Sarcofago del cardinale veronese Adelardo, Vescovo di Verona e Legato Pontificio in Terra Santa. Chiostro abazia di San Zeno in Verona.
VOLUME II – EPOCA III – CAPO VI
SOMMARIO. – Origine e prima educazione di Adelardo – Promozione alla porpora cardinalizia – Sua nomina a vescovo di Verona – Viaggio in Francia ed in Inghilterra – Prende parte alla terza Crociata – Un giudizio su la sua vita episcopale – Atti del suo episcopato – Sua operosità all’infuori della sua chiesa – Si ritira nel monastero di S. Zeno – Sua morte – Due ricognizioni del suo sepolcro – La mitra di S. Zeno.
Tra i favori largiti ai veronesi dal Pontefice Lucio III nella sua breve dimora a Verona il più distinto fu la elevazione di un nostro cittadino alla dignità cardinalizia. (a)
Secondo l’opinione più comune tra i nostri scrittori, Adelardo è oriundo della famiglia dei Cattaneo, detti anche i Da Lendinara, (1) famiglia assai ricca di quella terra allora appartenente al distretto di Verona, e che vantava diritti anche sulla terra di Zevio, ad essa riconosciuti dal vescovo Ognibene, dal podestà Sauro e dai consoli veronesi l’anno 1181. Secondo alcuni però, Adelardo spetterebbe alla famiglia degli Aleardi, nobile famiglia, già da lungo tempo abitante in Verona presso la chiesa di S. Benedetto, dove ancor prima del dominio scaligero era una contrada detta degli Aleardi. Secondo i primi, Adelardo sarebbe veronese in senso un po’ lato; secondo gli altri, sarebbe vero cittadino veronese in senso stretto. A noi poco interessa definire la questione. (b)
Da una iscrizione, che riporteremo in seguito, Adelardo dovrebbe essere nato circa l’anno 1122: della sua educazione poco o nulla sappiamo: fu canonico della cattedrale, anzi capo e direttore della schola cantorum « major praecentor Cathedralis »,(2) ordinato sacerdote dal vescovo Ognibene.
I meriti e la stima goduta da Adelardo fra il clero veronese attirarono su di lui l’attenzione del pontefice Lucio III; il quale nel concistoro tenuto in Verona nel primo giorno di Quaresima l’anno 1185 lo creò cardinale di S. R. Chiesa, del titolo di S. Marcello.
Costituito in sì alta dignità, Adelardo si adoperò molto nei preparativi del concilio tenuto nello stesso anno a Verona: indi prese parte al conclave, in cui fu eletto Urbano III; e, quando Urbano III, affine di predisporre una crociata in Oriente da Verona passò a Ferrara, ve lo seguì pure Adelardo, e certamente vi stette fino alla morte di lui, che fu il 19 ottobre 1187.
Nell’anno seguente al dì 23 giugno moriva il nostro vescovo Riprando, ed a lui fu dato a successore Adelardo. Nella serie dei nostri vescovi Adelardo è l’ottantesimo, e porta il nome Adelardo II (3).
Secondo l’uso di quei tempi, dimise allora il titolo di S. Marcello, chiamandosi semplicemente cardinale vescovo di Verona. Che la nomina di Adelardo a vescovo di Verona sia avvenuta nell’anno stesso della morte di Riprando, ne è prova una lettera di Clemente III data il dì 7 novembre dell’anno 1188 « Venerabili fratri Adaelardo Veronensi Episcopo ejusque successoribus canonice substituendis »(4).
Nell’anno seguente il dì 25 febbraio Adelardo concesse un’investitura di decime alla Congregazione del clero intrinseco, inscrivendosi « Cardinalis Sedis Apostolicae et episcopus Veronae ».(5) Così pure si dice « Adaelardus sacrosanctae Romanae Ecclesiae cardinalis et veronensis humilis episcopus » in un atto segnato comunemente 7 gennaio 1189, ma che probabilmente fu dato il 7 giugno dello stesso anno.(6) Notiamo questo, perché un recente scrittore francese vorrebbe differire alla seconda metà dell’anno 1191 la nomina di Adelardo a vescovo di Verona.(7) Creato adunque vescovo verso la metà dell’anno 1188, resse la nostra chiesa fin verso il settembre dell’anno 1214.
Nella primavera dell’anno 1189 Adelardo intraprese un viaggio in Francia ed in Inghilterra. Comunemente si ritiene che egli vi si andato come Legato Pontificio insieme col cardinale Enrico vescovo di Albano, al quale fu poi sostituito il cardinale vescovo di Anagni. Scopo della legazione sarebbe stata la riconciliazione dei due re, affinché di comune accordo intraprendessero una crociata per la liberazione di Terrasanta.
Alcuni opinano che Adelardo siasi recato in Inghilterra a solo scopo di devozione per visitare il sepolcro di S. Tommaso di Cantorbery caduto martire per la libertà della Chiesa il 29 dicembre dell’anno 1170. Nel ritorno visitò pure il sepolcro di s. Martino a Tours ed assistette alla consacrazione di Giovanni vescovo di Dol. Di questo suo pellegrinaggio scrive egli stesso « universis Christifidelibus ad quos litterae istae pervenerint »: ma non vi fa cenno alcuno alla Legazione Apostolica (8).
Ma il pensiero che preoccupava tutti gli animi, massime dopo la caduta di Gerusalemme, era quello di una crociata universale per liberare Terrasanta e particolarmente il santo Sepolcro dalla mano dei Turchi.
Questo pensiero agitava pure l’animo di Adelardo, sia durante il suo viaggio in Francia ed in Inghilterra, sia dopo il suo ritorno in Verona. Qui si dié tosto ad eccitare i veronesi ad una impresa così santa; i veronesi corrisposero agli eccitamenti del loro vescovo; ed uno scrittore coevo tra coloro, che in parti colar modo promossero la terza crociata, pone il card. Adelardo: « Cardinalis presbyter Pontifex Veronae »(9).
Agli eccitamenti aggiunse l’esempio: nell’agosto del medesimo anno Adelardo più che sessagenario con buona schiera di crociati veronesi su navi veneziane salpò da Venezia e mosse verso Tiro, dove lo attendeva Corrado marchese di Monferrato.
Nella Palestina dimorò circa due anni: quale Legato Pontificio molto si adoperò per rappacificare i due re di Francia e d’Inghilterra; ed insieme coi suoi veronesi prese parte all’assalto di Accon (l’antica Tolemaide, ora S. Giovanni d’Acri), che fu nei giorni 3 (festa dell’ Ascensione) e 5 maggio del 1190. Del merito dei Veronesi in questo assalto ci attesta lo stesso scrittore contemporaneo e presente al fatto:
Idem nobis fecerunt in Ascensione
nec non in sabbato, et tunc in agone
pugnarunt viriliter homines Veronae
memores Ferrariae tali die pronae (10).
Il vessillo della croce poté finalmente sventolare sulle torri di Accon il 12 luglio del 1191: allora Adelardo nel giorno 16 dello stesso mese riconciliò solennemente le chiese profanate dai Turchi, assistito dagli arcivescovi di Tiro, di Pisa, e di Auch, e dai vescovi di Salisbury, di Evreux, di Bajona, di Tripoli, di Chartres e di Beaveais (11).
Dopo la presa di Accon Adelardo pensò bene ritornare alla sua Verona, ed ivi tutto dedicarsi al bene spirituale della sua chiesa. Pare che in tale circostanza al piccolo altipiano situato dietro il castello di S. Pietro egli abbia dato il nome di Nazaret e vi abbia eretta una chiesa ad onore dell’ Annunziazione di Maria: forse fu allora che quella località pervenne in potere dei nostri vescovi(12).
Tutte le memorie antiche si accordano nel presentarci Adelardo quale vescovo santissimo e zelantissimo, benché pochi fatti particolari ci diano. In un’opera abbastanza recente leggiamo di lui questo elogio: « In eo omnes fuere virtutes, quae ab ecclesiastico principe optimo et sapientissimo sperari aut optari possunt, quibus apud principes et summos pontifices eximia valuit gratia et benevolentia ».(13)
Nell’anno 1189 « die septimo intrante Januario (forse « Junio » … ) pro amore Dei et sancti Lucae » avea investito suor Elisabetta monaca di S. Pancrazio« de tota decima totius curtis Septimi, quae nunc sunt vel erunt vice et nomine beati Lucae Evangelistae ».(14)
Nel 1194 il dì 20 marzo consacrò la chiesa dei SS. Apostoli e tre altari della stessa. Il rito ci è brevemente descritto in un istromento notarile redatto nel medesimo giorno: « Dominus Adaelardus … consecravit supradictam ecclesiam de foris et de intus, et consecravit tria altaria, et fecit duodecim Cruces in circuitu de intus cum chrismate et unam Crucem supra solarium januae ecclesiae de antea, et collocavit Reliquias in supradictis altaribus, et exivit de illa ecclesia et ascendit super pergulum et praedicavit populo … ».(15 )
Concesse alcune indulgenze confermate ed ampliate dal card. Fidanzio Legato Apostolico, che era presente e si trovava a Verona fin dall’anno precedente.
Nel giorno 13 aprile del 1197 consacrò un altare nella chiesa di S. Martino in Corneto, « ad honorem Dei et sanctae Catharinae, et cantavit Missam … et exivit de ecclesia et ascendit super pergulum et praedicavit populo ».(16)
Nella domenica 2 novembre del 1207 consacrò la chiesa di S. Felicita, che dovea spettare al monastero di S. Nazaro: nella sera precedente l’abate « ordinavit et posuit cassettam cum reliquiis in craticula », le fece porre fuori della chiesa ed ivi « cum suis monachis et clericis cantavit vesperum, et ordinavit vigilari usque mane ».
La mattina seguente il vescovo consacrò quella chiesa « de foris et intus et consecravit unum altare … in quo locavit reliquias suprascriptas … et praedicavit populo », concedendo indulgenze a quanti visitassero
quella chiesa.(17)
Con atto del 7 giugno 1197 decretò l’unione della chiesa di Ss. Vito e Modesto di Brenzone (finora soggetta al monastero di S. Zeno) a quella di Malcesine; imponendo però a questa che ogni anno « in festo beatae Mariae semper virginis cerealis de mense Februario » dovesse dar come censo al monastero di S.Zeno « quottuor galetas boni olei ad galetam Malesilicis ».(18)
Con atto del 22 giugno del medesimo anno esortò i veronesi a concorrere con elemosine alla fabbrica della chiesa dei SS. Fermo e Rustico, « in qua eorum corpora preciosa in pace requiescunt »; la quale era stata cominciata dai Benedettini nel 1065: concesse anche molte indulgenze a quanti concorressero a quest’opera.(19)
Nel 1200 confermò ai canonici della cattedrale le loro giurisdizioni e possedimenti. Nello stesso anno determinò le decime che la chiesa di Ronco Levato avesse a pagare al monastero di S. Zeno.
Nel 1212 con atto 17 luglio autorizzò Forzano e gli altri canonici di S. Marco di Mantova ad edificare il monastero e la chiesa di S. Maria Maddalena in Campo Marzo.(20)
Verso la primavera del 1202 insieme con alcuni chierici veronesi andò a Roma per una controversia sorta per la nomina dell’arcidiacono della cattedrale. Dal pontefice Innocenzo III ottenne che in seguito detta nomina non si possa fare senza l’unanime consenso del vescovo e del capitolo.(21)
Sollecito del bene spirituale del suo gregge, « nel 3 marzo dell’ anno 1189, in choro sanctae Mariae Majoris Veronae, nel sinodo della chiesa di Verona fece leggere alcuni decreti e capitoli sulle elezioni, sui vestiti, ed uno per eccitare i sacerdoti a togliere fra il popolo i matrimoni clandestini ».(22)
Riguardo ai diritti giurisdizionali su alcune terre soggette al vescovo di Verona Adelardo dovette adattarsi alle mutate condizioni politiche. All’autorità imperiale, che spesso gli imperatori esercitavano per mezzo dei vescovi, era sottentrata l’autorità del comune, che per di più era locale. Così nel 1201 acconsentì ad una restrizione della sua giurisdizione sulla terra di Bovolone fino allora soggetta quasi esclusivamente al vescovo: più tardi, nel 1214, acconsentì che il suo gastaldo davanti al console giudice di Verona prestasse giuramento circa il modo, con cui eserciterebbe la sua giurisdizione, e questa solo per somme non superiori a soldi quaranta (23).
Più ancora dovette cedere a riguardo della terra di Legnago: dapprima nel 1207 concesse ad Azzo d’Este podestà di Verona l’esercizio della sua giurisdizione in Legnago; più tardi acconsentì che della giurisdizione in Legnago disponesse esclusivamente il podestà di Verona. Così Legnago fu sottratta del tutto al vescovo di Verona: a Legnago venne sostituito in qualche modo Monteforte(24). Nell’anno 1207 cedette pure al comune di Verona alcuni diritti sul castello di Montorio(25). (c)
Adelardo fu onorato di parecchie lettere e di uffici importanti dal pontefice Innocenzo. Di quelli riguardanti la diocesi di Verona diremo nel capo seguente: qui accenneremo brevemente alcuni spettanti ad altre diocesi.
Un enorme delitto avean commesso ancora al tempo di Celestino III i trevigiani: aveano ucciso il vescovo di Belluno Gerardo, ed usurpati i diritti di quel vescovado e di altri (26). Celestino III avea assoggettata all’interdetto la città di Treviso e scomunicati gli autori principali di quel delitto: ma non era ombra di resipiscenza. Perciò Innocenzo III affidò l’incarico di ridurli all’ubbidienza e di assolverli dalle censure al nostro card. Adelardo ed al vescovo di Ferrara: la lettera deve esser data il giorno 13 novembre del 1200(27).
Ad Adelardo commise pure il pontefice Innocenzo l’ufficio di investigare ed a Lui poi riferire intorno ad una controversia assai complessa che si agitava tra il vescovo di Vicenza Uberto III (o Gilberto) ed un certo conte Uguizio(28): la lettera non ha data.
Come era ben naturale, Adelardo si adoperò talvolta anche per gli interessi politici dei suoi veronesi.
Così il 2 luglio del 1198 lo troviamo presente con Enrico vescovo di Mantova ad un atto di pacificazione tra Mantova e Verona.(29)
Nel 1210 il dì 8 aprile lo troviamo a Parma presente ad una investitura fatta dall’imperatore Ottone V a favore di un certo « Jacobus de Vicoageris ».(30)
Dopo aver lavorato per la chiesa veronese e per altre per circa cinque lustri, Adelardo, forse per l’età avanzata di oltre ottant’anni, si decise a rinunziare alle sede vescovile, e si ritirò nel monastero dei Benedettini a S. Zeno. Questa rinunzia dovette essere verso il settembre dell’anno 1214; giacché un documento del 13 ottobre ci dà come « Episcopus electus » Norandino della famiglia dei Sordi già canonico della cattedrale.(31) In quel ritiro certamente Adelardo intendeva dedicarsi tutto al pensiero dell’anima sua: tuttavia troviamo anche in seguito due atti pubblici nella sua vita.
Dal pontefice Onorio III con breve del 4 maggio 1223 ebbe una commissione per il monastero di S. Vito di Calavena. Siccome l’abate ed i monaci si lamentavano che i delegati del Papa in una visita avessero introdotto delle novità improvvide e non conformi alla regola di S. Benedetto, così Onorio delegò Adelardo insieme con l’abate dei Vallombrosani della SS. Trinità ed il priore di S. Giorgio in Brayda di recarsi sul luogo, verificare la cosa e provvedervi definitivamente.(32)
Nell’anno seguente troviamo che, forse per malattia od assenza del vescovo Norandino, Adelardo tenne una sacra ordinazione nel 21 settembre, sabbato delle quattro tempora, e tra gli altri ordinò sacerdote un certo Bonafede, che fu priore della chiesa di Ognissanti.(33)
Morì Adelardo presso i monaci di S. Benedetto il 18 agosto dell’anno 1225, in età, a quanto dice un’antica pergamena, di 103 anni; la quale però erra quanto al giorno: « In die primo Januarii ind. XIII. 1225 obiit D. Adaelardus S. R. E. cardinalis et episcopus Veronae qui cum maxima castitate vixit 103 annos ».(34)
Il giorno della morte 18 agosto ci viene accertato da una iscrizione rozzamente incisa in tavola rossa trovata entro la sepoltura nelle due ricognizioni, che se ne fecero più tardi. La prima fu fatta nell’anno 1642; e se ne può leggere il documento presso Ughelli(35): la seconda nell’anno 1873, quando il sarcofago del card. Adelardo dall’abside a destra dell’altar maggiore fu trasferito nell’antico chiostro del monastero; se ne ha il documento nell’opuscolo su Adelardo stampato in Verona l’anno 1878(36): nella prima si rimise l’iscrizione al suo posto; nella seconda fu trasportata nel civico Museo. La diamo sciogliendo le abbreviature(37):
ANNO DOMINI MCC
XXV DIE XIV
EXEUNTE AUGUSTO
DOMINUS ADELARDUS
QUONDAM EPISCOPUS VERONENSIS
ET CARDINALIS
La forma « die XIIII exeunte augusto» significa « die XIII ante exitum augusti »: perciò essa dà come giorno emortuale il 18 agosto dell’anno 1225.
La salma di Adelardo, come risultò dalle due ricognizioni, nella sua tumulazione era stata rivestita con gli ornamenti pontificali: tra questi, il piviale, la stola ed i guanti erano lavorati assai finemente ornati di seta, argento ed oro, con abbondanti ricami in disegno latino(38): una buona parte di essi si conserva nel nostro Museo.
Due recenti scrittori nostri trattarono anche della così detta mitra di S. Zeno; che ritengono spettare al secolo XIII e potersi attribuire al card. Adelardo(39). È una mitra di tela bianca, preziosa sotto l’aspetto artistico. Da una parte porta su una tenia il Redentore con le sigle IC XC, fra i due simboli di S. Giovani Evangelista e di S. Matteo indicati dalle leggende: dall’altra ha l’imagine di Maria con ai lati S. Giovanni e San Giuseppe.(40) Sull’orlo della mitra si veggono le mezze figure dei dodici Apostoli: alcuni sotto il Redentore, altri sotto la Madonna: le infule son decorate da tre figure di santi senza iscrizioni. È chiaro per sé quanto sia importante questo monumento sotto l’aspetto storico-liturgico.
NOTE
1 – Così Biancolini, Cipolla, P. Gianfrancesco, ecc. Vedi anche MIGNE, Patrol. lat., Tom. CCXLV, col. 924 Nota 121.
2 – Presso UGHELLI, Italia sacra, Tom. V. col. 810.
3 – Di lui scrisse P. GIANFRANCESCO M. R. (GHEDINA) sotto l’anonimo: Adelardo II dei Cattanei primo Cardinale Veronese (Verona 1877). – Fu pubblicato in occasione della promozione alla porpora cardinalizia del nostro vescovo Luigi Di Canossa.
4 – JAFFÈ, Regesta RR. Pontificum, Num. 16347.
5 – Antichi archivi Veron. – Clero intrinseco. Registro II. Fol. 15 (internato).
6 – BIANCOLINI, Chiese di Verona V. P. II, pag. 230; CIPOLLA, Riprando … , pag. 8.
7 – RIANT nella edizione di HAYMARUS Monachus, Lib. tetrast. Proef., pag. LXI (Lugduni 1866).
8 – Presso BIANCOLINI, Dissert. sui Vescovi di Verona, pag. 48.
9 – HAYMARUS Monachus, De expugnata Accone. Liber tetrest., pag. 7.
10 – HAYMARUS, Op. cit., pag. 7 – L’allusione alla caduta di Ferrara ricorda che i veronesi due anni prima (1188) nel giorno dell’Ascensione aveano riportato vittoria sui ferraresi; CIPOLLA, L’Apografo Veronese- Vatic; presso ILGEN, Corrado March. di Monferrato, pag. 139 (Casale 1890). « Cum selecta multorum nobilium veronensium crucesignatorum ala, expugnationi civitatis Acconae interfuit Adaelardus ». Presso UGHELLI, Italia sacra, V, 811.
11 – ROHRBACHER, Storia della Chiesa. Lib. LXX. VoI. VID. Pag. 758 (Torino 1876)-
12 -BIANCOLINI, Chiese. I, pag. 384 – Li presso, un po’ in alto, v’era pure una chiesetta dedicata all’ Arcangelo S. Gabriele.
13 – Presso MIGNE, Patrol. lat., Tom. CCXIV. col. 924 Nota 121.
14 – BIANCOLINI, Chiese. V. P. I, pag. 230.
15 – BIANCO LINI, Chiese. IV, pag. 521, seg.
16 – BIANCOLINI, Chiese V. P. II, pag. 16. – E la chiesa di S. Catterina di Tomba.
17 – BIANCOLINI, Dissert. sui Vescovi. Docum. XVII, pag. 142, sego.
18 – BIANCO LINI, Chiese. III, 288. – I vari paesi del lago aveano la propria galeta: così v’ era la galeta Bardulini, la galeta Lecesii, ecc. Pare che la galeta in media corrispondesse a due bacede e mezzo: anche le bacede eran varie. CIPOLLA, Documenti per la storia … di S. Colombano in Bardolino, pag. 29 (Verona 1904).
19 – UGHELLI, Italia sacra V, 881; BIANCOLINI, Chiese VID, 151. Doc. X.
20 – BIANCOLINI, Chiese. IV, 658; ARRIGHI, Cenno storico intorno al monastero di S. Maria delle Vergini, pag. 13, 17.
21 – INNOC. III. Reg. Lib. II. Ep. 32, presso MIGNE, Patrol. lat. CCXIV. COL. 985.
22 – Così una scheda nei nostri Archivi comunali: ma il relativo documento si trova tuttora internato. Se tornerà dall’esiglio, lo pubblicheremo, perché troppo importante ed inedito.
23 -CIPOLLA, Statuti rurali Veronesi, pag. 12-14 (Venezia 1890).
24 – Documenti presso UGHELLI, Italia sacra. V, 812-834 – Vedi anche Sac. G. TRECCA, Legnago pag. 30, seg.
25 – BIANCOLINI, Chiese. III. Pag. 91.
26 – Alla lotta dei Trevisani contro i Bellunesi non furono estranei i Veronesi. Vedi MIGNE, Patrol. lat., CCXIV. col. 557.
27 – Presso MIGNE, Patr. Lat. CCXIV. col. 555-558, 922-926 – Vedi VERCI, Codice diplom. Ezzeliniano. Doc. 65, pag. 130-133.
28 – Presso MIGNE, Op. cit; col. 1128.
29 – CIPOLLA, Documenti per le relazioni tra Mantova e Verona, pag. VII, seg.
30 – BIANCOLINI, Serie cronol. dei Vescovi di Verona, pag. 23.
31 – Presso BIANCOLINI, Serie cronol. dei Vescovi di Verona, pag. 8.
32 – BIANCOLINI, Chiese V. P. II, pag. 124.
33 – BIANCOLINI, Chiese. IV, 762 -: Quindi resta escluso quell’Adelardo II, che alcuni scrittori nostri qui intrudevano, forse abbreviando la vita a Norandino. Vedi BIANCOLINI, Serie … , pag. 8.
34 – BIANCOLINI, Dissertazione sui Vescovi di Verona, pag. 45. 35 UGHELLI, Italia Sacra V. Col. 819, seg.
36 – P. GIANFRANCESCO, Adelardo II. Annot. 38, pag. 33, segg.
37 – Il fac-simile presso CIPOLLA, Note di storia veronese. XI, in N Arch. Veneto. Tom. V. P. II. (Venezia 1903).
38 – CIPOLLA, Gli incunabuli dell’arte della seta in Verona, pag. 10 (Venezia 1886).
39 – CIPOLLA, Una mitra del secolo XII, in l’Arte IV. pag. 151 (Firenze 1901); SIMEONI, La Basilica di S. Zeno in Verona, pago 83.
40 – Se non il più antico, è certo fra i più antichi monumenti, che ci attestino il culto di S. Giuseppe.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. VI (a cura di Angelo Orlandi)
a) Per l’epoca del card. Adelardo valgono parecchi degli studi citati al cap. IV. Si può aggiungere qualche altra indicazione. W. HOLTZAMAN, Anecdota veronensia, in Papsttum und Kaisertum. Forschungen P. Kehr dargebracht, Muenchen, 1926, pp. 369-375; L. SIMEONI, Il Comune, in Verona e il suo territorio vol. II. Verona, 1964, pp. 243-347; P. ZERBI, Papato, impero e “res publica christisne” dal 1187 al 1198, Milano, 1980, pp. XII-XV-197.
b) Secondo recenti studi Adelardo apparteneva ad una famiglia «De Bissis »,
c) Sulle vicende delle giurisdizioni vescovili e della Mensa vescovile si può vedere: R. SCOLA GAGLIARDI, La Mensa vescovile di Verona con particolare riferimento al territorio di Bovolone dal XV al XVIII secolo, Verona 1987, pp. 222. (Studi e documenti di storia e liturgia, V).
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II