di GILBERTO ONETO
Si fa un gran discutere attorno al cattivo funzionamento e alla politicizzazione della maggistratura.
Gran parte della polemica ruota attorno alle vicende di Berlusconi e soci: un argomento piuttosto ambiguo che non aiuta a fare chiarezza.
Alla gente comune poco interessa delle questioni di Ruby e delle tasse della Fininvest. La gente comune un suo giudizio sulla magistratura se l’è fatto indipendentemente da queste porcherie, se l’è fatto leggendo le cronache giudiziarie e – soprattutto – sulla propria pelle.
A chi – anche la persona più tranquilla e onesta – non è capitato almeno una volta nella vita di avere a che fare con un tribunale italiano, come imputato, testimone o parte lesa? L’esperienza è tale da formare una solida e devastante opinione anche senza le cronache delle grandi vicende politiche.
Varcare una soglia di Palazzo di giustizia è come scendere di un paio di paralleli, è come entrare in un film di Totò, è traversare un portale spazio-temporale e vivere una esperienza extracorporea, surreale e da incubo. Lo scandire del tempo si misura su parametri diversi che rasentano la ricerca dell’eternità, vigono regole e rituali che ai comuni mortali sfuggono, per i padani è un viaggio esotico in cui si spera di fare un salvifico incontro con Lawrence d’Arabia.
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