di GERARDO COCO
L’evento più singolare del 2014 si è verificato, secondo noi, il 12 novembre scorso quando Philae, il lander trasportato dalla sonda spaziale Rosetta, è atterrato sulla cometa Cometa Churyumov-Gerasimenko dopo un viaggio di oltre 10 anni. La missione servirà a studiare l’evoluzione dell’Universo per decifrarne i misteri.
Come è stato possibile raggiungere la «stella cadente»? Sfruttando la legge di gravitazione universale scoperta più di 300 anni da Isaac Newton e per la quale il grande astronomo ha giustamente meritato sulla pietra tombale l’epitaffio di Onore del genere umano. La gravitazione, il principio che spiega la stabilità e l’equilibrio del sistema solare e che ha reso possibile l’esplorazione dello spazio, ha permesso alla fisica moderna di elaborare una teoria unitaria per spiegare le mutue interazioni dei corpi celesti.
Quel giorno importante per l’umanità, ci chiedevamo se, quaggiù, in Terra, esisteva una legge universale analoga alla meccanica celeste, in grado di decifrare il funzionamento dell’universo economico e spiegarne, secondo un principio unitario, le interdipendenze fra tutti i suoi fenomeni.
Questa legge esiste ed è la Legge del Valore.
L’agire economico di una, di più persone, di una collettività, di una nazione è guidata dai calcoli di valore. Non esiste un valore assoluto, come la lunghezza e il peso di un corpo; si tratta sempre del valore di beni in rapporto ad altri beni o in rapporto alla moneta, lo standard generale del valore. I movimenti del valore sono simili ai movimenti dei corpi celesti: come ogni corpo cambia posizione, non in modo assoluto, ma in relazione agli altri, così ogni valore si modifica in relazione al valore di altri beni.
Tutte relazioni economiche sono relazioni di valore.
I valori sono soggettivi ma dalla loro interazione nasce una realtà che si presenta nel mercato come un dato di fatto, il prezzo, che non è creato da nessuno in particolare, ma a cui nessuno può sottrarsi e che rappresenta il valore di mercato delle cose o valore di scambio. Il valore rappresenta la forza gravitazionale dell’economia che sempre riconduce tutte le oscillazioni verso un punto di equilibrio. Cresce la domanda di un bene? Il prezzo sale; ma subito un’altra forza, l’offerta, si sviluppa e contrasta l’aumento del prezzo. La flessibilità dei prezzi, la loro capacità di adattarsi ai mutamenti della domanda e offerta è il presupposto indispensabile della stabilità economica.
Il sistema dei prezzi è un sistema informativo che misura il grado di scarsità delle risorse permettendo di indirizzarle verso gli impieghi più efficienti e remunerativi. Esso regola non solo la circolazione dei beni presenti ma anche quella dei beni futuri attraverso l’interesse che è il prezzo dei primi in termini dei secondi in quanto dare a prestito o investire denaro significa scambiare un bene presente contro un bene futuro.
Poiché i prezzi sono quantità di moneta e questa è lo standard generale del valore, rappresentando il valore di tutti i beni e capitali, deve avere il suo fondamento nella stessa legge del valore. Pertanto se forze o autorità esterne ne regolano il valore come fosse indipendente da tutti gli altri beni, distorcono il sistema informativo dei prezzi in base al quale si operano le scelte economiche.
L’esperienza insegna che manipolando il prezzo di un bene al di sotto del suo punto di equilibro se ne determina sottoproduzione e, al di sopra, sovraproduzione, due fenomeni che portano all’impiego antieconomico delle risorse e a crisi settoriali. Ma quando si manipola il valore della moneta, l’espressione di tutti i prezzi, si contagia in modo simultaneo l’economia intera causandone la crisi sistemica.
Un tempo manovrare moneta e credito era un fatto eccezionale: le nazioni non potendo finanziare le guerre mediante l’inasprimento fiscale, ricorrevano all’emissione di moneta e creando inflazione imponevano, tramite la riduzione dei consumi, un risparmio coattivo alle popolazioni. La guerra assorbiva una larga parte delle risorse economiche le quali, in periodi normali, venivano impiegate nella produzione.
Il sistema monetario attuale, cioè l’insieme di «regole» che determinano lo standard di valore monetario e creditizio è da finanza bellica: non distrugge le cose materiali ma i valori economici.
Ciò che è avvenuto dall’inizio della crisi del 2008 non ha riscontro nella storia passata: per la prima volta i principali istituti di emissione hanno adottato all’unisono politiche monetarie espansive per salvare sistemi bancari e governi insolventi monetizzando il loro debiti su scala gigantesca.
Ma com’era prevedibile, gli stimoli, lungi dal risolvere i problemi li hanno aggravati: i debiti sono aumentati, la produzione è diminuita, la disoccupazione è diventata strutturale, gli standard di vita calati in un contesto di perturbazioni e squilibri di ogni tipo.
Tutto ciò si può dedurre dal mercato dei capitali sempre e pericolosamente oscillante: qui la percentuale dei titoli di debito, superiore a quella dei titoli azionari segnala il primato della finanza mondiale pubblica su quella privata.
La prima, non producendo sviluppo, si è alimentata a spese della seconda che, a stare agli attuali livelli dei corsi azionari, sembra anch’essa prosperare. Ma il fatto è che essi non rispecchiano affatto fondamentali economici sani poiché, come la finanza pubblica, rappresentano una bolla enorme gonfiata dal sistema finanziario e monetario imperniato sulle banche centrali.
Tutto ciò è aggravato dalla gara suicida delle svalutazioni monetarie competitive indotte dalle espansioni monetarie che, squilibrando tutti i mercati, creano un’instabilità esplosiva. Non ci sono più centri di gravità nell’economia, ogni cosa oscilla pericolosamente creando onde urto su tutte le altre.
E ’il sistema monetario l’elemento perturbatore del cosmo economico.
Tale sistema è al di là di qualsiasi possibilità di riscatto in quanto moneta e debito, costituendo un tutt’uno inscindibile, postulano l’espansione monetaria perenne essendo impossibile pagare il debito attraverso la crescita economica. L’aumento del debito, è implicito al modello stesso, pena il default. Infatti deve aumentare almeno nella stessa misura degli interessi maturati di quello già emesso, il che spiega la politica di riduzione del tasso d’interesse, impotente a stimolare l’economia, ma efficace ad abbassare il costo del debito.
L’apparato creditizio non è servito più a trasferire risparmio ma debito che, non poggiando su una base di ricchezza concreta di cui il credito è il mezzo di trasferimento, genera ulteriore debito necessario a ripagare quello circolante.
E’ chiaro che, senza più riferimento con la ricchezza, il debito non può più estinguersi e diventa incontrollabile. Si tenta tuttavia di alleggerirlo, mediante la tecnica della «repressione finanziaria» che comporta la soppressione del tasso di interesse ossia del rendimento che determina il prezzo degli strumenti di debito posti a garanzia delle emissioni stesse. Più si riduce il tasso, più sale il loro prezzo, proteggendo il valore di questa garanzia.
La tecnica di repressione finanziaria si attua mantenendo il tasso di interesse ufficiale al di sotto dell’inflazione in modo da renderlo negativo.
La differenza tra inflazione e rendimento rappresenta la sottrazione del potere d’acquisto ai risparmiatori a beneficio dei governi che svalutano il debito nella misura di questa differenza. Il processo, continuo e occulto, impone una tassa permanente senza scosse politiche.
E’ per tale motivo che si vuole l’inflazione a tutti i costi.
E’ chiaro che l’interesse fissato in modo arbitrario dalle banche centrali non ha lo stesso significato di quello del mercato. Qui, il tasso di interesse è l’indice dell’offerta di capitale reale disponibile, confrontato con la domanda e con i livelli di rischio.
In un mondo dominato dalla legge del valore non si potrebbe inflazionare il debito perché il mercato, «prezzando» il rischio, richiederebbe un interesse più alto e i governi, banche centrali facendo da tramite, ci penserebbero due volte a indebitarsi per sprecare risorse. Il tasso ufficiale non è l’indice di propensione all’investimento, è l’indice della dissipazione.
Le conseguenze di questo processo sono devastanti.
Il pagamento delle pensioni dipende tanto dall’integrità e stabilità monetaria quanto dai rendimenti del capitale; non esistendo la prima ed essendo negativi i secondi, il loro pagamento diventa impossibile. Il calo demografico e l’invecchiamento della popolazione nei paesi sviluppati rendono il problema esplosivo.
Allora, per pagarle si ricorrerà ad ulteriori espansioni monetarie destabilizzando ancora di più la moneta e colpendo anche la popolazione attiva.
In questo contesto finanziario-monetario neppure gli esperti money manager riescono più a gestire le sostanze dei clienti: la tradizionale teoria del portafoglio, basata sul mix diversificato di investimenti per rendere il rischio complessivo inferiore a quello di ogni singolo investimento non può funzionare poiché in un sistema informativo distorto è impossibile valutarlo.
Questo è il motivo per cui si è sviluppato il mercato dei derivati, le assicurazioni contro l’insolvenza sistemica, diventato un multiplo del PIL mondiale e pericolosamente incombente come un meteorite sul mondo economico.
In tale scenario «bellico» è utopico pensare ad una svolta nella direzione della crescita.
Si assisterà solo a ulteriori convulsioni, tensioni e perturbazioni come in un processo totalmente incontrollato e inarrestabile fino al collasso finale che farà crollare, insieme a tutti i valori fittizi, l’intero edificio monetario finanziario.
Si sono ripetute le condizioni per un una replica del 2008, ma su scala più grande e pochi sono preparati a questa realtà. Per coloro che credono ancora negli effetti speciali delle banche centrali, sarà un brusco risveglio.
Non sappiamo se la catastrofe avverrà nel 2015, ma avverrà in un futuro molto prossimo, scatenata dalla lotta titanica tra l’attuale regime e le forze profonde dell’economia, tra il mondo della finzione e quello della realtà. L’unica speranza è che la catastrofe ridisegni un atlante finanziario mondiale il cui tratto distintivo sia il ritorno a una moneta stabile non legiferata dal potere di qualcuno, ma dal valore, il motore primo del cosmo economico.
Fonte: srs di Gerardo Cocco, da Miglio Verde del gennaio 2014
Link: http://www.miglioverde.eu/il-debito-pubblico-non-puo-estinguersi-e-la-catastrofe-e-prossima/