Chiesa romanica inferiore di S. Fermo e Rustico, cominciata nel secolo XI, e precisamente nell’anno 1065 per opera dei monaci Benedettini, ai quali già il vescovo sant’Annone sulla fine del secolo VIII avea affidato la custodia delle reliquie dei santi martiri. La chiesa attuale fu terminata, quanto sembra nell’anno 1143
VOLUME II – EPOCA III – CAPO V
SOMMARIO. – Caratteristiche dello stile romanico – Artisti romanici – Cattedrale – S. Giovanni in Fonte – Basilica di S. Zeno – S. Lorenzo – S. Stefano – SS. Fermo e Rustico – S. Maria in Organo – San Giovanni in Valle – Chiese romaniche della diocesi. (a)
È incredibile lo slancio, con cui i buoni veronesi si diedero a fabbricare nuove chiese ed a restaurare ed abbellire le già esistenti, tostoché il concordato di Worms restituì alla chiesa la sua libertà: ché anzi ne abbiamo alcune fabbricate od incominciate nel secolo XI, durante la lotta funesta delle investiture.
Causa di tale slancio dovette essere l’aumento delle popolazioni, il miglioramento delle condizioni economiche, e, nella diocesi, la costituzione delle plebanie e dei parrochi ai quali era commessa la cura delle parrochie: si aggiunga che molte chiese erano rovinate od assai deperite per il terremoto del 7 gennaio 1117(1). Ma questo fatto prova altresì che era tra noi ben viva la fede cristiana ed ardente l’amore al culto religioso.
Stile comune alle chiese di quest’epoca è quello detto romanico, a noi venuto nella sua sostanza dalla Francia meridionale e rabbellito nella forma delle condizioni proprie delle nostre regioni. Principali caratteristiche di questo stile in Verona e nella diocesi sono le seguenti: esso in massima ritorna al piano dell’antica basilica cristiana: una navata di mezzo con altre due laterali più basse e più strette: le navate son divise mediante colonne di color rosso, spesso delle cave di Sant’Ambrogio; talvolta son divise da pilastri croceiformi imitanti la muratura delle pareti; talvolta da colonne e pilastri alternati. La chiesa è chiusa ad oriente da un abside, prima del quale si ha la cuba, divisa dalla parte anteriore della chiesa mediante un transept.
La muratura è fatta a corsi alternati di tufo e di laterizii, che danno alle pareti una decorazione policroma: a questa specie di muratura si prestavano assai bene le non lontane cave di tufo. La porta maggiore è rivolta ad occidente: essa, (come anche le porte laterali, se vi sono) è formata da un semplice rettangolo di marmo rosso senza alcuna ornamentazione; è sormontata da un protiro ordinariamente pensile, talvolta sorretto da pilastrini basati sul pavimento esterno: sotto il protiro in una lunetta da esso difesa sta sovente una pittura a fresco. Nell’interno la luce viene assai parca da finestrelle praticate in alto delle pareti, che spesso sono bifore o trifore: l’altare sta sotto la cuba, ed è rivolto ad oriente. Nell’esterno delle chiese, presso le quali i chierici tenevano vita comune, generalmente sta un chiostro, almeno con due lati od uno, forato con colonnine abbinate in marmo, quali vediamo nel cortile del canonicato e presso le chiese di S. Zeno, SS. Apostoli, S. Giovanni in Valle in città, e presso quella di S. Giorgio di Valpolicella in diocesi.
Quanto ai primi artefici od architetti romanici, non abbiamo che il nome di tre, a noi tramandato in due iscrizioni di scoperta recente, appartenenti ambedue all’anno 1143.
Il primo di essi è un Annone murarius, che fece o terminò in detto anno la chiesa inferiore di S. Fermo: « ANNO DOMINI NRI IHV – XPI MC QUADRAGEISO II OC – OPUS FECIT AN- NO MURARIUS ». Questa lapide dovea prima essere nella facciata antica; ora è murata nella base della presente, è capovolta e serve di zoccolo alle lesene della facciata sotto l’urna di Aventino Fracastoro: è visibile solo l’ultima linea NOMURARIUS(2).
Se Annone è ricordato come muratore, vengon ricordati come maestri, ossia capimastri, architetti, Borgo e Malfato in una lapide della chiesa di S. Michele di Porcile illustrata dal nostro Sgulmero, spettante essa pure all’anno 1143; « ANI DOMINI MILESIMO-CENTESIMO QUADRA-IESIMO TERCIO INDICIO-NE SESTA TEMPORE TEBALDI EPISCOPI-PROPE FESTIVITATEM SANCTI MAR-TINI SACERDOS AMBROSIUS – FUIT AUTOR VIUS OPERIS BORGO – ET MALFATO QUI TUNC ABITABANT IN VERONENSI CASTRO EXISTENTIBUS – MAGISTRIS » Forse questi erano di origine lombarda ed abitavano nel castello di Verona: ma nella seconda metà del secolo XII il nome Malfatto ricompare più volte fra gli abitanti di Porcile.(3)
Riguardo alla chiesa di S. Zeno, abbiamo i nomi di due artisti Brioloto de Balneo ed Adamino de sco Georgio: . son però di molto posteriori agli inizi della costruzione, comparendo ancor vivi nei primi decenni del secolo XIII.
Noi non potremo dire partitamente di tutte le chiese di quest’ epoca: diremo delle principali, aggiungendo pochi accenni delle altre.
Cominciando dalla chiesa cattedrale, diciamo di essa, non quale essa è al presente (opera del secolo XV), ma quale essa era nel secolo XII.
Già più volte abbiamo parlato della chiesa di S. Maria Matricolare, che dovea esser tutta fuori del piano della presente, probabilmente al lato settentrionale della medesima e facente capo alle volte sostenute da pilastri davanti alla chiesa di S. Giovanni in Fonte. Che sia avvenuto di quella chiesa non lo sappiamo: ma non è improbabile che essa sia rovinata in tutto ed in parte per il terremoto del 1117.
Alla erezione della nuova cattedrale si dié principio vero l’anno 1139(4): vi contribuirono il vescovo Tebaldo assai ricco di beni di famiglia ed abbondantemente dotato di beni vescovili, i canonici ed i cittadini: contribuì pure generosamente il vescovo Ognibene, che fabbricò anche la sacrestia ed il nuovo palazzo vescovile: finalmente fu consacrata dal pontefice Urbano III nel giorno 13 settembre dell’anno 1187.
Questa chiesa teneva precisamente il piano e le dimensioni del Duomo attuale: era a tre navate, la centrale più elevata delle laterali, e da esse divisa mediante due file di colonne sorreggenti con archi la muratura fino ai travi(5): ma le tre navate erano assai più basse delle attuali; l’altezza della navata mediana ci viene tuttora indicata da due piccoli tratti di cornici rampanti con archetti, e di alcune orizzontali che stanno sull’ esterno della facciata tra la cima dei due finestroni e l’arco superiore del protiro; ci vien pure indicata dal diverso colore della muratura che taglia in obliquo il finestrone a destra (di chi guarda): alcuni tratti di cornici rampanti della facciata ed altre cornici orizzontali sul lato meridionale esterno presso la cappella del SS. Sacramento ci danno l’altezza delle navate laterali.
Nella navata mediana la prima campata (l’ultima dalla porta e l’unica oggi non gotica) era elevata, non solo sopra le navate laterali, ma anche sopra il resto della mediana: essa era la cuba major, di cui si può vedere la sommità con tre bifore dal vicolo Sabbionara: sotto la cuba stava l’altare volto ad oriente, ed era forse l’unico; al di là del quale fu poi seppellito il Papa Lucio III. La luce veniva scarsa all’interno da piccole finestrelle: sulla facciata due bifore tenevano il luogo dei due attuali finestroni, come si può vedere nel disegno dell’antica facciata datoci dal Venturi(6): sul lato esterno a settentrione è tuttora visibile una fenestrella monofora, che fu poi murata nella ricostruzione della chiesa verso la metà del secolo XV. A questa chiesa del secolo XII appartengono i protiri delle due porte e la parte inferiore dei muri fino alle cornici accennate.
Una porticina romanica, che sta a lato della porta attuale esistente sotto l’organo, ci dà il piano della chiesa assai più basso dell’attuale ed ha sull’architrave il leonino:
HINC DEUS INTRANTES AD TE BENEDIC PROPERANTES (b)
È pure romanica la chiesa di S. Giovanni in Fonte, la battesimale della cattedrale, ricostruita dopo il terremoto del 1117 per opera del vescovo Bernardo. La sua facciata in tufo riquadrato avea un protiro pensile, del quale resta tuttora la nicchia con una Madonna bizantina. Nell’interno la vasca battesimale ottagona spetta al principio del secolo XIII; sa pur di romanico la chiesa di Sant’Elena, massime nelle sue fenestrelle; e prettamente romanico è il chiostro canonicale eretto sul principio del secolo XII.
Altrove abbiamo parlato della basilica di S. Zeno, quanto alla parte storica: ora brevi accenni intorno alle sue caratteristiche sotto l’aspetto dell’arte.
Benché la sua erezione abbia subito parecchie interruzioni e dai suoi primordi al compimento siano scorsi circa due secoli, pure essa è prettamente romanica, e nel suo complesso mantiene una uniformità di stile che, meno qualche eccezione, si può dire perfetta. Ammirata la facciata, il campanile a destra, il torrione a sinistra, il visitatore appena giunto sulla soglia resta sorpreso alla sacra maestà del tempio: l’occhio si vede avanti uno spettacolo inaspettato: il piano vasto e diviso in tre navate, la cripta dove riposa il corpo di S. Zeno, il pontile sormontato da statue, la volta gotica dell’abside sopra l’altare, il soffitto della navata mediana a forma di carena di nave.
Le navate son divise con pilastri croceiformi e colonne di forme e capitelli diversi(7): i muri conservano tuttora la semplice primitiva loro struttura romanica; solo nell’ultimo tratto a destra sussiste una muraglia di mattoni romani spettante, a quanto pare, alla chiesa eretta da Pipino, Ratoldo e Pacifico nell’anno 807. Verona va giustamente orgogliosa della sua basilica di S. Zeno, che forse è l’edifizio più importante ed « il fiore più bello e più intatto sbocciato dall’arte romanica nell’alta Italia ».(8)
Un vero gioiello dell’arte cristiana di quest’epoca è la chiesa di san Lorenzo, che ora possiamo ammirare ripristinata quanto era possibile per le cure indefesse dell’attuale vicario sac. prof. Pietro Scapini.
È opinione oggi comune degli eruditi che la chiesa attuale non sia, se non in piccoli particolari, la chiesa primitiva dedicata ad onor di san Lorenzo in Verona.
Già di essa abbiamo parlato altre volte: eretta forse nel secolo V, certamente esisteva nel secolo VIII: almeno dal secolo X era chiesa stazionale, e ad essa si recava il vescovo processionalmente nella feria III dopo Pasqua e vi amministrava il sacramento della Confermazione. La struttura della chiesa, di cui vari tratti passarono alla presente, era la consueta delle chiese antiche: l’abside ad oriente; in essa l’unico altare; sovra di esso la cuba, di cui restano alcuni vestigi; la parte concessa ai fedeli divisa dal presbiterio mediante transenne. Quando e per qual motivo a questa chiesa antica fu sostituita l’attuale? Pensiamo ciò essere avvenuto nel secolo XII, forse per esser rovinata o molto deperita la precedente per il terremoto del 1117: essa è al tutto romanica; e ad essa appartengono i pilastri crocei formi, i loggiati sovrapposti e le torri con le scale per salirvi (9).
Altrove abbiamo parlato di una chiesa ad onore dei santi Martiri Fermo e Rustico, che verso la metà del secolo VIII si dicea eretta « a priscis temporibus ». Ma l’attuale chiesa di S. Fermo, sia la superiore, che l’inferiore, deve esser cominciata nel secolo XI, e precisamente nell’anno 1065 per opera dei monaci Benedettini, ai quali già il vescovo sant’Annone sulla fine del secolo Vlll avea affidato la custodia delle reliquie dei santi martiri e della chiesetta che le conservava. La chiesa attuale fu terminata, a quanto sembra dall’iscrizione riferita di sopra, nell’anno 1143: alla inferiore sembrano appartenere due tratti di muro della chiesa antica scoperti l’anno 1908. Le due nuove chiese, inferiore e superiore, aveano tre navate e cinque absidi, delle quali due nelle braccia della crociera: aveano i due altari ad oriente, e comunicavano tra loro mediante sei scalette formate nello spessore dei muri. Le due chiese, giusta l’epoca della loro costruzione, erano romaniche.
Sennonché nell’anno 1261 i Benedettini dovettero abbandonarle; e successero loro i Frati Minori, i quali sul principio del secolo XIV trasformarono la chiesa superiore, che forse non era ancor giunta al suo perfetto compimento. Abbandonato lo stile romanico, diedero alla chiesa una forma gotica, e la ridussero ad una sola navata: di questa trasformazione sussistono chiari indizi nell’ esterno dell’ abside maggiore. (10)
Passando alla sinistra dell’Adige, troviamo la chiesa di S. Stefano, eretta da artisti romanici nella prima metà del secolo XII là, dove era l’antica chiesa del santo Protomartire distrutta da Teodorico, e forse una seconda sostituita alla prima del secolo VIII. La chiesa attuale è perfettamente romanica nella facciata, ad esclusione delle tre fenestre aperte posteriormente: romanica la muratura, la porta col suo protiro, la croce a traforo, la cornice. Nell’interno ha la forma basilicale a crocera con cripta aperta recentemente: forse nella navata centrale v’erano in origine i matronei: l’abside forse è posteriore. – Delle iscrizioni poste sulla facciata tratteremo in seguito.
Altra chiesa romanica troviamo edificata nel secolo XI alla sinistra dell’ Adige ad onore dei santi martiri Nazaro e Celso. L’erezione o certo il compimento di questa chiesa è dovuto all’opera del vescovo Giovanni verso l’anno 1031: essa teneva il luogo dove ora si trova la cappella di S. Biagio, ed alcuni resti delle sue muraglie furono ritrovati nello scavare i fondamenti della cappella(11). In essa nell’anno 1174 furono collocati i corpi di S. Biagio e di suoi due discepoli: il barone Bonifacio intimo di Corrado III e del Barbarossa tornando da Terra Santa portava seco queste preziose reliquie, affine di portarle in Germania; ma arrivato a Verona, ivi si ammalò e mori nell’ ospitale del santo Sepolcro; prima di morire avea donato quelle reliquie ad Adamo abate dei Benedettini di San Nazaro.(12) La chiesa attuale venne innalzata nella seconda metà del secolo XV.
Dovea pur esser romanica la chiesa di S. Maria in Organo, quale fu rifatta al principio del secolo XII, e consacrata nell’anno 1131. Di essa non rimane che la parte superiore della facciata, mentre nella parte inferiore le fu addossata una seconda facciata di stile composito. La cripta è anteriore; ma il suo altare è romanico.
Finalmente appartiene alle chiese romaniche quella di S. Giovanni in Valle, sostituita all’antica nel principio del secolo XII e consacrata dal vescovo Ognibene l’anno 1164. Il suo interno riprodurrebbe quello della basilica zenoniana, se l’aspetto della cripta non fosse impedito dalla scalinata della nave di mezzo: ha tre navate e tre absidi con cripta e battistero. Il suo romanismo, più volte deturpato con superfetazioni ornamentarie, fu, quanto si potea, ripristinato nell’anno 1909, massime coll’abbattimento della volta, che abbassava la chiesa e nascondeva la parte superiore dei muri, le fenestrelle e la travatura(13). L’elegante chiostrino annesso alla chiesa dimostra l’esistenza di un clero collegiale, che da più documenti sappiamo essere stato soggetto ai canonici.
Anche fuori della città abbiamo non poche chiese romaniche di quest’epoca. Già sul monte Dominico è romanica la chiesa di S. Leonardo eretta verso la metà del secolo XII.
Tali eran pure nelle valli Veriaca e Pruviniana le chiese di Arbizzano, di Negrar, di S. Floriano; inoltre quelle di S. Giustina di Palazzolo, S. Zeno di Cerea, S. Salvar di Legnago, san Giuliano di Lepia, S. Michel di Porcile, S. Maria di Grezzana; e parecchie altre. Su di esse si possono consultare i moderni illustratori dei monumenti della città e provincia di Verona.(14)
NOTE
1 – Esso ci vien attestato dagli Annales veteres, presso PERTZ, Monum-Germ. Script. XIX 5, e da altri documenti. – Vedi GOIRAN, Storia sismografica di Verona, pag. 26 Nota II e pag. 39.
2 – SIMEONI, L’opera dei Benedettini… nella chiesa di S. Fermo, pag. 10 (Verona 1905).
3 – SGULMERO, Sanmichele di Porcile e gli Architetti Borgo e Malfato, pag. 2, 16 (Venezia 1894); CROSATTI, Belfiore d’Adige, pag. 67, seg.
4 – CANOBIO, Annali Veron. Lib. VI; presso BIANCOLINI, Dissertazione sui Vescovi pag. 44.
5 – Forse quelle colonne ai tempi del vescovo card. Michiel passarono nel cortile dell’ episcopio a sorreggervi gli attuali uffici curiali
6 – VENTURI, Compendio della storia di Verona I, di fronte alla pag. 162 – Egli vorebbe che quella fosse la facciata della cattedrale ratoldiana; ma ciò non può esser vero.
7 – Al principio della navata sinistra si trova la famosa coppa di San Zeno, della quale B. GIULLARI, La coppa di S. Zenone (Verona 1884).
8 – SIMEONI, Guida … di Verona, p. 140 – Lo stesso autore tratta più diffusamente di questo capolavoro nell’opera La Basilica di S. Zeno.
9 – CIPOLLA, Recenti restauri di S. Lorenzo ( Verona 1894).
10 – SIMEONI, L’opera dei Benedettini e dei Minori nella chiesa di San Fermo; DA LISCA, Cenni … sulla chiesa di S. Fermo (Verona 1909).
11 – Delle fasi posteriori di quella cappella tratta BIADEGO, La cappella di S. Biagio nella chiesa di S. Nazaro e Celso (Venezia 1906).
12 – Si dice dai nostri che portò a Verona anche il corpo di S. Giuliana. Ma il corpo di questa Santa fu trasportato a Napoli da Cuma l’anno 1207: inoltre la chiesa eretta dal vescovo Giovanni era fin dal 1131 dedicata in onore dei Santi Nazaro, Celso e Giuliana; il che prova che il culto di questa santa in Verona era anteriore all’anno 1174: a conferma notiamo che S. Giuliana si trova invocata nel Cod. CVII della nostra Biblioteca Capitolare, il quale spetta al secolo XI-XII, come attesta il sac. Spagnolo in un manoscritto che teniamo presso di noi.
13 – GIRELLI, Brevi cenni storici intorno alla chiesa di S. Giovanni in Valle (Verona 1894).
14 – DA PERSICO, Verona e la sua Provincia (Verona 1821, 1838); SIMEONI, Verona. Guida storico-artistica (Verona 1910); SORMANI-MORETTI, La Provincia di Verona; ecc., oltre copiose monografie.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. V (a cura di Angelo Orlandi)
a) Sull’arte romanica veronese sono usciti parecchi studi dopo mons. G. B. Pighi. Indichiamo qui i principali studi, nei quali poi è facile trovare anche bibliografia di varie monografie su singoli monumenti.
W. ARSLAN, L’ architettura romanica veronese, Verona, 1939;
W. ARSLAN, La pittura e la scultura veronese dal secolo VIII al secolo XIII, Milano, 1943;
A.M. ROMANINI, L’ arte romanica, in Verona e il suo territorio, vol. II, Verona, 1964, pp. 583-777; Maestri della pittura veronese (a cura di Pier Paolo Brugnoli), Verona, 1974.
b) Per le vicende della cattedrale di Verona dalle origini al sec. XVI abbiamo ora una recente monografia pubblicata in occasione dell’VIII centenario della consacrazione: La Cattedrale di Verona nelle sue vicende edilizie dal secolo IV al secolo XVI A cura di P.P. Brugnoli, Verona 1987, pp. 253.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II