Lug 20 2014

L’ONESTÀ DI MUSSOLINI E LA PRASSI DEL LADROCIGNO POLITICO DI OGGI!

Category: Storia moderna e revisionismogiorgio @ 01:05

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FASCISMO E POVERTA’

 

 

Molti anni fa, l’ex tenente della Decima Mas, Walter Annichiarico, in arte Walter Chiari, si fece scappare una azzardata battuta che dovette poi pagare con anni di ostracismo anifascista. Disse, il povero Walter, che “quando appesero per i piedi la Buonanima, dalle tasche di Benito non cadde nemmeno una monetina e che se i nuovi reggitori d’Italia avessero subito la stessa sorte chissà cosa sarebbe uscito dai portafogli di lorsignori “.

 

1)  L’onestà del Duce nessuno ha mai osato contestarla. E’ uno storico di matrice socialista, Silvio Bertoldi, che lo ammette.

“Mussolini non tradì cupidigia d denaro…egli non mostrò mai interesse alla ricchezza: e non si può contestare che un uomo che ebbe come lui in mano per vent’anni una nazione, e che non subì alcun controllo in nessun campo, avrebbe avuto facoltà, pur che avesse voluto, di costruirsi una fortuna. Invece quando morì, alla vedova non lasciò praticamente nulla, la già citata villa Carpena e una casetta a Riccione, e basta; e la sua famiglia uscì netta da qualsiasi indagine della commissione per gli illeciti arricchimenti”.

 

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Lug 19 2014

L’INFORMAZIONE È POTERE, ED E’ SEMPRE DALLA PARTE DEL POTERE

Category: Media e informazionegiorgio @ 15:40

L’informazione giornalistica è sempre dalla parte del potere, usata del potere, essendo lei stessa potere. C’è qualche idealista che cerca di essere il piu’ obiettivo possibile, ma è una lotta impari, di solito, se va bene, viene isolato, se no viene letteralmente “asfaltato”, non dico che faccia la fine di Anna Stepanovna Politkovskaja, ma gli viene ricordato, come nelle parole del mitico John Swinton redattore-capo del giornale ‘New York Times’ nel suo discorso di congedo, che deve essere solo una “prostituta intellettuale”.

 

 

Un bell’ esempio della proverbiale capacita’ di trasformazione della “comunità dell’informazione” l’ho riscontrato sfogliando le pagine del POPOLO VICENTINO degli anni ‘45.

 

Stessa redazione, stessi giornalisti, stessa tipografia, stesso tutto di tutto, si è passati dal

 

NOTEVOLI SUCCESSI DIFENSIVI DELLE FORZE DEL REICH del (7 febbraio 1945)

 

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Lug 18 2014

”LA MISSIONE ERA UCCIDERE PUTIN”. ANNUNCIO ESPLOSIVO IN DIRETTA DEL PRIMO CANALE TELEVISIVO RUSSO!

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MOSCA – Per i media più vicini al Cremlino il missile che ha abbattuto il Boeing malese, con a bordo 298 persone, potrebbe essere stato indirizzato dall’Ucraina contro l’aereo numero 1, ossia al velivolo usato dal capo di stato Vladimir Putin per i suoi viaggi. Il leader russo ieri stava tornando da un tour in America Latina e il suo aereo e quello malese volavano sull’Europa orientale quasi contemporaneamente.

 

Ad osservarlo il primo canale televisivo russo, sottolineando che il logo sull’ala dell’aereo malese “si presenta come il tricolore russo”.

 

Inizialmente questa versione era girata solo su alcuni siti Internet. “L’obiettivo avrebbe potuto essere l’aereo numero 1” ha detto la televisione Russia 24, riferendosi al jet presidenziale di Putin. Una fonte dell’aviazione civile ha raccontato la stessa versione a Interfax. A sostegno della tesi, la tv ha mandato in onda una dichiarazione di un ex ministro della Difesa ucraino, appassionatamente filo-occidentale, Anatoliy Grytsenko, che affermava che qualcuno avrebbe dovuto uccidere Putin. Le tv russe si concentrano sul presunto avvistamento di un secondo aereo da parte di vari testimoni sulla scena del disastro. Secondo l’anchorwoman del primo canale, il secondo velivolo potrebbe essere stato dell’aviazione ucraina, abbattuto poco dopo dai ribelli. “Non sappiamo dove sia l’aereo e ciò che è accaduto al pilota”.

 

Redazione Milano

 

 

Fonte: visto su IL NORD di venerdì 18 luglio 2014

Link: http://www.ilnord.it/c-3303_VOLEVANO_UCCIDERE_PUTIN_ANNUNCIO_ESPLOSIVO_IN_DIRETTA_DEL_PRIMO_CANALE_TELEVISIVO_RUSSO

 

 


Lug 18 2014

L’AEREO DEL PRESIDENTE PUTIN AVREBBE POTUTO ESSERE L’OBIETTIVO DEL MISSILE UCRAINO

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I militari ucraini abbattono il Boeing 777 malese scambiandolo per l’aereo russo. Nessuno  si prenderebbe la briga di abbattere un aereo di linea senza uno scopo ben preciso.

 

RussiaToday 17 luglio, 2014

L’aereo della Malaysian Airlines MH17 stava volando lungo quasi la stessa rotta del jet del presidente russo Vladimir Putin, poco prima dell’incidente che ha ucciso 295 persone, riferisce Interfax citando fonti.

Posso dire che l’aereo di Putin e il Boeing malese s’intersecavano nello stesso punto e nello stesso momento. Presso Varsavia, scaglione 330-m e alla quota di 10100 metri. Il jet presidenziale era lì alle 16:21 ora di Mosca, e l’aereo malese alle 15:44 ora di Mosca“, ha detto una fonte anonima all’agenzia. “Le sagome degli aeromobili sono simili, le dimensioni molto simili, come la colorazione che, ad una distanza abbastanza lontana, sono quasi identici“, aggiunge la fonte.

 

Il Volo MH17 s’è schiantato in Ucraina sulla rotta Amsterdam – Kuala Lumpar, e trasportava 295 persone. L’aereo passeggeri doveva entrare nello spazio aereo russo alle 17:20 ora locale, ma non l’ha mai fatto, secondo una fonte dell’aeronautica russa citata da Reuters. “L’aereo è precipitato a 60 km dal confine, e aveva un allarme di emergenza“, citava la fonte ITAR-TASS.

 

 

 

 

L’AEREO MALESE ABBATTUTO DA UN CACCIA UCRAINO A SUA VOLTA ABBATTUTO (FILORUSSI)

 

 

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17 luglio – L’aereo malese precipitato in Ucraina vicino al confine con la Russia sarebbe stato abbattuto da un caccia ucraino, a sua volta poi colpito dalle forze filorusse. E’ la ricostruzione che fa il sito ufficiale della Repubblica di Lugansk, dei separatisti filorussi. ”Testimoni hanno visto il Boeing 777 attaccato da un caccia ucraino. Il Boeing si è spaccato in due ed è caduto nel territorio della repubblica di Lugansk. Dopo l’attacco il caccia è stato abbattuto ed è caduto sullo stesso territorio”.


Lug 18 2014

PATTO DEL NAZARENO E SENATO DEI NOMINATI: PIDUISTI A LORO INSAPUTA.

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LE RIFORME DI RENZI LE SCRISSE LICIO GELLI NEL 1978. NON CI CREDI? LEGGI QUI E TROVA LE DIFFERENZE

 

di Marco Travaglio | 15 luglio 2014

“Nei confronti del mondo politico occorre… usare gli strumenti finanziari… per l’immediata nascita di due movimenti: l’uno sulla sinistra… e l’altro sulla destra… fondati da altrettanti clubs promotori composti da uomini politici ed esponenti della società civile. Tutti i promotori debbono essere inattaccabili per rigore morale, capacità, onestà e tendenzialmente disponibili per un’azione politica pragmatistica, con rinuncia alle consuete e fruste chiavi ideologiche”.

 

Così scriveva Licio Gelli nel Piano di Rinascita Democratica, elaborato intorno al 1976 con l’aiuto di alcuni “saggi” e sequestrato nell’82 a Fiumicino nel doppiofondo della valigia della figlia Maria Grazia.

 

Ora, se andrà in porto la controriforma elettorale e costituzionale, sarà accontentato: a parte il rigore morale, la capacità e l’onestà, ormai fuori moda, avremo finalmente due partiti generalisti e “pragmatisti” – il Pd fa la sinistra e FI la destra – con programmi simili e molto “disponibili” (infatti governano e “riformano” insieme da tre anni; peccato per l’imprevisto dei 5Stelle).

 

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Lug 17 2014

EVASIONE FISCALE, LEGALITA’ OPPURE TOTALITARISMO?

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di MATTEO CORSINI

 

In occasione del 240 anniversario della istituzione della Guardia di Finanza, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha pronunciato le parole

“L’evasione fiscale ha effetti distorsivi sull’allocazione delle risorse e interferisce con il normale funzionamento della concorrenza nel mercato.”

Parole che suonano come un copia e incolla di quello che tutti i suoi predecessori hanno detto in occasioni simili.

 

La narrazione di quelli che credono (o vogliono far credere) che il problema dei problemi dell’Italia sia l’evasione fiscale si basa su alcuni punti fissi, uno dei quali è proprio la presunta distorsione sull’allocazione delle risorse e sulla concorrenza nel mercato.

 

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Lug 17 2014

I GIORNALISTI? SONO PIÙ DISONESTI DEI POLITICI»

Category: Media e informazionegiorgio @ 13:31

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Massimo Fini

 

 

LUNGA INTERVISTA A MASSIMO FINI, SULL’ONESTÀ DEL GIORNALISMO E SULLA FEDELTÀ A SÉ STESSI

 

Andrea Coccia

Quando sei convinto di avere un appuntamento a casa di Massimo Fini alle 6 di sera e alle 4, mentre stai riguardando le domande che ti sei preparato, il telefono squilla con il suo nome sullo schermo, sei portato a pensare che l’intervista che stavi aspettando da settimane non sia esattamente partita con il piede migliore. Prima di rispondere ti schiarisci la voce, poi scorri il tuo ditone sullo schermo e rispondi: «Sì, pronto, buonasera… sì… effettivamente… alle 6… non c’è problema… in un quarto d’ora sono lì…».

 

La prima volta che vidi Massimo Fini fu un pomeriggio di settembre della prima metà degli anni Duemila, mi sembra il 2004. Eravamo a Mantova, lui in una delle sue rare apparizioni festivaliere — a presentare Sudditi. Manifesto contro la democrazia, che era uscito da poco per Marsilio — io nelle vesti di un giovane volontario del Festivaletteratura, di quelli con la maglietta blu. Non avevo idea di chi fosse, non lo avevo mai sentito nominare e men che meno l’avevo sentito parlare o avevo letto qualche suo articolo. Era un perfetto sconosciuto, ma mi capitò di prestare servizio proprio al suo evento, e lo ascoltai, seduto per terra, con le gambe formicolanti, per una bella oretta e mezza. Alla fine, quando mi alzai, ebbi la netta sensazione di non essere esattamente la stessa persona di quando mi ero seduto. E non soltanto perché non sentivo più la gamba destra. Nei dieci anni che separano quella gamba formicolante da quel telefono che vibra sono successe un sacco di cose: Fini ha scritto altri libri — ma non è più tornato a Mantova — ha cominciato a scrivere sul Fatto Quotidiano (che all’epoca ancora non esisteva) e ha fondato un movimento. Io, invece, che intanto sono decisamente meno giovane e non metto più magliette blu nemmeno durante il Festival, di Massimo Fini mi sono letto un sacco di libri: cominciando da Sudditi, che lessi d’un fiato proprio quella sera, passando poi per Il vizio oscuro dell’Occidente, il Di[zion]ario erotico, La Ragione aveva torto?, il Mullah Omar e Ragazzo, fino a Il Conformista, piccola bibbia del giornalismo sulle cui pagine torno spesso, soprattutto nei momenti di difficoltà. Insomma, Massimo Fini è per me un personaggio dannatamente affascinante. E lo è per un motivo che insieme è molto semplice e molto raro: è uno dei pochissimi giornalisti che oggi, in Italia, è dotato di una straordinaria onestà intellettuale, di un’irriducibile coerenza con se stesso che viene sempre prima di ogni altra cosa e che lo ha portato spesso a giocarsi tutto — visibilità, carriera, fama — pur di non sacrificarla. È per tutte queste cose che il 3 giugno, alle 5 del pomeriggio, accompagnato dall’immancabile ansia tipica di questi incontri, mi sono ritrovato nel salotto di Massimo Fini, un salotto stracolmo di libri, impilati sul tavolo, appoggiati disordinatamente su sedie e tavolini, pigiati nella libreria-muraglia, su scaffali dalla tassonomia diligentemente etichettata.

 

«Sono figlio di un giornalista», attacca lui, alla mia domanda su come ha iniziato a scrivere per i giornali, «ma per ribellismo non ho voluto fare il lavoro di mio padre, almeno all’inizio. È per questo che da giovane ho fatto un sacco di lavori diversi. Ho lavorato alla Pirelli — un lavoro straziante — ho fondato un’agenzia pubblicitaria e molte altre cose».

 

Uhm, tanti lavori diversi. Mi ricorda qualcosa.

 

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Lug 16 2014

SOPRAVVISSUTO A MAUTHAUSEN. TESTIMONIANZA DI LUCIANO BATTISTON: SONO IL MUMERO 126625, ECCO COSA HO IMPARATO A MAUTHAUSEN

Category: Storia moderna e revisionismogiorgio @ 14:08

Luciano Battiston

Luciano Battiston 

 

 

a cura di Alessandro Fantin

 

Luciano Battiston venne deportato nel Lager di Mauthausen nel febbraio del 1945; all’epoca aveva 21 anni. Fu catturato dalla squadra fascista del Capitano Vettorini durante un rastrellamento nel paese in cui viveva, Fagnigola, nel pordenonese. Dopo la permanenza nelle carceri di Pordenone ed Udine, venne stipato in un treno insieme ad altri suoi compaesani e a molta altra gente costretta a partire con lo stesso convoglio da Trieste.

Giunto a Mauthausen, nell’Austria annessa alla Germania nazista con l’Anschluss del 1938, Luciano subì come tutti i deportati nei lager il drammatico e rapido annientamento della personalità: si vide privato dei propri affetti personali, venne denudato, rasato e condotto a fare la “doccia” con molti altri sconosciuti. Da quel momento non ebbe più né nome, né cognome: si chiamò 126625. Venne condotto nei blocchi di quarantena e successivamente fu destinato ai blocchi liberi e impiegato nel trasporto di macigni di pietra sulla “scala della morte”. Dopo un periodo di tempo indefinito, poiché Luciano non ricorda né date, né giorni, fu inviato ai blocchi addetti alla manutenzione del campo.

Qui conobbe, come dice lui, “quel chel ma salvà”: Luigi Bilus, detto Vigi. L’amicizia con Vigi sarà l’unico contatto “umano” nell’universo concentrazionario di Mauthausen. Essi divisero ogni attimo della loro prigionia fatta di botte e qualche momento di sincera e profonda solidarietà, come l’episodio della divisione dei formaggini trovati in una buca da un gruppo di prigionieri russi. Luciano e Vigi fecero un patto: “O casa tutti e do o dentro tutti e do” e cioè “o ritorniamo alle nostre case tutti e due o rimaniamo nel lager assieme”(1). I due amici furono in seguito trasferiti in due sottocampi di Mauthausen: Amstetten ed Ebensee.

La liberazione avvenne grazie ad una rivolta dei prigionieri russi del campo di Ebensee, quando ormai le SS erano quasi tutte fuggite per l’avvicinarsi delle truppe statunitensi. Il ritorno alle proprie case fu quanto mai rocambolesco. Fu la loro forza di volontà a sorreggerli durante il lungo tragitto, poiché Ebensee da Pordenone dista 300 chilometri; i due deportati arrivarono a destinazione a piedi con i loro corpi ormai molto deperiti, tanto da necessitare di cure ospedaliere adeguate. Luciano pesava 28 chilogrammi! Dopo un anno di convalescenza, ricominciò a vivere.

 

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Lug 15 2014

THE ITALIAN DISASTER

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Perry Anderson

Europe is ill. How seriously, and why, are matters not always easy to judge. But among the symptoms three are conspicuous, and inter-related. The first, and most familiar, is the degenerative drift of democracy across the continent, of which the structure of the EU is at once cause and consequence. The oligarchic cast of its constitutional arrangements, once conceived as provisional scaffolding for a popular sovereignty of supranational scale to come, has over time steadily hardened. Referendums are regularly overturned, if they cross the will of rulers. Voters whose views are scorned by elites shun the assembly that nominally represents them, turnout falling with each successive election. Bureaucrats who have never been elected police the budgets of national parliaments dispossessed even of spending powers. But the Union is not an excrescence on member states that might otherwise be healthy enough. It reflects, as much as it deepens, long-term trends within them. At national level, virtually everywhere, executives domesticate or manipulate legislatures with greater ease; parties lose members; voters lose belief that they count, as political choices narrow and promises of difference on the hustings dwindle or vanish in office.

 

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Lug 15 2014

ZAIA: SOLO IN ITALIA VENGONO TASSATI I RIMBORSI DEI VOLONTARI

Category: Monolandia,Roba da Italia,Società e politicagiorgio @ 10:41

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“Lo Stato italiano deve essere l’unico al mondo ad aver tassato anche chi dona il suo tempo per salvare delle vite. Non ci sono più parole sufficienti per esprimere il nostro sdegno”. 

 

Con queste parole il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia commenta l’introduzione di una nuova tassa di 32 euro che i volontari del Soccorso Alpino dovranno versare ogniqualvolta richiederanno il rimborso per una giornata di lavoro dedicata ad una richiesta d’aiuto.

 

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“In 142 giorni di annunci roboanti – incalza Zaia – da Renzi e i suoi Ministri abbiamo visto ben poco di concreto per la ripresa e per la gente, ma un diluvio di tasse: Tasi, Tares, tasse sui risparmi messi da parte dalla gente per bene e tanti altri balzelli odiosi, ma come questo non se n’erano ancora visti. 32 euro che gridano vendetta e meritano una battaglia senza quartiere”.

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Lug 15 2014

L’ITALIA E’ FINITA

Category: Monolandia,Società e politicagiorgio @ 09:45

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di Fabrizio Fiorini

 

Con tutto il rispetto dovuto alla figura del Presidente della Repubblica, per imprescindibile senso civico nonché ai sensi dell’art. 278 del codice penale, nonché per la riverenza dovuta alla sua carica istituzionale e costituzionale che – dice la stessa Carta – dovrebbe avere come caratteristica primaria quella di “rappresentare l’unità nazionale”, quindi tutte le componenti sociali, anche i proscritti, gli esclusi, i diseredati, è tuttavia d’obbligo contestare all’ottuagenario Capo dello Stato una qualche lentezza nelle sue constatazioni, una vagamente scarsa avvedutezza nella rilevazione dei fenomeni sociali, politici ed economici che riguardano non già l’ovattato mondo dei mercati finanziari, bensì la vita e spesso, purtroppo, la mera sopravvivenza di milioni di connazionali.

 

Nel corso della recente visita nella Venezia Giulia, il presidente ha affermato, lapidario: “se i giovani non trovano lavoro, l’Italia è finita”.

E se ne accorge ora, signor Presidente?

Lei è nella politica e nelle istituzioni da oltre sessant’anni e se ne accorge ora?

Non potrà dire anche lei: “eh, ma è la crisi”; non è stato un fenomeno istantaneo, che uno si sveglia la mattina e “c’è la crisi”.

Non c’è stata una guerra lampo, non hanno bombardato le fabbriche, non hanno chiuso le università e le scuole, non hanno spruzzato il diserbante sui campi e avvelenato i pozzi da un giorno all’altro.

L’Italia, signor Presidente, è finita da un bel po’.

Non è facendo assumere un migliaio di giovani al call-center o all’Ikea che si risolve tutto.

 

A voler essere pignoli, Eccellenza, l’Italia è già “finita” centinaia di volte

da quando Lei abita le stanze del potere.

 

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Lug 15 2014

LONDON REVIEW OF BOOKS: “L’EX FASCISTA GIORGIO NAPOLITANO È UN PERICOLO PER LA DEMOCRAZIA”

Category: Dominio Potere e Violenza,Società e politicagiorgio @ 00:09

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Napolitano è un pericolo per la democrazia in Italia“: parole e musica non di un Beppe Grillo qualsiasi ma della prestigiosa London Review of Books, dove storici e ricercatori britannici hanno condannato l’operato di re Giorgio. A cui stanno già fischiando le orecchie: avviso di sfratto in corso.

 

L’avviso di sfratto a Giorgio Napolitano arriva da Londra, regno dell’alta finanza europea, per mezzo della prestigiosa rivista London Review of Books.

 

Gli storici e i ricercatori inglesi, accademici di statura internazionale, che compongono il board della rivista hanno ospitato e recensito il nuovo saggio di Perry Anderson, storico di fama mondiale, la cui conclusione è inequivocabile: “Giorgio Napolitano è la vera minaccia per la democrazia italiana”.

 

Altro che il salvatore della patria, altro che “roccia su cui fondare la Terza Repubblica”, come scrivono i pennivendoli di fiducia. Secondo Anderson, “Napolitano è una vera pericolosa anomalia, un politico che ha costruito tutta la carriera su un principio: stare sempre dalla parte del vincitore“.

 

Il saggio, intitolato “The Italian Disaster”, racconta – con stile british, asciutto e senza fronzoli – la vera storia di Re Giorgio.

A cominciare da un fatto incontrovertibile, che pochi conoscono e che potrebbe scatenare un putiferio: da studente Napolitano ha aderito al GUF, il Gruppo Universitario Fascista. Lo ha frequentato il tempo necessario per capire che l’aria stava cambiando e bisognava prendere le contromisure: salto della quaglia et voilà, Napolitano diventa comunista sfegatato, plaudendo all’intervento sovietico in Ungheria e asserendo che “solo i folli e i faziosi possono davvero credere allo spettro dello stalinismo“.

 

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Lug 14 2014

LADRI SPOLPANO IL PAESE E GLI ITALIANI CREDONO A UN BUGIARDO

Category: Monolandia,Società e politicagiorgio @ 00:02

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Il Mose di Venezia, la ricostruzione dell’Aquila, l’Expo di Milano, il villaggio della Maddalena, il sistema Sesto (San Giovanni), gli scandali della protezione civile, le mangerie sulla sanità e sui rifiuti nel meridione e nel Lazio, le ruberie sulla Tav e le porcate nei consigli regionali di mezza Italia (tutti quelli su cui si indaga), gli sprechi nei palazzi siciliani: «Tutto questo mostra che gli apparati dei partiti politici e della burocrazia sono strutturalmente dediti a queste cose, che la politica e l’amministrazione vivono di questo».

Accusa Marco Della Luna: «La partitocrazia equivale alla mafia: controllo del territorio, lavoro, istituzioni, spesa pubblica».

Grazie all’apparato dei partiti, è inevitabile che da noi le opere pubbliche costino il doppio o il triplo. Ed è infantile sperare in qualche politico salvatore della patria: «Qualsiasi premier, qualsiasi statista politico poggia per il potere e per la fiducia in Parlamento su quegli apparati di partito e di burocrazia, che non lo appoggerebbero se egli impedisse i loro traffici».

 

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Lug 13 2014

SIMONE WEIL ERA L’EBREA PIÙ ANTISEMITA DEL MONDO

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Simone Weil è ormai da decenni una figura di culto, amata e citata da tanti…

 

 

 

Di Marcello Veneziani

 

 

Simone Weil è ormai da decenni una figura di culto, amata e citata da tanti con assoluta ammirazione per la sua vita e le sue opere. Ebrea, rivoluzionaria, operaia «volontaria» alla Renault, accorsa in Spagna a combattere con gli antifascisti, consacrata da noi con la pubblicazione da Adelphi delle sue opere e dei suoi quaderni, è oggetto di diffusa venerazione.

 

Anch’io la considero da anni una luce e un riferimento prezioso. Ma ora giunge in libreria un testo che mette insieme le sue riflessioni sull’ebraismo e fa emergere quello che taluni chiamano l’antisemitismo di Simone Weil.

 

Al cospetto delle sue pagine, sembrano innocue le polemiche che divisero Hannah Arendt, anch’ella ebrea, dal mondo ebraico. E i giudizi della Weil sugli ebrei e sullo sradicamento che avrebbero prodotto nel mondo fanno impallidire le vaghe e paludate allusioni a cui è stato «impiccato» Martin Heidegger. Ne Il fardello dell’identità, a cura di Roberto Peverelli (Medusa, pagg. 160, euro 16), troviamo giudizi tremendi.

«La maledizione d’Israele – scrive – pesa sulla cristianità. Le atrocità, gli stermini di eretici e infedeli, era Israele. Il capitalismo, era Israele (e lo è ancora, in una certa misura). Il totalitarismo è Israele».

E altrove precisa:

«Gli ebrei, questo manipolo di sradicati, hanno causato lo sradicamento di tutto il globo terrestre… attraverso la menzogna del progresso. E l’Europa sradicata ha sradicato il resto del mondo con la conquista coloniale. Il capitalismo, il totalitarismo fanno parte di questa progressione nello sradicamento; gli antisemiti naturalmente propagano l’influenza giudaica. Gli ebrei sono il veleno dello sradicamento».

Terribile, neanche i razzisti Baeumler o Rosenberg si spinsero a tanto…

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Lug 12 2014

CITAZIONI DI PERSONE CHE SI RITENGONO LE PIÙ GRANDI INTELLIGENZE AL MONDO


 

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Dal sito: http://monabaker.com/quotes.htm

 

 

DAVID BEN GURION 
PRIMO MINISTRO D’ISRAELE, 1949 – 1954, 1955 – 1963

 

“Noi dobbiamo espellere gli arabi e prenderci i loro posti.” 
— David Ben Gurion, 1937, Ben Gurion and the Palestine Arabs, Oxford University Press, 1985.

 

”Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca delle terre e l’eliminazione di ogni servizio sociale per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba”. 
— David Ben-Gurion, Maggio 1948, agli ufficiali dello Stato Maggiore.  Da: Ben-Gurion, A Biography, by Michael Ben-Zohar, Delacorte, New York 1978.

 

 

“Ci sono stati l’anti-semitismo, i nazisti, Hitler, Auschwitz, ma loro in questo cosa centravano?  Essi vedono una sola cosa: siamo venuti e abbiamo rubato il loro paese. Perché dovrebbero accettarlo?” 
– Riportato da Nahum Goldmann in Le Paraddoxe Juif (The Jewish Paradox), pp. 121-122.

 

“I villaggi ebraici sono stati costruiti al posto dei villaggi arabi. Voi non li conoscete neanche i nomi di questi villaggi arabi, e io non vi biasimo perché i libri di geografia non esistono più. Non soltanto non esistono i libri, ma neanche i villaggi arabi non ci sono più. Nahlal è sorto al posto di Mahlul, il kibbutz di Gvat al posto di Jibta; il kibbutz Sarid al posto di Huneifis; e Kefar Yehushua al posto di Tal al-Shuman. Non c’è un solo posto costruito in questo paese che non avesse prima una popolazione araba.” 
— David Ben Gurion, citato in The Jewish Paradox, di Nahum Goldmann, Weidenfeld and Nicolson, 1978, p. 99.

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