Dal testo di Francesco Zanotto
“… Fu allora che i popoli delle città minacciate, fuggendo quella mina, si ripararono nelle isolette della laguna. Laonde fu spettacolo commovente il vedere tanti popoli di nobilissima origine, abbandonare le avite case, e con soli pochi arredi, ma co’ preziosi averi e colle reliquie de’ Santi, entro barchetti, fuggir desolati e piagnenti, tratto tratto volgendo le meste luci inver la terra natìa, fatta preda del barbaro; e ancor da lunge darle l’ultimo vale, non più sperando di vedere il domestico lare, che iva sciogliendosi fra le faville ed il fumo … ”
ANNO 452
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri
Nel 452 d.C. Attila e il suo popolo invasero il nord dell’Italia. Da Aquileia, da Padova, dai centri minori, le genti venete dovettero cercare scampo nelle isolette della laguna, che da quel momento divenne un centro abitativo, politico e alla fine anche militare per la difesa del litorale adriatico dalle ricorrenti invasioni
2 – LA SCHEDA STORICA
Un una torrida giornata di agosto del 410 d.C. Alarico re dei Goti conquistava, saccheggiandola, la città di Roma. Il re barbaro muovendo dalle lontane pianure danubiane, era riuscito là dove per mille anni nessun altro esercito o popolo straniero aveva osato: conquistare la città che per secoli aveva retto e determinato le sorti del mondo allora conosciuto. Di fronte ad un popolo agguerrito e così lontano per lingua e costumi, le popolazioni della penisola cercano scampo nella fuga. Ed è proprio a seguito di quelle drammatiche circostanze che le genti dell’entroterra veneto trovarono probabilmente per la prima volta rifugio nelle antistanti isole lagunari nell’attesa e nella speranza che la situazione si normalizzasse e poter far quindi ritorno alle proprie case.
L’area lagunare, tuttavia, non era una zona del tutto sconosciuta ai profughi. Già nei primi secoli dell’Impero i centri dell’immediato entroterra -Oderzo, Cavarzere, Altino, Concordia-, vi proiettavano infatti le loro imbarcazioni costituendo molto probabilmente, una discreta rete di traffici e di scambi commerciali tra la zona meridionale gravitante attorno a Ravenna e la parte più settentrionale dell’area lagunare facente capo a Grado ed Aquileia.
Sicuramente abitata in epoca romana, per esempio, era l’isola di Torcello (Dorceum) posta sull’importante via marittima di transito verso il porto di Altino, come lascerebbero pensare alcuni resti archeologici datati attorno al I-II secolo d.C. Qui, probabilmente, sorgevano anche alcune ville dei patrizi altinati ricordate anche dal poeta Marziale (I sec.).
La lenta decadenza dei municipi romani nel corso del III secolo e i mutamenti naturali che interessarono l’intera area con estesi processi d’impaludamento specie nel settore centro meridionale, portarono probabilmente ad un lento abbandono della zona dove, tuttavia, il caso di Torcello doveva comunque rappresentare un’eccezione più che la regola. Difficilmente si può infatti pensare a forme di insediamenti duraturi ed organizzati nelle isole lagunari prima del V-VI secolo. Sicura appare invece, prima di quell’epoca, la presenza di stazioni di transito su punti ben specifici o nuclei provvisori di pescatori ed estrattori di sale come lasciano ben immaginare alcune testimonianze quali la lettera di Cassiodoro ai tribuni marittimi (535 circa) o la più antica testimonianza di Servio.
Cassiodoro in particolare, descrive un mondo, quello lagunare appunto, abitato da gente umile ma laboriosa che conduce una vita simile “a quella degli uccelli palustri” in case modeste, spesa per lo più nella pesca e nell’estrazione del sale. Questi insediamenti appaiono già ben radicati ed organizzati al tempo di Cassiodoro per non ipotizzare una loro più antica origine precedente quindi alle migrazioni dei profughi nel V-VI secolo. Queste, piuttosto, andranno pensate piuttosto come ad un ripopolamento su vasta scala delle isole, un ripopolamento che da transitorio acquisterà nel tempo un carattere definitivo.
Le migrazioni di interi popoli
Infatti, le straordinarie vittorie riportate inizialmente sui Goti dal generale Stilicone che avevano fatto ben sperare, vennero invece ben presto vanificate dallo stesso giovane ed inetto imperatore d’Occidente Onorio che condannando a morte per tradimento il valoroso generale, aveva irrimediabilmente segnato le sorti del suo stesso impero e della sua gente.
Alarico conquistando Roma aveva ormai aperto la strada ad altri eserciti, ad altri popoli ”barbarici” che da decenni premevano irrequieti ai confini dell’impero. E così, dopo i Goti, sarà la volta degli Unni, dei Sarmati, dei Vandali, che ad ondate successive si riverseranno nella penisola diventata, ormai, facile terra di conquista.
E da una remota terra stretta tra il fiume Volga e il corso settentrionale del Danubio, mossero gli Unni di Attila, nel 452, alla volta dell’Italia dopo aver devastato con le loro scorrerie i Balcani e aver costretto la stessa Bisanzio ad una umiliante pace. Al seguito del potente re guerriero si muoveva un’orda composita di tribù germaniche e slave che penetrando nell’Illiria e nella Gallia, dove furono finalmente battuti dal generale Ezio, ebbero giusto il tempo di saccheggiare orribilmente gran parte dell’Italia settentrionale seminandovi terrore e desolazione. Abili e feroci guerrieri a cavallo – sul cavallo combattevano, ma anche dormivano, e mangiavano quasi esclusivamente carne cruda o appena fatta macerare tra la sella e il corpo dello stesso animale -, gli Unni tuttavia, non conoscevano la navigazione marittima, indicando alle popolazioni venete terrorizzate, una possibilità di salvezza: il mare e le sue isole.
E così gli abitanti di Aquileia, distrutta e saccheggiata, trovarono scampo a Grado mentre la medesima via prendevano anche le altre popolazioni dell’area. L’insediamento dei diversi gruppi di fuggiaschi non dev’essere avvenuto, tuttavia, in modo del tutto casuale e disordinato. I profughi probabilmente, si muovevano dalla terra ferma in gruppi già ben definiti, sicuramente quelli parentelari, preferendo dirigersi verso zone comunque non troppo lontane o del tutto sconosciute. Ecco così gli aquilensi veleggiare verso Grado, gli abitanti di Concordia verso l’isola di Caprula, quelli di Altino a Torcello e i Padovani a Malamocco e a Rivus Altus (Rialto), il futuro cuore politico e commerciale di Venezia.
Le relazioni con i centri di terraferma restavano ancora ben salde, dato che il trasferimento non aveva ancora assunto un carattere definitivo. Ma altri eserciti, altri popoli dovevano ancora scontrarsi da lì a pochi anni nella penisola e la laguna allora, rappresenterà un sicuro e definitivo rifugio. Quanto ad Attila, ci volle tutto il carisma e l’autorità di un Papa come Leone I per bloccarne la discesa verso Roma. L’ondata devastatrice finalmente si ritirava.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 1, SCRIPTA EDIZIONI
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