Simone Weil è ormai da decenni una figura di culto, amata e citata da tanti…
Di Marcello Veneziani
Simone Weil è ormai da decenni una figura di culto, amata e citata da tanti con assoluta ammirazione per la sua vita e le sue opere. Ebrea, rivoluzionaria, operaia «volontaria» alla Renault, accorsa in Spagna a combattere con gli antifascisti, consacrata da noi con la pubblicazione da Adelphi delle sue opere e dei suoi quaderni, è oggetto di diffusa venerazione.
Anch’io la considero da anni una luce e un riferimento prezioso. Ma ora giunge in libreria un testo che mette insieme le sue riflessioni sull’ebraismo e fa emergere quello che taluni chiamano l’antisemitismo di Simone Weil.
Al cospetto delle sue pagine, sembrano innocue le polemiche che divisero Hannah Arendt, anch’ella ebrea, dal mondo ebraico. E i giudizi della Weil sugli ebrei e sullo sradicamento che avrebbero prodotto nel mondo fanno impallidire le vaghe e paludate allusioni a cui è stato «impiccato» Martin Heidegger. Ne Il fardello dell’identità, a cura di Roberto Peverelli (Medusa, pagg. 160, euro 16), troviamo giudizi tremendi.
«La maledizione d’Israele – scrive – pesa sulla cristianità. Le atrocità, gli stermini di eretici e infedeli, era Israele. Il capitalismo, era Israele (e lo è ancora, in una certa misura). Il totalitarismo è Israele».
E altrove precisa:
«Gli ebrei, questo manipolo di sradicati, hanno causato lo sradicamento di tutto il globo terrestre… attraverso la menzogna del progresso. E l’Europa sradicata ha sradicato il resto del mondo con la conquista coloniale. Il capitalismo, il totalitarismo fanno parte di questa progressione nello sradicamento; gli antisemiti naturalmente propagano l’influenza giudaica. Gli ebrei sono il veleno dello sradicamento».
Terribile, neanche i razzisti Baeumler o Rosenberg si spinsero a tanto…
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