di Mark Weber
Agli inizi del 1935, una nave passeggeri diretta ad Haifa, in Palestina, lasciò il porto tedesco di Bremerhaven (1). La poppa recava le lettere dell’alfabeto ebraico col suo nome, Tel Aviv (2), mentre una bandiera con la svastica sventolava dall’albero (3). E, sebbene la nave fosse di proprietà sionista, il suo capitano era un membro del Partito Nazionalsocialista. Molti anni più tardi un viaggiatore della nave ricordava questa simbolica combinazione come una “assurdità metafisica”. (4) Assurdo o no, questa non è nient’altro che una immagine di un capitolo di storia poco noto: la collaborazione ad ampio raggio fra il Sionismo ed il Terzo Reich di Hitler.
SCOPI COMUNI
Negli anni, i popoli di molti paesi diversi si sono scontrati con la “questione ebraica”: cioè, qual’è il ruolo tipico (5) degli ebrei nella società non-ebraica? Durante gli anni ’30 i sionisti ebrei e i Nazionalsocialisti tedeschi condivisero punti di vista simili sul modo di trattare con questo imbarazzante problema. Erano d’accordo sul fatto che ebrei e tedeschi erano nazionalità nettamente diverse, e che gli ebrei non facevano parte della Germania. Perciò gli ebrei che vivevano nel Reich non dovevano essere considerati come “Tedeschi di fede ebraica”, ma piuttosto come membri di una comunità nazionale distinta (6). Il sionismo (il nazionalismo ebraico) comportava anche l’obbligo, per gli ebrei sionisti, di insediarsi in Palestina, la “patria ebraica”. Difficilmente avrebbero potuto considerarsi sinceri sionisti e contemporaneamente pretendere eguali diritti in Germania o in qualsiasi altro paese “straniero”.
Theodor Herzl
Theodor Herzl (1860-1904) 7, il fondatore del moderno sionismo, sosteneva che l’antisemitismo non è un’aberrazione ma una risposta naturale e del tutto comprensibile dei non ebrei agli atteggiamenti e ai comportamenti estranei degli ebrei. L’unica soluzione, concludeva (8), era che gli ebrei riconoscessero la realtà e vivessero in un loro stato separato.