Unni – S. Gaudenzio – S. Cerbonio o Germano – S. Felice – Gli Eruli – Residenza dei vescovi – Chiesa cattedrale.
La storia della nostra chiesa durante questo secolo non ci presenta fatti di grave importanza: gli animi erano troppo agitati e sconvolti per le iterate invasioni dei barbari e per la progressiva decadenza dell’impero romano. Daremo la serie dei nostri vescovi, riferendo per ordine cronologico le scarse notizie, che ci danno gli scrittori di cose nostre.
Lo Stato personale del clero della nostra diocesi dalla morte di S. Zeno (380) alla fine del secolo V ci dà quattordici vescovi; di alcuni dei quali sono incerti il nome, l’epoca, l’ordine di successione; di qualcuno anche l’autenticità.
Esso ci dà i nomi dei vescovi con l’ordine seguente da S. Zeno, che fu il vescovo ottavo:
9. Sant’Agabio. – 10. S. Lucidio. – 11. Siagrio. – 12. S. Lupicino. – 13. S. Massimo. – 14. S. Luperio. – 15. S. Servolo. – 16. S. Petronio. – 17. Sant’Innocenzo. – 18. Montano. – 19. S. Gaudenzio. – 20. S. Cerbonio. – 21. S. Felice. – 22. S. Silvino(1).
Parecchi di questi nomi si leggevano nelle tenie del Velo di Classe ai tempi dei suoi primi illustratori Girolamo de Rubeis e Mauro Sarti (2): alcuni vi mancavano pur allora per lo smarrimento di una parte del monumento; tra alcuni era incerto l’ordine di successione a motivo della trasformazione subita dal medesimo. Diremo quel poco che potemmo raccogliere dai nostri documenti.
Sant’Agabio – Il suo nome si legge nelle tenie ancora superstiti del Velo; ma sotto la dicitura « Agapitus », Il suo corpo pare fosse sepolto nella chiesa di S. Procolo: la sua festa ricorre presso di noi nel giorno 4 agosto; ma il suo nome non comparisce nel Carpsum, e perciò il culto di lui non dovrebbe essere anteriore al secolo XII.
Siagrio. – Fu vescovo di Verona ai tempi di sant’Ambrogio: nel Velo di Classe parrebbe doversi leggere « Siabrinus ».
Il nome di Siagrio è rimasto celebre per il processo da lui mosso contro la vergine Indicia. Il fatto per la nostra storia è importante, sia perchè ci aiuta nel determinare l’epoca di S. Zeno e la subordinazione metropolitica della nostra chiesa, sia perchè ci attesta l’esistenza fra di noi di un monastero di vergini sacrate a Dio: ma in se stesso è d’una importanza secondaria. Per questa ragione lo accenneremo in breve, rimettendo i lettori curiosi di conoscerlo all’esposizione minuta, che ne fece il Maffei (3).
Una di queste vergini, di nome Indicia, velata e consacrata da S. Zeno, dal marito d’una sua sorella fu accusata presso il vescovo Siagrio di aver violata la sua professione e d’aver poi sottratto al pubblico la notizia del suo delitto con un infanticidio. Il vescovo, senza far tante ricerche sulla condotta dell’accusata e sulla veracità dell’accusatore, ricorse ad una prova già per sè troppo ignominiosa; alla quale imposizione, inorridita Indicia, si rivolse al vescovo di Milano, sant’Ambrogio (4). Il santo citò l’accusatore ed i testimoni; ma non comparvero: domandò minute e fedeli informazioni sull’onestà di Indicia, e le ebbe ottime ed ineccepibili: allora in un sinodo di vescovi tenuto a Milano dichiarò Indicia innocente, e rivolse aspri lamenti a Siagrio che verso una tal vergine avesse usato una forma di processo tanto irregolare.
Lo stesso sant’Ambrogio parla di lettere e di sermoni scritti da Siagrio: ne parla anche il Panvinio, che sembra li abbia veduti: ma ora non se ne ha vestigio.
S. Lupicino nel Carpsum si trova segnato al giorno «XI Kal. Junii », sotto la dicitura «Assumptio sancti Lupicini episcopi »(5). Il suo corpo dovrebbe riposare nella chiesa di S. Zeno.
S. Massimo fu certamente vescovo di Verona, quantunque il suo nome non si leggesse nel Velo di Classe, neppure ai tempi del De Rubeis e del Sarti. Secondo alcuni scrittori S. Massimo sarebbe vissuto verso gli anni 370-390; da Verona sarebbe passato alla sede di Emona e quale vescovo di Emona sarebbe intervenuto al concilio di Aquileja dell’anno 381(6). Ma dell’aver S. Massimo abbandonata la sede di Verona non abbiamo prova alcuna: nulla dice l’identità del nome in un’epoca, in cui molti vescovi e confessori si trovano di questo nome: inefficace è pur l’altro argomento del non sapersi dove sia sepolto il suo corpo.
Per contrario abbiamo una prova efficacissima, sia pur indiretta, della permanenza di S. Massimo a Verona sino alla sua morte nel culto, che egli ebbe a Verona. Il suo nome si trova in due liste di invocazioni (litanie) appartenenti ai secoli XI e XII; inoltre ad onore di S. Massimo esisteva una chiesa al di là delle mura attuali tra le porte di S. Zeno e del Pallio (7), distrutta poi nella spianata dell’anno 1518. E’ adunque verosimile che là, presso la via dei sepolcri e non lungi dai corpi di S. Zeno e di S. Procolo, sia stato sepolto quello di S. Massimo, del quale diceva Panvinio d’aver letto che è sepolto «in basilica sua». Certamente S. Massimo fu un vescovo illustre per santità e operosità; di che è prova il culto di lui in Verona: la sua festa si celebra presso di noi il 29 maggio e, a quanto sembra dai nostri documenti liturgici, almeno fin dal secolo XI (8). Il suo episcopato dovrebbe spettare al primo decennio del secolo V (a).
Questo primo decennio, nel quale fiorirono pure i due vescovi S. Luperio e S. Servolo, fu assai funesto per l’Italia e per la città nostra a causa dell’invasione dei Visigoti ariani verso l’anno 402. Sconfitti prima a Pollenzo, poi sotto Verona, si ritirarono nella Pannonia; ma nell’anno 408, guidati da Alarico scesero per la seconda volta, devastarono i territori di Aquileja, Altino, Verona; presero e devastarono Roma nell’anno 409(9).
S. Petronio, secondo il Biancolini, fu vescovo di Verona nel secolo VI; ma altri e gravissimi scrittori lo pongono nel secolo V tra gli anni 412-429; così Dionisi, Venturi, Liruti, Cappelletti, Giuliari. A conferma di questa opinione sta il sermone di S. Petronio « in natali sancti Zenonis », dal cui tenore trasparisce che S. Petronio lo declamava a fedeli che aveano udito la predicazione di S. Zeno (10): inoltre da un’iscrizione lipsanografica della chiesa di S. Stefano egli fu vescovo prima dei santi Innocenzo e Felice, che furono vescovi nel secolo V: nel Velo di Classe parrebbe segnato come vescovo decimoterzo; ma è difficile provarlo.
Un dotto benedettino dei nostri tempi, Don Gennaro Morin, volle attribuire il sermone « in natali sancti Zenonis » a S. Petronio vescovo di Bologna. Ma le ragioni da lui addotte sono tutt’altro che dimostrative: perciò un recente periodico afferma che non v’è ragione di discostarsi dalla tradizione veronese, risultando dai dittici di questa chiesa che un S. Petronio fu veramente vescovo di Verona sul principio del secolo V (11). Anzi assai verosimilmente deve al nostro san Petronio attribuirsi anche il sermone «in die ordinationis vel natali episcopi », scoperto dallo stesso Don Morin in un codice del secolo X assieme all’altro «in natali sancti Zenonis ».
Il nome di S. Petronio è connesso nella storia nostra con la chiesa di S. Stefano edificata ai tempi di lui e certamente non senza l’opera sua. Dopo che furono scoperte le preziose reliquie del santo protomartire (415) e parte di esse venne trasportata a Roma, si ravvivò in Italia la devozione verso di lui e ad onor di lui furono erette chiese a Roma, ad Ancona, a Bologna, a Milano e a Verona. La chiesa eretta in Verona, detta in documenti antichi « oratorium », fu eretta nel luogo più conveniente per il santo protomartire, presso la chiesa già esistente « ad Martyres »: forse essa non fu che un ampliamento della prima, e nei documenti posteriori è detta «S. Stephani ad Martyres ».
Non v’ha dubbio che presso questo luogo sacro per tante memorie e preziose reliquie, dimorasse pure il santo vescovo: vi fu pure sepolto, come consta dall’iscrizione accennata: «In hoc ecclesia corpora Episcoporum requiescunt, scilicet Simplicii, Petronii, Innocentii, Felicis, Salvini, Theodori… »(12).
Dopo sant’Innocenza nel Velo di Classe è segnato un vescovo Montano, del quale non abbiamo notizia alcuna in altri documenti. Ai tempi di lui Verona ebbe molto a soffrire per l’invasione degli Unni, che condotti da Attila « flagellum Dei », conquistata Aquileja, presa ed arsa Padova, attraversarono i territori di Vicenza e Verona, lasciando ovunque desolazione e morte. Mentre Attila era sul punto di spingere i suoi verso Roma, una legazione dei romani con a capo S. Leone indusse il barbaro a ritirarsi: luogo dell’abboccamento secondo alcuni fu presso Arilica, l’odierna Peschiera; secondo altri fu presso ai confini tra il veronese ed il mantovano (13). Dopo il convegno Attila ritornò in Pannonia.
S. Gaudenzio sembra sia intervenuto al concilio celebrato in Roma dal pontefice Ilario l’anno 465: il Gaudenzio sottoscritto agli Acta, secondo alcuni codici è «ep.us veronensis », secondo altri «ep.us veconensis». La memoria di lui in un martirologio del secolo XIII è segnata « II Id. Febr. Gaudentii epi et conf. Veron »(14); ma non si trova nel Carpsum: il suo corpo dovrebbe riposare nella chiesa di S. Stefano.
S. Cerbonio è un vescovo assai dubbio. Nel medesimo giorno 10 ottobre, in cui la chiesa nostra ricorda la morte di S. Cerbonio, anche la chiesa di Populonia ricorda un suo vescovo di nome Cerbonio (15); d’altronde il Cerbonio nostro non si legge nel Velo di Classe; ma in luogo di lui, cioè prima di S. Felice, si vede il nome del vescovo Germano. Perciò i nostri scrittori Ballerini, Biancolini, Liruti ed altri pensano che un vescovo veronese di nome Cerbonio non sia mai esistito. Il can. Dionigi aggiunge che documenti liturgici dei secoli IX-XIII esistenti nella biblioteca Capitolare segnano la festa di S. Germano al giorno 29 ottobre, ed in uno di essi si legge la Messa propria con tre orazioni, che egli riporta (16). Il vescovo Liruti nel calendario 1813 a S. Cerbonio sostituì S. Germano (10 ottobre): ma poi nel calendario del 1838 il vescovo Grasser rimise S. Cerbonio (b).
S. Felice, notato anche nel Velo di Classe, fu vescovo circa gli anni 475-490. A motivo delle turbolenze causate prima degli Ariani, poi dagli Eruli venuti dal settentrione (17), dalla sua residenza presso la chiesa di S. Stefano si ritirò in alcune grotte del monte vicino, ed ivi per alcuni anni nascosto con alcuni fedeli celebrò i divini officii. Sembra che di una di esse abbia formato un oratorio, se già non esisteva; ed in esso sia poi stato sepolto il suo corpo, trasportato più tardi nella chiesa di S. Stefano.
Secondo il Dionisi, S. Felice morì nel giorno 19 luglio: ma la sua festa in antichi calendari veronesi fu segnata al giorno 29 luglio (18); giorno, in cui alcuni anni dopo la morte, fu trasportato il suo corpo nella chiesa di S. Stefano. La chiesa costruita presso il luogo della sua dimora, e detta di S. Felice secondo il Biancolini fu dedicata in onore di Felice vescovo di Verona (19): noi ameremmo fosse già da tempi anteriori edificata in onore di S. Felice martire veronese: distrutta quella chiesa verso l’anno 1407, il suo nome fu dato al castello fabbricato lì presso.
Durante l’episcopato di S. Felice cadde l’impero romano (476): in Italia sottentrò il regno degli Eruli con Odoacre; indi (489) quello degli Ostrogoti con Teodorico, il quale per sua residenza prediletta scelse Verona, detto perciò dai cronisti Dietrich von Bern.
Dove risiedevano questi vescovi? – A noi sembra cosa certa che risiedessero presso la chiesa di S. Stefano, nella quale riposano i corpi di quasi tutti. Perciò non dubitiamo d’affermare che almeno dalla fine del secolo IV sin verso la fine del secolo VIII la chiesa cattedrale di Verona fosse quella detta S. Stephani ad Martyres: in essa da S. Petronio a S. Biagio stanno sepolti almeno venti vescovi. Così oltre Giovanni Mansionario, Bagatta, Peretti, Maffei, pensano i nostri scrittori anche recenti (20) (c).
NOTE
1 – Il nostro Vescovo LIRUTI Serie dei Vescovi di Verona dalla morte di S. Zeno, che egli ascrive all’anno 335, all’anno 500 pone quattordici Vescovi.
2 – Quando tratteremo di questo insigne monumento, si faranno chiare alcune frasi, che ora usiamo, forse un po’ oscure.
3 – MAFFEI Verona illustro Libro IX. Addenda.
4 – « Absit a virgine sacra, ut obstetricem noverit », S. AMBROSIUS Epist. ad Syagrium. – Quando Siagrio seppe dell’appello, scrisse ad Ambrogio che la prova potea farsi alla presenza di Marcellina «coram ipsa », BIRAGHI Vita di S. Marcellina Cap. XV (Milano 1889).
5 – Vedi SPAGNOLO Bollett. eccl. veron. 1915 pag. 89.
6 – DIONISI Dei Santi Veronesi pag. 105; VENTURI Storia … di Verona I. pag. 101.
7 – Da un manoscritto del Canobbio (Bibl. Com. Veron. cod. 1968) la chiesa ivi esisteva nell’anno 780, distrutta poi, a quanto pare, nell’invasione degli Ungheri verso l’anno 888; poi riedificata ai tempi di Milone (968-981).
8 – SPAGNOLO Bollett. eccles. Ver. 1915 pag. 89.
9 – VENTURI Op. cit. pag. 95; GRISAR Roma alla fine del mondo antico Vol. I. pag. 114, segg.
10 – Presso GIULlARI S. Zeno Sermones. Comm. praev. Pag. CXL VII.
11 – G. B. Rivista storo crit. di scienze teol. (proibita). Anno III. Pag. 850
(Roma 1907).
12 – BIANCOLINI Chiese di Verona I. pag.13.
13 – CIPOLLA Storia politica di Verona pag. 37; VENTURI Op. cito pag. 96. 14 BIANCOLINI Dissert. sui Vescovi di Verona pag. 23.
15 – Vedi Acta SS. Bolland. die 12 oct. Tom. V. pag 85-87, ed Auctaria Octobris pag. 25.
16 – DIONISI Dei Santi Veronesi pag. 121·124.
17 – VENTURI Op. cit. pag. 97; CIPOLLA Op. cit. 43.
18 – DIONISI Op. cit. pag. 128. – Del resto, è un po’ difficile determinare chi sia questo S. Felice segnato nei calendari al giorno 29 luglio. Si possono vedere le nostre Institutiones Hist. eccl. I. pag. 259-261 (Ed. II).
19 – BIANCOLINI Chiese II. Pag. 522.
20 – BIANCOLINI Chiese I. pag. 11, 14, 41, 135, 174; VENTURI Op. cit. pag. 92; ANT. PIGRI Pieve di S. Stefano pag. 2; SIMEONI Guida di Verona pag. 326; GIULlARI S. Zeno Serm. Pag. 253. – Il nome « oratorium », col quale è chiamata quella chiesa in documenti posteriori, non prova che essa era di poca importanza, ma che era antica. BIANCOLINI Chiese III. 234.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. XII (a cura di A. Orlandi)
(a) pag. 89. – S. Massimo fu venerato come vescovo ed ebbe, in Verona una chiesa almeno fin dal tempo longobardico. Ma il suo inserimento tra i vescovi di Verona avvenne tardi e storicamente non si giustifica, mancando nel « Velo di Classe» e nei documenti epigrafici. Probabilmente si tratta di culto ad un santo vescovo Massimo (di Emona o Emonia o di Treviri), più tardi reputato vescovo di Verona.
(b) pag. 92. – Cf. F SEGALA, San Cerbonio. Memorie veronesi. Problematica e studio delle fonti. in « Bollettino della Diocesi di Verona» A. LXVI (1979), pp. 214224.
(c) pag. 92. – A proposito di quanto dice mons. Pighi si deve osservare: 1) Certamente S. Stefano fu chiesa cimiteriale e vi furono sepolti molti vescovi di Verona. 2) Non si può ritenerla chiesa principale a questi tempi, poiché in tal caso non si potrebbero giustificare le costruzioni nell’area del duomo, di S. Elena e del canonicato sorte poco prima e poco dopo di quest’epoca. 3) Distrutte quelle fabbriche (tra l’altro una grande basilica), dopo la metà del sec. VI, certamente i vescovi officiarono in altre chiese, non si sa in quali, fino a quando nel secolo VIII fu riedificato un edificio sacro nell’area del duomo, cioè la chiesa di S. Maria Matricolare.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume I