Maria col Bambino fra l’Apostolo S. Bartolomeo e Sant’Antonio: poco prima dell’inizio dei lavori della chiesa di Madonna della campagna su disegno del Sammicheli, davanti a questa immagine il vescovo Agostino Lippomano nella festa di Pentecoste celebrò la messa.
VOLUME II – EPOCA IV – CAPO II
SOMMARIO. – Pietro Lippomano – Il suo coadiutore – Luigi Lippomano – Interviene al Concilio di Trento – Legazione presso Carlo V – Legazione in Polonia. – Sua operosità in Roma – Visite nella diocesi di Verona – Il vicario – Regolamento per la scuola dei chierici. – Industrie del vescovo per la conservazione della fede in Verona – Il monastero delle Maddalene – Vite dei santi ed altri scritti – Relazione con nomi celebri per santità – Traslazione alla sede di Bergamo – Agostino Lippomano – La chiesa di S. Maria della Pace.
Il vescovo Giberti pochi mesi prima della sua morte avea proposto come vescovo di Verona Pietro Contarini gentiluomo veneziano; e ne avea presentato domanda al doge di Venezia ed al pontefice Paolo III. Ma, non sappiamo di certo per quale motivo, la sua domanda non fu esaudita (1). A reggere la chiesa veronese fu mandato Pietro Lippomeno, il quale nella serie dei nostri vescovi sarebbe il centesimoquinto, e resse in qualche modo la nostra chiesa per circa quattro anni.
Oriundo di nobile famiglia veneziana, Pietro fu commendatario ed arciprete di Asola nel Bresciano, chiesa indipendente dal vescovo di Brescia; e tenne poi quell’ufficio anche durante l’episcopato veronese sino alla sua morte. Per la sua munificenza si rese assai benemerito della popolazione di Asola; tanto che alla sua morte quella comunità pensò di cedere il juspatronato di quella commenda alla famiglia Lippomano(2). Nel 1516 fu nominato vescovo di Bergamo: fece il suo solenne ingresso nel 1519; fu consacrato nel 1530, non avendo potuto prima per mancanza dell’età canonica: ivi s’adoperò molto con decreti e con punizioni per impedire l’invasione dell’ eresia luterana nella sua diocesi e la diffusione di libri infetti dei nuovi errori(3).
Alla morte del vescovo Giberti, Pietro Lippomano il giorno 16 febbraio 1544 fu nominato vescovo di Verona dal pontefice Paolo III; e da Bergamo condusse seco per coadiutore anche a Verona il suo cugino Luigi Lippomano. (a)
Il suo ingresso in Verona nel giorno 26 ottobre fu decorato solennemente dai veronesi: per le vie erano disposte iscrizioni elogistiche, ispirate però a sentimenti cristiani ed aliene dallo stile umanistico pagano, che si usava anche a Roma per l’ingresso o l’inaugurazione di un nuovo Papa(4). A nome del consiglio dei XII tenne a lui l’orazione gratulatoria il conte Ludovico Nogarola: in essa auspicava bene al nuovo vescovo, massime perchè la popolazione veronese per grazia di Dio e per l’opera del vescovo Giberti era immune degli errori del protestantesimo.
Delle opere di Pietro Lippomano nel suo episcopato veronese poco sappiamo: ma certo non fece molto, sia perchè il suo episcopato fu breve, sia anche perchè dal Papa Paolo III fu mandato per una legazione nella Scozia. Da alcuni documenti, dei quali abbiamo qualche transunto balleriniano nella collezione Santi Fontana, si rileva che egli si adoperò, se non in persona, certo per mezzo del suo coadiutore, per continuar l’opera di riforma iniziata con suo grande profitto dal suo antecessore. In una lettera del coadiutore Luigi al card. Cervini in data del 24 luglio 1548 leggiamo: «Ho rinnovato una visita foranea di 25 visitatori, la quale dopo la morte del vescovo (Giberti) era interrotta, che certo è la salute della diocesi… li monasteri erano alquanto allargati: … riduco tutto al pristino secondo le istituzioni del vescovo morto, salvo alcuni estremi rigori quos fragilitas temporis nostri non patitur, et forse per esser troppo austeri non sono durati più che tanto».
Tra altri abusi deplora che massime nelle campagne siano persone povere e miserabili congiunte entro gradi di affinità o consanguineità o cognazione spirituale proibiti: perciò implora speciali favori dal Papa «come aveva anco il predecessore»(5).
La stessa domanda rivolge anche al Cervini in lettera del 27 agosto 1548: ed anche in essa si dice coadiutore, benchè il vescovo Pietro fosse morto il giorno 9 dello stesso mese; ma era morto nella Scozia. In questa lettera deplora la grande ignoranza di molti curati sottoposti ad un esame: deplora altresì disordini morali nella «Scola» delli clerici alla quale vi vanno 24 accoliti et forse 40 altri clerici»: e si lamenta di non potere apporvi rimedio, a causa delle pretese dei canonici: «in questa città vi è un mag.co Cap.lo molto terribile che non solo fa il suo ufficio, ma vorrebbe anche far quello degli altri»; e parla di vari casi occorsi. Nella stessa lettera domanda la facoltà che i sacerdoti massime sulle montagne potessero riconciliare le chiese ed i cimiteri violati, usando l’acqua benedetta dal vescovo(6).
Il vescovo Pietro Lippomano mori nel castello di Edimburg in Iscozia il giorno 9 agosto 1548. A lui come era ben naturale, successe il di lui cugino e coadiutore, vescovo titolare di Modone Luigi od Alvise Lippomeno, detto dal nostro vescovo Liruti «Laborioso, dotto scrittore e zelante vescovo»(7): egli è il vescovo centesimosesto, e governò la nostra chiesa per circa dieci anni (1548-1558). Dal Portogallo, dove avealo mandato come suo legato Paolo III, allora venne in Italia a prender possesso della chiesa di Verona.
Egli pure fu spesso assente da Verona, parte per il Concilio di Trento, parte per legazioni a lui affidate dai pontefici. Già ancor coadiutore intervenne al concilio di Trento almeno dalla sessione quarta tenuta il giorno 8 aprile 1546 (8).
Causa la traslazione del Concilio a Bologna, nel marzo del 1547 passò a Bologna(9): di là andò a Roma il 2 marzo 1548 per esporre al Papa ed ai cardinali la necessità di continuare il concilio di Bologna, nonostante l’opposizione prepotente dell’imperatore Carlo V.
Nel 1551, riaperto il concilio a Trento il Lippomano vi fu mandato come Nunzio apostolico con breve del 4 marzo insieme col primo Presidente il card. Marcello Crescenzio e l’altro Nunzio Sebastiano Pighino arcivescovo di Siponto(10). Entrarono solennemente in Trento il 29 aprile; il nostro vi si trattenne sino alla sospensione del Concilio, dando prove della sua insigne dottrina teologica e della sua ammirabile prudenza (11). Nella sessione decimasesta (22 aprile 1552) fu decretata la sospensione del concilio, ed allora il Lippomano tornò alla sua chiesa di Verona. (b)
Oltrecchè per il concilio, il nostro vescovo fu adoperato dai Papi anche per importanti legazioni, massime per la causa del Protestantesimo. Le più importanti di queste furono due.
La prima fu all’imperatore Carlo V in Germania. Gli fu affidata questa legazione nel concistoro tenuto da Paolo III il 31 agosto 1548. Il Lippomano partì ben presto da Roma, munito di amplissime facoltà; nel giorno 10 dicembre era a Colonia, di dove scrisse al card. Cervini: il giorno 23 era a Bruxelles, ed ivi nel giorno 3 gennaio fu ammesso a colloquio da Carlo V, senza nulla con chiudere, come era a prevedersi: indi tornò a Roma ed a Verona(12).
Importantissima fu pure la legazione commessa al Lippomano per sistemare le divergenze religiose nella Polonia. Vi fu mandato come Nunzio da papa Paolo IV insieme col gesuita P. Salmeron, con breve 1 giugno 1555: in viaggio trattò anche col re Ferdinando; giunse a Wilna il 28 ottobre. Composte sufficientemente quelle divergenze, si ritirò dalla Polonia verso il principio del 1557: il giorno 7 marzo era a Verona; a Roma andò soltanto in giugno, e forse vi si trattenne sino al maggio del 1558(13): lo troviamo membro di una Commissione nell’ottobre dello stesso anno; di un’altra nel maggio dell’anno seguente: in Roma era confratello di S. Maria della Grazia, era deputato alla cura dei poveri (14). Si aggiunga che affari gravissimi erano a lui affidati in Roma. Così un ufficio gravissimo gli fu commesso in Roma nel 1557 per la cura degli affari temporali del Papa.
Si direbbe che tutti questi affari estranei alla diocesi di Verona dovessero esaurire tutta l’attività del vescovo Lippomano. Eppure vediamo brevemente quanto egli abbia fatto per la chiesa a lui affidata. (15)
Anzitutto egli si prefisse di seguire religiosamente le linee tracciate dal vescovo Giberti.
Primo mezzo efficacissimo per mantener sulla retta via il clero secolare e regolare ed i fedeli fu quello delle visite pastorali. Già quando era ancor coadiutore del cugino Pietro, fece una visita alla diocesi per mezzo di venticinque visitatori, la quale con alcune interruzioni durò quasi tre anni: il suo vicario Jacopo Livrerio nel giorno 3 novembre del 1550 visitò l’oratorio di S. Maria de corona.
Nell’archivio della Curia vescovile si ha un volume delle visite fatte alle chiese di Verona (eccettuata la cattedrale e quelle dei Religiosi) l’anno 1553 dal maggio all’ottobre: due altri volumi contengono le visite fatte alle chiese della diocesi negli anni 1553, 1555, alcune fatte dal vescovo stesso, altre dai suoi vicari e visitatori.
Il processo in ciascuna visita è quasi sempre identico: il vescovo entra in chiesa, visita il tabernacolo, il battistero ed i vasi degli olii santi, visita il cimitero pregando per i defunti, dà il sacramento della confermazione, tiene un sermone e benedice i fedeli: spesso celebra o fa celebrare la messa. Poi interroga il parroco o rettore circa gli inconfessi, i concubinari, ecc.; interroga il massaro ed altre persone circa la condotta dei sacerdoti; poi, avuto l’inventario dei sacri arredi, li fa esaminare dai suoi visitatori e prescrive quali si devano abolire del tutto, quali riparare ecc. ecc.
A titolo di curiosità diamo due fatti tolti da queste visite. Il primo è dal preavviso di una visita, che il vescovo mandava al parroco di Bionde Visegna il 15 aprile 1553: « … dichiarandovi che volemo disnare solamente in quel loco et haveremo con noi circa vinti boche con tredici cavalli, et che voi ne debiate fare provisione parcamente però non mandando altrove a cercar ne vini ne altri cibi delicati et exquisiti, ma dandoci solamente cose comune in quel loco et non excedendo due vivande sotto pena a chi contrafacesse al presente ordine nostro di pagare soldi 25 alla Camera dei poveri et altra ad arbitrio nostro. Data in Bovolone alli 15 aprile 1553».
L’altro è dagli atti della visita alla chiesa di Pojano 21 agosto 1553: «D. epus veron. ore proprio personaliter intimavit R.do D. Augustino rectori ecclesiae poiani quod sub poena suspensionis a divinis abstineat a conversatione laicorum et a ludo et aliis quae bonum ecclesiae parochialis rectorem non decent».
Per mantenere il clero nella via retta certamente dovea giovare che il vescovo, spesso assente dalla sua diocesi, avesse un vicario atto a quell’ufficio ed educato alla scuola del grande riformatore il vescovo Giberti. Come tale da persone altolocate fu indicato il nome di Filippo Stridonio sacerdote insigne per santità, dottrina e prudenza. Ma il vescovo Lippomano scriveva al card. Cervini da Verona 9 settembre 1548 «Ho trovato il suo nome tanto odioso nel clero, se ben da tutti
tenuto huomo da bene, et questo solamente per la sua rigidità, cha non mi è parso espediente asseguir quanto si era pensato»(16). Invece dello Stridonio nominò suo vicario generale Jacopo Livrerio, dotato esso pure di ottime qualità, massime di zelo operoso per mantener in Verona illibata la fede contro gli errori dei pseudo-riformatori.
S’adoperò di molto anche per la retta formazione del giovane clero. A Verona già prima del Concilio di Trento esisteva una specie di seminario: era la «scola dei clerici», nella quale si adunavano non solo gli accoliti destinati al canto ed al servizio della cattedrale, ma anche altri giovani che il vescovo d’accordo col capitolo indirizzava per la via ecclesiastica. Nel giorno 17 dicembre 1555 di comune consenso del vescovo e dei canonici, fu emanato un nuovo regolamento «per rimediare ai scandali quotidiani et per troncar gli abusi che erano sutintrati». Si cercava farne «quasi come un seminario da cavarne i preti che l’havessero ad honorare et far famosa; la cura principal nostra debbe esser in procurare che sopra il tutto riescan dotti e virtuosi» (17).
Abbiamo accennato che a Verona non aveano attecchito le nuove eresie della Germania. Tuttavia è pur vero che anche a Verona se ne sentivano le conseguenze: non v’ erano eretici, che si professassero tali; ma v’ erano molti veronesi esitanti ed incerti: anche tra le persone di buona condizione si metteva in dubbio qualche verità cattolica, si discuteva, si disputava sulla sufficienza della fede per salvarsi, sui frutti della morte di Gesù Cristo, sulla verità di qualche sacramento. Per rassodare nella mente dei suoi veronesi la fede il vescovo Lippomano fece venire a Verona predicatori di sane dottrine, tra gli altri il celebre gesuita P. Salmeron, il quale dal novembre 1548 alla metà del febbraio 1549 spiegò ai fedeli nelle domeniche la lettera di S. Paolo ai Romani, e riuscì a far bruciare molti libri eretici, che erano stati diffusi in Verona(18).
Nel 1550, assente il vescovo, il suo vicario Jacopo Livrerio al principio della Quaresima fece venire a sè i predicatori ed intimò loro che predicassero la parola di Dio, quale ci è trasmessa dalla Chiesa cattolica: tuttavia un frate Hieronimo Fiorenzuola dell’Ordine dei Servi predicò cose «scandalose et eretiche»; perciò a mezza Quaresima lo citò e si fece promettere che predicherebbe dottrine sane; ma fu tutt’altro; e perciò nel sabato santo fece processo e gli proibì qualunque predicazione(19). In seguito da lettere del vescovo al card. Cervini (27 dicembre) sappiamo che il frate fu condannato ad un anno di penitenza nel convento di S. Domenico, pena a lui poi mitigata dal vescovo. (d)
Che a Verona non vi fossero veri eretici, ci par chiaro da un editto severissimo dato dal Consilio dei X di Venezia di inquisire e scacciare gli eretici: in questo editto sono nominate varie città della Repubblica, Padova, Vicenza, Brescia, Bergamo; non v’ è nominata Verona (20). L’opera dei nostri vescovi non fu infruttuosa(21).
Quanto ai monasteri, la riforma introdotta dal vescovo Giberti si manteneva tuttora. Però nelle carte cerviniane (nostre balleriniane) abbiamo due lettere relative al monastero delle Maddalene. Il vicario Jacopo Livrerio in data 24 aprile 1549 scriveva al card. Cervini, a lui assegnato dal vescovo «avanti la sua partita» come «tutor et protettor della chiesa veronese»: «Già per mons. r.mo b.m. Giammattheo il monastero di S. Maria delle Verzene detto delle Maddalene fu cavato dalle mani di frati di S. Fermo … et dato al governo del vescovo, et di uno luoco infame et disonesto e fatto monosterio essemplar et honestissimo luoco di religiose. Adesso questi buoni padri tentano di nuovo aver il regimine di questo monast.» Prega il cardinale di opporsi nel caso che essi tentassero aver un breve da Roma,… «che saria causa … di un specchio di santità che è fatto farne norma di ogni mal essempìo et cattivo costume:»
Così pure al Cervini scriveva il vescovo Lippomano da Salzburg il 22 luglio dello stesso anno: «I frati conventuali di S. Francesco, ai quali lasciar conventi di monache e mortalissimo peccato, ardiscono hora repetere un convento toltogli con tanta vergogna et infamia… nella reformatione del quale la buo.me. del vescovo Gio. Mattheo tollerò tante fatiche e travagli»(22). Di altri conventi, sia maschili, sia femminili, non abbiamo notizie particolari.
Nonostante l’immensa operosità del Lippomano per il Concilio, per le legazioni e per la diocesi, egli trovava pur tempo di occuparsi negli studi. Tra le molte sue opere la più eminente è l’insigne raccolta di Vite dei Santi in otto volumi: opera, nella quale egli tendeva non solo a muovere i fedeli all’imitazione dei santi, ma insieme ad appurare la verità dei fatti che egli narrava: la sua opera è retta dai principii di una sana critica, e come tale fu assai lodata dal Surio, dai Bollandisti ed anche dagli agiografi recenti. Scrisse pure intorno alla sacra Scrittura ed ai Padri; un’ opera dogmatica in relazione alle nuove eresie, una esposizione del simbolo e dei precetti della carità, ed altre(23).
Aggiungiamo che il suo modo di pensare fu rettissimo sotto ogni aspetto, la sua vita intemerata ed esemplare. Fu in intima relazione personale ed epistolare coi più santi e dotti personaggi del suo tempo: col card. Cervini che fu poi Papa Marcello II, col card. Pietro Contarini, con sant’Ignazio di Loyola(24), col p. Salmeron ed altri.
Nel giorno 20 luglio 1558, non sappiamo per quale motivo, fu nominato vescovo di Bergamo e segretario del Pontefice: stette però quasi sempre a Roma dove morì il giorno 15 agosto del 1559 e fu sepolto nella chiesa di S. Caterina dei Funari.
Nel 1558 fu nominato vescovo di Verona Agostino Lippomano.
Nella famosa spianata del 1518, del convento degli Agostiniani fuori della porta del vescovo era rimasto un piccolo tratto di muro, su cui era dipinta un’immagine di Maria col Bambino fra i santi l’Apostolo S. Bartolomeo e Sant’Antonio. Verso la metà del secolo si infervorarono i veronesi nella devozione a quell’immagine, della quale si narravano innumerevoli grazie e miracoli; e così nel giorno 19 aprile 1559 deliberarono di portar quell’immagine in una località più discosta, con l’intenzione di erigere ivi un santuario e portar ivi quell’immagine. Precariamente si eresse ivi un altare, sul quale il vescovo celebrò la santa messa nella festa di Pentecoste; e poco di poi si diè principio alla fabbrica della magnifica chiesa su disegno del celebre Michele Sammicheli(25). Il vescovo Agostino Lippomano morì a Padova nel giorno 7 luglio dello stesso anno.
NOTE
1 – I Ballerini attribuiscono il fatto all’umiltà del Contarini: ma da una lettera del Collegio Veneto a Fr. Veniero, ambasciatore a Roma trasparisce che il vescovo Pietro fece pratiche per esser trasferito da Bergamo a Verona. Presso TACCHI-VENTURI, Storia della Compagnia di Gesù, Vol. I, Docum L e Nota, pag. 251
2 – BESUTTI, I Vescovi di Brescia e la Diocesi di Asola, in Brixia Sacra, 1914, pag.81.
3 – UCCELLI, Dell’eresia in Bergamo nel XVI secolo, in Scuola cattolica, voi. v., pag. 222-236 (Milano 1875).
4 – Intrada di P. Lippomano in Verona addi 26 Ottobre 1544 (Verona 1862).
5 – Devono essere nell’Archivio di Firenze. Carte Cerviniane. Filza 22 S. V. XVII. presso PASTOR, Storia dei Papi, VoI. V., pag. 332, Nota 5.
6 – Archivio di Firenze, Carte Cerviniane, Filza 43 S.V. XXXI.
7 -LIRUTI, Dei Vescovi della chiesa veronese (Verona 1819).
8 – EHESES, Concilium Tridentinum, Vol. II. pag. 48 (Friburgi 1904).
9 – «Lodovico Lypomane Benitiano vescovo di modon et coadiutor de Verona in san Salvator». Così un registro dei residenti a Bologna, presso CARCERERI, Storia esterna del concilio di Bologna, pag. 65 (Montevarchi 1902).
10 – Il card. Crescenzio infermatosi venne a Verona, ed ivi morì nel convento degli Olivetani a S. Maria in Organo il 28 maggio 1552: il suo corpo fu trasportato a Roma e sepolto nella basilica di S. Maria Maggiore.
11 – PALLAVICINa, Storia del Concilio di Trento Lib. XI, Capo XIII, XIV; PASTOR, Storia dei Papi, Vol. VI, pag. 65, segg. Pag. 65-71 (Roma 1922).
12 – PASTOR, Op. cit; Vol. V., pag. 629-632.
13 – PASTOR Op. cit. VoI. IV. ag. 327-530. (c)
14 – MASSARELLI, Diaria Concilii Trid; 318 (Friburgi 1911).
15 – TACCHI-VENTURI, Storia della Compagnia di Gesù, Vol. I, pag. 421-425.
16 – Carte Balleriniane nella raccolta Santi Fontana, dall’Archivio di Stato di Firenze Carte Cerviniane Filza 43 S.c. XXXI. – In fine alla lettera si ha un poscritto: «I canonici si sono sottomessi».
17 – SPAGNOLO, Le scuole accolitali. Num VII (Verona 1905)
18 – Ciò apparisce da diverse lettere del P. Salmeron da Verona. Vedi SALMERON, Epistolee, Tom. I, pag. 70-72 (Matriti 1906, 1908).
19 – Livrerio al card. Cervini 7 aprile 1550, presso TACCHI-VENTURI, Storia della Compagnia di Gesù. Vol. 1, Docum. 45, pag. 532-534 (Roma 1910)
20 – PASTOR, Storia dei Papi, Vol. V., pag. 677 (Roma 1914).
21 – In una lettera al card. Cervini il Lippomano deplora che si abbia mandato il P. Salmeron in Germania. «Dio perdoni a chi fu causa di levare don Alfonso da Verona, dove faceva altro frutto che non fa in Eughetstoch, sepulto in una stufa».
22 – Carte Balleriniane dall’ Archivio di Stato di Firenze. Carte Cerviniane. Filza 22. 44,
23 – FEDERICI, Elogi istorici di illustri ecclesiastici veronesi. Tom. II, pag. 23-30.
24 – Si hanno parecchie scritte da Sant’Ignazio al Lippomano in Monumenta Ignatiana, Serie I. II. 231, III. 61, 203, 224 (Matriti 1903-1907).
25 – BIANCOLINI, Chiese di Verona, IV, pag. 405, seg,; ANT. PIGHI, La Madonna della Pace, pag. 4-6 (Verona 1921).
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II
APPENDICE AL CAPO II
Nella stesura del capo II abbiamo accennato all’ingresso solenne del vescovo Pietro Lippomano, ed in nota ad un opuscolo (Intrada) pubblicato in Verona l’anno 1862. Da oltre due mesi avevamo cercato quell’opuscolo nella Biblioteca comunale, nella capitolare, nella vescovile; ma sempre inutilmente.
Finalmente per le premurose ricerche dei preposti alla Biblioteca comunale quell’ opuscolo fu trovato, quando ci era impossibile usarne per la stampa del capo II. Crediamo non dispiacerà ai lettori averne ora un cenno ed alcuni tratti.
Anzitutto il titolo dell’opuscolo è: La intrada de mon. signor episcopo de Verona Lippomano adj 26 ottobre 1544. Fu scritto adj ottubrio 1544 da uno scrittore, che non ne sapea nulla, nè di grammatica, nè di ortografia e ben poco di grafia. Il sac. Cesare Cavattoni nel 1862 lo pubblicò, quale lo poté leggere; e noi ne daremo piccoli tratti, quali li lesse.
Dopo il titolo segue:
«Prima fece la sua prima intrada in pontìfical (a cavallo sotto un baldacchino) 26 ottubrio 1544 a hore 22; et avanti dodese giorni della sua intrada stette a S. Lonardo fora della porta de Sorio … andette a S. Michele … Vene per la porta del vescovo dove era fato un bel aparato … vene delongo al ponte delle Nave dove era fatto una porta postiza belissima … Vene poi alla volta della piaza, dove era parechiato una tore apreso al Capitello … Poi vene de longo alla volta de santa Maria Inchiavega … et poi alla volta de santa Nestasia … Di poi andete de longo al domo, dove era aparato grando de belle figure alantiqua … Alla porta grande del domo, dove dovea jntrar sua signoria et tuto el popullo lo aspetano … et lui desmontò a quella picolla et jntrò in domo».
Qui riferisce come per questo scambio nacque una zuffa accanita tra «tuti li gentilhomini alla porta granda per tor el suo cavalo», per devozione o per ambizione; zuffa terminata poi in casa del magnifico Podestà «chera in quel tempo messer Zuan Matthio Bembo… et deliberò chel caval fuse del Monte della Piatà… et tutj fu tacitj et contenti… Tuta la spesa fata jnel aparato per la jntrada de Mon Signor Eppiscopo fatta per la Magnifica Comunita … Dela parte della spesa che hano fatto il Canonici nol so».
Indi abbiamo la lista dei personaggi; che presero parte al corteo: «La prima muda a San Lonardo – La seconda muda – Quelli che andò a san Michele – Li 18 Deputadj al baldachin – Li 4 che governava le compagnie occio andase tuty per hordine – sey stafieri – Li 16 mazeri – Quellj che jnvidò la gioventu per andar jncontro a Mon Signor Reverendo».
Segue la lista del «presente fatto per la Magnifica Comunita a Mon Signor Eppiscopo Lipomano, el qual non acetò niente, salvo uno piato de tartufole et due trute, et il resto mandò jndrio(1): XI Trute de libre otto luna – 2 Piati de cedri – 50 Libre de salzizoni – 1 Piato de tartufole – 32 Sachare de tordi – 16 Para de pernìse – 10 Para de anarotj – 16 Para de caponi – 4 Vedelli – 8 Pezze de formazo – 2 Para de Pavoni. – Il Capitolo deli Canonici li volse fare un beletissimo presente ma non volse acetar cosa alguna».
Diamo pure un saggio delle iscrizioni, quali le dà corrette il Cavattoni:
«Alla porta del Vescovo: Ingredere, exoptate, tuum te expectat ovile. – Al ponte delle Nave: Sit faustum Lipomane Athesis cursare (o transire) fluenta … : – Ali piedi de Verona: Dic amni bona verba sacer, sunt flumina sacra… – In la piaza: Exulta Verona novo pastore superba … – In Chiavega: Mille tibi niveae pascunt his montibus agnae .
– In piaza de S. Anestasia: Tutelam pastoris oves per gramina laetae…
Nunc tege nos, dilecte Deo, quem fata dedere …
«Nela chiesa del Domo de Verona» le iscrizioni erano tutte tolte dalla sacra Scrittura. La prima: Attende – tibi et universo gregi… L’ultima: Pascet te in fortitudine Domini in sublimitate nominis Dei sui.
È chiaro quanto a ragione il Pastor abbia elogiato come cristiane e classiche le iscrizioni veronesi a confronto delle romane. – Saranno esse pure frutto ed indizio dell’ educazione data al clero ed al popolo veronese dal vescovo Giberti?
Il Cavattoni nella prefazione all’ opuscolo La intrada ci dice una particolarità non narrata dai nostri scrittori; che, cioè, Pietro Lippomano, ottimo e generoso pastore, appena venuto a Verona donò al nostro Monte di Pietà mille ducati.
NOTE
1 – Osserva il Cavattoni che la Comunità presentava regali anche ai Principi e Principesse che passassero per Verona; ma soltanto dei vescovi si legge che accettassero solo una piccola parte a prova del loro gradimento, e restituissero il resto.
ANNOTAZIONI AGGIUNTE AL CAP. II (a cura di Angelo Orlandi)
a) Studi più recenti hanno accertato che Luigi Lippomano non era nipote, ma cugino di Pietro: risulta da documenti anagrafici autentici e originali. Pertanto si è corretto in questo punto il testo di mons. Pighi. Cf. L. TACCHELLA, Il processo agli eretici veronesi nel 1550; S. Ignazio di Loyola e Luigi Lippomano (carteggio), Brescia 1979, pp. 10-30. Si veda anche: H. JEDIN, Storia del Concilio di Trento, III: Il periodo bolognese (2547-48) Il secondo periodo trentino (1551-52), Brescia 1973, p. 334, n. 44.
b) Per l’attività del Lippomano al Concilio di Trento si può vedere quanto dice il citato Jedin, sia quando vi fu come coadiutore de cugino nel primo periodo trentino e nel periodo bolognese, sia quando vi fu come vescovo titolare di Verona e Legato papale nel secondo periodo trentino. H. JEDIN, Storia del Concilio di Trento, II: li primo periodo (1545-1547), Brescia 1962; Vol. III: Il periodo bolognese (1547-48). Il secondo periodo trentino (1551-52), Brescia 1973.
c) Sulla legazione del Lippomano in Polonia ha scritto recentemente L. TACCHELLA, Paolo IV e la nunziatura in Polonia di Luigi Lippomeno, vescovo di Verona (1555-1557), in Miscellanea Historiae Pontificiae, 50 (Roma 1983), pp. 231-260.
d) Notizie più ampie sul processo agli eretici veronesi nel 1550 si possono leggere nel citato volume de Tacchella (Cf. nota a.) Sull’attività pastorale del Lippomano, specialmente nelle visite, si può vedere: L. T ACCHELLA, La visita pastorale di Luigi Lippomano alle parrocchie della città di Verona (1553-1555), in Vita Veronese XXXI (1978), pp. 130-134,201-208,260-267.
Fonte: srs di Giovanni Battista Pighi, da CENNI STORICI SULLA CHIESA VERONESE, volume II