La Grotta Solinas di Fumane è uno dei siti archeologici europei più importanti sull’uomo di Neanderthal
FUMANE. L’università di Oxford retrodata la scomparsa di questo ominide grazie ai reperti trovati nella Valle dei Progni. La fine di questa specie è stata spostata a 40mila anni fa: «Il sito preistorico ha svolto un ruolo importante per queste indagini»
La Grotta di Fumane è uno dei siti archeologici europei più importanti sull’uomo di Neanderthal
L’estinzione dell’uomo di Neanderthal è stata retrodatata a 40mila anni fa, in base agli ultimi studi eseguiti da un team dell’università inglese di Oxford, guidato dal professor Tom Higham. La notizia è apparsa in questi giorni sulla rivista britannica «Nature» e ha fatto subito clamore nel mondo scientifico.
Gli studi, che si basano sulle analisi al carbonio 14 e ad una tecnica di datazione di altissima precisione che è la spettrometria di massa con acceleratore, hanno preso in considerazione reperti provenienti da tutta Europa, dalla Russia alla Spagna, una quarantina di siti in tutto, compresa la Grotta di Fumane. Quindi, questo robusto ominide dal forte prognatismo (cioè con la mandibola sporgente), vissuto nel Paleolitico medio, evoluto e buon conoscitore della lavorazione della selce, che si agghindava con penne e piume, capace di sostenere temperature molto fredde, i cui resti sono stati trovaati per la prima volta nella Neanderthal, in Germania, si sarebbe estinto definitivamente, per motivi non ancora noti, in Francia 40mila anni fa.
Marco Peresani
«L’estinzione è di pochi decenni dopo i 39mila anni fa», precisa il professor Marco Peresani, dell’Università di Ferrara, che da più di 20 anni guida l’equipe di archeologi che scavano nella Grotta di Fumane, «il sito preistorico fumanese ha svolto un ruolo molto importante per queste indagini, grazie ai numerosissimi ritrovamenti in ottimo stato di conservazione e di buona qualità, come ossa di animali macellati, carboni, focolari, amigdale, attrezzi litici».
Elementi che hanno consentito di ricostruire l’habitat, l’alimentazione, la flora e la fauna esistenti in quel periodo, come in un puzzle, delinenando la vita di questi ominidi che frequentavano il riparo sopra la Valle dei Progni, zona ricchissima di selce, nel periodo estivo, e si spostavano poi in altre località. Per più di 5.000 anni l’homo Neanderthalensis ha convissuto, più o meno pacificamente, con l’homo Sapiens Sapiens o anatomicamente moderno sopraggiunto da sud, per poi sparire definitivamente dalla scena.
Colpa di qualche virus portato dai nuovi sopraggiunti? Competizione, lenta ibridazione, selezione sessuale? L’intelligenza più sviluppata del Sapiens ha giocato un ruolo importante? Chissà. Fatto sta che questi ominidi, che pure avevano massa cranica importante, sono spariti.
«La notizia di questa nuova datazione è molto importante», continua Peresani, «per la prima volta abbiamo date precise e accurate sull’estinzione, frutto di una visione di insieme e collaborazione con altre Università, anche quelle italiane di Genova, Trento e Siena e molti reperti provenienti da Puglia, Campania e Liguria. L’estinzione del Neanderthalensis è avvenuta in periodi diversi in Europa e Asia; nella Grotta di Fumane, che testimonia l’avvicendamento e la frequentazione delle due specie, possiamo parlare con certezza di 44mila anni fa».
Nell’analisi stratigrafica infatti i reperti successivi sono da attribuire ai primi Sapiens. C’era da aspettarsi una retrodatazione da parte dell’Università di Oxford, che aveva anticipato a 35mila anni fa anche la datazione dello «sciamano», il disegno che rappresenta un uomo con copricapo a forma di corna e animale sacrificale in mano, realizzato in ocra rossa sul soffitto della grotta, poi caduto. In questo caso il disegno, fatto dai Sapiens, è ritenuto il disegno preistorico più antico in ambito europeo.
Fonte: srs di Giancarla Gallo, da L’Arena di Verona di venerdì 22 agosto 2014 PROVINCIA, pagina 30