Il Tenente Colonnello suicida
Mi chiamò ripetutamente al telefono. Era in uno stato ansioso. Voleva al più presto incontrarmi. Quando lo vidi, rimasi scioccato.
Era un Tenente Colonnello dei Carabinieri, ancora giovane, con i segni solo sui capelli, divenuti grigiastri alle tempie, della nuova età incombente.
Ci sedemmo ad una tavolino, in un angolo di un bar in Roma, molto appartato.
Subito pose la sua pistola d’ordinanza sul tavolo.
Era visibilmente agitato.
Gli dissi di calmarsi e di parlarmi con distacco da tutti gli eventi che gli stavano accadendo.
Così esordì: “Lei è l’unico che ha capito come stanno le cose nell’Arma e come bisogna agire, senza perdere tempo, per restituire voglia di vivere e di lavorare ai Carabinieri”.
Deglutì un po’ di saliva. Non lo interruppi. Poi così proseguì: “Sono nell’Arma da circa 20 anni. Ho cominciato da giovane. Sono entrato in Accademia con molto entusiasmo. Alla Scuola Ufficiali provai le prime delusioni. Già si poteva rilevare chi, fra di noi, avrebbe fatto carriera perché “figlio di papà”.
Ma subito alla territoriale ripresi fiducia. Lì si lavora sul serio.
Mi buttai a capo fitto sul mio lavoro. Lavoravo notte e giorno, indefessamente, stando in mezzo ai miei uomini, che facevano a gara per uscire di servizio con me.
Avevamo fatto un bel gruppo. Poco ci importava che l’Italia stava deflagrando e la nostra società stava perdendosi, soprattutto dal punto di vista morale.
La sua comparsa nel COCER Carabinieri dapprima ci lasciò perplessi. Poi capimmo perché lei stava lottando così caparbiamente contro un sistema che stava affliggendo i Cittadini e la nostra Istituzione.
Un bel giorno, promosso Tenente Colonnello, mi sono trovato al Comando di un Comando Provinciale dei Carabinieri.
E lì mi è crollato il mondo addosso.
Taluni mi vanno dicendo che, finita la festa dei 200 anni dell’Arma, la nostra Istituzione sarà sciolta”.
Si alzò in piedi e mi disse con voce strozzata: “L’Arma è già stata sciolta. Mentre molti generali lo hanno capito e tirano a campare con lussuosi stipendi e doppi incarichi, che servono per tappare loro la bocca, i carabinieri dei gradi più bassi ancora vivono di illusioni e di belle parole, come gli alamari attaccati sulla pelle!”.
Quasi urlando: “Porca Giuda, si debbono svegliare”.
Riprese con voce più calma: “Noi Carabinieri, in questa Repubblica di ladri, corrotti, parassiti, incapaci e collusi con le mafie e le lobby di potere economiche, non contiamo più nulla.
Nel 1989 ci hanno affiancato la Polizia di Stato, che non è tale perché non è su tutto il territorio nazionale. Noi soli siamo dappertutto e siamo l’unica polizia dello Stato.
Ma, come ha detto Cossiga, si doveva creare una polizia che fosse asservita ai comunisti. E così è accaduto e i contrasti interni sono andati alle stelle.
Oggi noi abbiamo perso ogni potere nel campo della polizia giudiziaria, dove imperversano i pubblici ministeri, taluni quali fanno ciò che vogliono e indagano gli avversari politici.
La polizia giudiziaria non gode più di alcuna autonomia operativa.
Nel campo della sicurezza pubblica, taluni funzionari di polizia la fanno da padrone, agendo come una polizia di regime, costruendo falsi processi e picchiando selvaggiamente i cittadini che manifestano. Con noi carabinieri messi là a guardare come statuine.
Avevamo un grosso potere: quello informativo. Bastava una nostra lettera al Re perché prefetti, questori, magistrati e alti dirigenti dello Stato andassero a casa”.
Lo interruppi: “Quando ero giovane capitano, mi arrivò una lettera del Vaticano. Mi chiedevano come si comportava un prete, dovendosi decidere la sua elezione a vescovo. Un tempo lo Stato, e non solo, si fidava di noi”.
Proseguì lui: “Oggi lo Stato va avanti sulle notizie giornalistiche che sono costruite per fini esclusivamente politici.
Bisogna fare qualcosa urgentemente, se no siamo perduti. L’Arma è un grosso patrimonio per il Paese e non va disperso”.
“Caro Tenente Colonnello, quando da Presidente del COCER mi proposero di sostenere la legge di riordino dei Carabinieri, che sarebbe stata approvata nel 2000, dissi che essa era carente in due punti:
– dapprima, pur elevandosi a forza armata, tale cambiamento istituzionale era fittizio. Occorreva indicare i compiti esclusivi della nuova forza armata nel teatro delle operazioni militari, e ricollocare l’Arma al primo posto nelle Forze Armate, attesi i suoi delicatissimi compiti di equilibrio fra le stesse;
– quindi, si dovevano affidare compiti operativi all’Arma nel campo della polizia giudiziaria e della sicurezza pubblica, attribuendo qualifiche specifiche agli ufficiali dei Carabinieri, comandanti territoriali.
Oggi costoro sono dei fantocci, e si limitato a controllare se nelle caserme i cessi sono puliti. Ma responsabilità, nella sicurezza pubblica e nella polizia giudiziaria, nessuna!
I marescialli riferiscono direttamente alla magistratura e ai funzionari di polizia.
Noi siamo un surplus”.
Il Tenente Colonnello: “Siamo inutili. Ecco, perché mi voglio suicidare”.
Lo bloccai: “Eppure si potrebbe, se compatti, far uscire l’Arma dal tunnel. E ciò per il bene dei Cittadini, perché noi, nonostante tutto continuiamo ad essere non una polizia di regime, ma la polizia dello Stato-ordinamneto, dello Stato-collettività”.
Il Tenente Colonnello mi guardò incuriosito. I suoi occhi erano meno smarriti.
Gli posi la seguente domanda: “Quali sono i gravi mali che oggi affliggono l’Italia?”.
Mi rispose: “L’evasione fiscale, la corruzione politica e la collusione con il crimine organizzato, che ci fanno perdere credibilità internazionale e tanto denaro che potrebbe essere investito per le riforme strutturali, ormai necessarie”.
“Bravo! Le pongo un’altra domanda: “Lei sa bene che per qualsiasi attività di polizia giudiziaria non opera una sola forza di polizia, ma tutte quante stanno insieme in sezioni di polizia giudiziaria presso le varie procure. In tal modo si garantiscono sana competizione e controlli vicendevoli. Per l’evasione, nulla di tutto questo. Solo la Guardia di Finanza ha questo immane potere”.
“E’ vero e ciò fa intendere che lo Stato in effetti non intende debellare la corruzione politica e l’evasione fiscale. Le operazioni della Guardia di Finanza portano alla fine dell’anno al recupero di qualche milione di euro, mentre l’evasione è di centinaia di miliardi di euro. C’è qualcosa che non va!”.
“Un’altra domanda: “Ritiene lei che Renzi con il suo Comitato anti corruzione, composto da un magistrato e da alcuni avvocati, riuscirà a fermare questi fenomeni devianti?”.
“Credo proprio di no! È la solita misura democristiana, tirata fuori tanto per ingannare la gente. È chiaramente un palliativo. Poveraccio quel magistrato che è stato messo lì per prendersi addosso gli strali che gli pioveranno addosso. Lei cosa propone in merito”.
“Non io, ma il SUPU, il nostro Sindacato, che salverà l’Arma, le Forze armate e quelle di polizia. Noi proponiamo che i Carabinieri siano investiti di poteri fiscali, seppur limitati, come il controllo degli scontrini fiscali e degli studi di avvocati, medici, professionisti in genere. In tal modo ogni Comandante di Stazione avrebbe la possibilità nel proprio territorio, concretamente e continuamente, di beccare gli evasori, che dovrebbero essere subito messi in galera”.
“Ma per dare dignità agli ufficiali dei carabinieri, oggi del tutto inutili, lei cosa propone?”.
“Le seguenti misure:
– distinzione, come avviene fra Autorità giudiziaria e polizia giudiziaria, fra Autorità di Pubblica Sicurezza e ufficiali e agenti di p.s.. Questi ultimi dovrebbero appartenere alle forze di polizia, mentre l’Autorità dovrebbe stare al di fuori e avere una propria carriera, separata. A questa carriera dovrebbero accedere anche gli ufficiali dell’Arma e delle altre forze di polizia;
– separazione fra polizia giudiziaria e autorità giudiziaria, nel senso che l’autorità giudiziaria deve solo intervenire a ultimazione delle indagini delle forze di polizia, svolgendo i controlli e le verifiche di competenza;
– separazione fra magistrati giudicanti e requirenti. Nei ruoli della magistratura requirente dovrebbero accedere, mediante concorso per titoli, ufficiali delle forze di polizia, dopo 20 anni di attività nel settore investigativo”.
Il Tenente Colonnello ripose la pistola nella fondina e disse: “Ci sarà la volontà politica affinché all’Arma siano restituiti i suoi poteri di indagine e ai Cittadini sicurezza e serenità sociale?”.
“Oggi nel Paese c’è tanta confusione e il Movimento Cinque Stelle, l’unico ad essere innovativo, non conosce in profondità i vari problemi. Dovrebbe sorgere una combinazione virtuosa:
– M5S e SUPU dovrebbero operare in questo settore con una forma di coordinamento che va individuata;
– Il Generale Gallitelli, Comandante Generale dell’Arma, dovrebbe, prima di essere collocato in congedo, non cercare altri incarichi, ma portare avanti le nostre proposte.
Se lo fa, l’Arma si salva. Se no, è spacciata”.
“Lei pensa che lo farà?”.
“Quando il Generale Siazzu lasciò l’Arma chiese al suo successore di continuare la sua opera per far diventare santo Salvo D’Acquisto. Sono passati 6 anni inutilmente.
Comunque, se non ci riuscirà, sarò io a cercarla per chiederle la pistola. La porterò al generale Gallitelli perché la usi”.
Roma, 16 maggio 2014
Antonio Pappalardo
Fonte: visto su SUPU del 16 maggio 2014