di GUGLIELMO PIOMBINI*
Negli anni Novanta i liberali si aspettavano che il crollo dei regimi comunisti trascinasse definitivamente nella polvere le dottrine di Karl Marx, ma per uno strano e inspiegabile paradosso della storia è avvenuto il contrario: mai come in questi tempi si innalzano tante lodi alla sua opera.
Esattamente venticinque anni dopo la caduta del Muro di Berlino, gli intellettuali considerati più chic nel dibattito intellettuale sono quelli che ricordano quanto sia “attuale” il pensiero di Marx.
Il celebrato storico inglese Eric Hobsbawn, scomparso nel 2012, nel suo ultimo libro Come cambiare il mondo. Perché riscoprire l’eredità del marxismo, aveva sentenziato tra plausi di approvazione che «la crisi finanziaria rilancia la lezione di Marx, il quale aveva previsto con largo anticipo la crisi del capitalismo globalizzato».
Un altro britannico, il politologo David Harvey, gli ha fatto eco pubblicando il libro Introduzione al capitale. 12 lezioni sul primo libro e sull’attualità di Marx. Anche lo studioso francese Pierre Dardot, per non sbagliare, ha intitolato un suo recente saggio Pensare l’attualità di Marx. In questi giorni tuttavia i riflettori sono puntati sull’economista francese Thomas Piketty, autore del best-seller Il capitale nel XXI secolo.
Stando agli opinion leader più accreditati, Piketty sarebbe l’autore di un aggiornamento del Capitale di Marx adatto all’uomo del nuovo millennio, quindi una sorta di Marx redivivo. Pure in Italia i fautori dell’attualità di Marx non mancano. Un convegno tenuto a Riccione l’8 Febbraio 2014 è stato intitolato, tanto per cambiare, L’attualità di Marx, e ha visto come partecipanti, oltre all’immancabile politico Marco Rizzo, filosofi come Remo Bodei e Domenico Losurdo.
Neppure l’economista Giulio Sapelli si è tirato indietro, e ha voluto dare il suo contributo al dibattito con un libro dal titolo originale: L’attualità di Marx. Sul web va forte invece la conferenza ‘Attualità di Marx e critica dell’ideologia‘ del giovane filosofo rampante Diego Fuffaro [Fusaro – errata corrige] autore del libro Bentornato Marx. Che dire di questa corale e sorprendente rivalutazione di un pensatore, le cui idee hanno lasciato un segno così terribile nella storia? E’ possibile che le teorie del padre fondatore del socialismo scientifico non abbiano alcuna relazione con i crimini perpetrati dal comunismo, i 200 milioni di morti, le carestie, i gulag, le purghe, il terrore, il totalitarismo, l’annientamento della libertà individuale, la miseria di massa?
Ribaltando tutti i luoghi comuni sulla presunta incontaminazione e purezza dell’ideale marxiano rispetto ai fallimenti della realtà, il grande economista Murray N. Rothbard ha affermato che il marxismo prefigura un sistema sociale molto peggiore di quelli che si sono storicamente instaurati nei paesi del socialismo reale. In tutta la costruzione marxiana, spiega Rothbard nella sua monumentale storia del pensiero economico (Classical Economics, 1995), è fondamentale l’idea che il comunismo si realizzi solo con la scomparsa dei due elementi fondamentali del mercato: la specializzazione del lavoro e lo scambio, che rappresentano la fonte di tutte le disuguaglianze tra gli uomini.
La dottrina marx-engelsiana si pone quindi l’obiettivo disumano di sostituire l’infinita diversità degli individui con l’uniformità tipica del formicaio.
La realizzazione di questo programma spaventoso richiede un uso continuo e massiccio della coercizione e della violenza. Ecco perché, lungi dall’essere un nobile ideale tradito da maldestri esecutori, il comunismo di Marx ha rappresentato un modello talmente negativo, che anche i rivoluzionari più fanatici non sempre hanno avuto il coraggio di seguire fino in fondo.
Per capire se Rothbard ha ragione occorre confrontare le realizzazioni storiche del comunismo con l’ideale marxiano della società comunista. Marx purtroppo ha descritto molto laconicamente l’ultimo stadio della futura società senza classi, ma ha messo in luce alcuni caratteri essenziali, senza i quali non si può neanche parlare di comunismo: la completa abolizione della specializzazione e della divisione del lavoro, con conseguente scomparsa delle contraddizioni (cioè delle differenze, nell’oscuro gergo marxiano) tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, e tra città e campagna; l’abolizione della proprietà privata e di ogni forma di scambio e di moneta; la scomparsa delle sovrastrutture tradizionali, morali e religiose.
Se questo è l’obiettivo da raggiungere, bisogna ammettere che nessuno dei comunismi realizzati, salvo forse quello instaurato dai khmer rossi in Cambogia, ha eguagliato la radicalità del progetto ideale. L’estinzione dello scambio e della moneta si verificò parzialmente solo nei momenti più terribili della storia sovietica, quando il terrore e le carestie falciarono milioni di vite umane: durante il comunismo di guerra introdotto da Lenin nel 1919 e nel corso delle collettivizzazioni delle campagne ordinate da Stalin nei primi anni ’30.
Anche in Cina si verificò una situazione del genere quando Mao decise di collettivizzare l’agricoltura alla fine degli anni ’50, provocando 40 milioni di vittime in quella che fu la più grande carestia della storia. Durante questa folle campagna, denominata ‘Grande balzo in avanti’, il dittatore comunista cinese tentò persino di superare le contraddizioni tra città e campagna ordinando l’installazione di una fornace metallurgica in ogni villaggio contadino.
Qualche anno dopo, durante la Rivoluzione Culturale, attaccò invece le contraddizioni tra lavoro intellettuale e lavoro manuale spedendo migliaia di intellettuali a lavorare nelle campagne. Nello stesso periodo, la guerra alle sovrastrutture culturali venne condotta in Urss e in Cina attraverso la distruzione vandalica di monumenti, chiese templi, libri e reperti del passato.
Salvo questi atroci periodi, in cui i comunisti al potere tentarono il salto immediato nel puro comunismo di Marx provocando cataste di morti, l’ideologia scese fortunatamente a compromessi con la realtà: la diffusa corruzione dei funzionari e la tolleranza di un fiorente mercato nero furono i due fattori correttivi del sistema che permisero alle popolazioni di sopravvivere.
Per questa ragione il leninismo, lo stalinismo e il maoismo vanno probabilmente considerati come applicazioni più o meno moderate dei dettami del socialismo scientifico: dei “marxismi dal volto umano”. L’unico caso storico in cui tutte le condizioni richieste da Marx per l’esistenza della società comunista furono messe in pratica con la massima coerenza è stato probabilmente quello della Cambogia dal 1975 al 1979.
Poiché le troppe tracce borghesi rimaste rendevano evidente la lontananza tra le realizzazioni dei regimi comunisti esistenti e l’ideale marxiano, i khmer rossi giunsero alla conclusione, condivisa da schiere di intellettuali occidentali di sinistra, che russi e cinesi avevano fallito a causa della loro eccessiva moderazione, e che le indicazioni contenute nei testi di Marx e di Engels dovevano essere applicate senza compromessi.
Per farla finita una volta per tutte con la divisione del lavoro si fece di ogni cambogiano un contadino costretto al lavoro forzato; la differenza tra città e campagna venne superata deportando l’intera popolazione urbana nelle campagne; la contraddizione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale venne risolta mediante la soppressione fisica degli intellettuali; l’uguaglianza tra lavoratori intellettuali e manuali venne realizzata attraverso l’uccisione in massa di coloro che sapevano leggere o che portavano gli occhiali; la proprietà privata, la moneta e gli scambi furono completamente aboliti; le sovrastrutture religiose e tradizionali vennero distrutte eliminando fisicamente coloro che avessero avuto la coscienza ancora inquinata da tracce del mondo precedente. Il risultato, come si sa, fu un dei più crudeli genocidi della storia, che condusse alla tomba almeno un terzo della popolazione cambogiana.
Gli avvenimenti storici sembrano quindi confermare l’intuizione di Murray N. Rothbard: i governanti comunisti sono stati tanto più dispotici quanto più cercavano di avvicinarsi al modello puro di comunismo prefigurato da Marx. «La nozione prevalente che il comunismo marxiano rappresenti un glorioso ideale umanitario pervertito dal tardo Engels, da Lenin, o da Stalin può ora essere posta nella giusta prospettiva.
«Nessuno degli orrori commessi da Lenin, Stalin o da altri regimi marxisti-leninisti» conclude Rothbard «può essere paragonato alla mostruosità dell’ideale comunista di Marx». E’ difficile credere che questo ideale abbia ancora qualcosa da insegnare agli uomini del XXI secolo.
* Articolo tratto da http://www.libreriadelponte.com/
Fonte: srs di Guglielmo Piombini, da LIBRERIA DEL PONTE del 12 novembre 2014
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