Da Paolo Cardena’
Trovo che il dibattito politico sull’articolo 18 e, più in generale, quello sul Job Act, si fondi sul nulla.
Vi chiederete perché affermo questo, immagino. Lo affermo per il semplice fatto che tutto dipende dal mondo in cui viviamo e dal modo in cui vogliamo viverci. Il mondo è globalizzato, l’economia è globalizzata e i mercati lo sono ancora di più. Le nostre aziende (quelle rimaste) si trovano a competere con economie che hanno modelli di business del tutto deregolamentati (vedi Cina, ma anche tante altre economie). Davvero vogliamo credere di poter competere con altri competitors modificando l’art 18?
Con le riforme del mercato del lavoro, in estrema sintesi, si tende a creare più flessibilità che, per forza di cose, si riflette anche sul costo del lavoro, che diminuisce.
Ok, facciamo tutte le riforme del mercato del lavoro possibili: rendiamolo più flessibile, tagliamo i salari e rendiamo il lavoro più competitivo. Di quanto vogliamo farlo diminuire? Lo vogliamo portare ai livelli cinesi, indiani, vietnamiti o altro? Ammesso che ci si riesca, poi, che facciamo? Tutto risolto? Neanche per sogno!
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