Dal testo di Francesco Zanotto
“Quindi assunto il comando supremo da Pietro Orseolo, divise egli in due corpi le milizie tutte: uno per combattere sul mare, l’altro a presidio nei sobborghi della città, e tutto in un punto dato l’assalto sia per mar che per terra, sì orrida lotta incagliossi da durare tre giorni consecutivi; ne’ quali morte girava in mille modi a fare strage tremenda. Dopo il terzo giorno ebbero i nostri piena vittoria, e la città rimase libera per ogni lato. Ciò accadè il dì 18 ottobre del riferito anno 1004 … ”
ANNO 1004
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri
Invasa la Puglia i Saraceni, dominatori della Sicilia, stringono d’assedio Bari, guidata da un catapano (governatore) greco-bizantino. Richiesto dall’Impero d’Oriente di un intervento militare il Doge arriva con la flotta e rompe con decisione l’assedio. Il 18 ottobre del 1004 la vittoria completa arride alle armi veneziane …
(Nell’illustrazione di Giuseppe Gatteri il doge Pietro Orseolo II viene accolto dai maggiorenti della città di Bari e dal popolo in festa per il fallimento dell’assedio saraceno)
22 – LA SCHEDA STORICA
Rientrato vittoriosamente a Venezia, il doge Pietro II riprese celermente i contatti diplomatici con gli altri sovrani. In particolare, si era dimostrato positivamente impressionato dai successi della politica veneziana, l’imperatore sassone Ottone III. La conquista della Dalmazia, del resto, si verificò non solo grazie al consenso di Bisanzio, ma anche dello stesso sovrano germanico nel quale la “renovatio imperi” trovava il suo più convinto e strenuo attuatore. E nel suo rinnovato progetto imperiale, che avrebbe riportato Roma al ruolo dell’antica capitale, non poteva l’imperatore non considerare la crescente potenza di Venezia. Ad un impero serviva assolutamente anche una flotta ed in quel momento nell’intero Mediterraneo risuonava alta l’eco delle imprese di quella veneziana. L’imperatore tanto teneva al suo scopo, che decise di scendere personalmente a Venezia per incontrare a quattrocchi il doge al quale aveva già concesso numerosi benefici territoriali e giurisdizionali.
Trascorsa la Pasqua del 1001 a Ravenna, l’imperatore si recò dunque in gran segreto a Venezia accompagnato da un seguito di sole sette persone che lo lasciarono non appena approdati in laguna. Il doge, infatti, si guardava bene dal rendere pubblico un simile incontro non dimentico che l’amicizia con la casa sassone venne pagata in parte con la vita dal doge Pietro IV Candiano. Non è dato sapere in realtà cosa effettivamente si siano detti i due Signori nel segreto del colloquio anche se l’ipotesi di una richiesta d’appoggio alla causa imperiale da parte dei Veneziani e della loro flotta, non appare del tutto improbabile.
Tuttavia, al giovane imperatore non riuscì di cogliere gli eventuali frutti prodotti dal suo incontro con il doge. Nove mesi dopo, infatti, Ottone III moriva prematuramente e con lui il generoso tentativo di restaurare l’impero di Roma. Al doge, diversamente, non mancò certo il tempo e l’occasione per riaffermare nuovamente la potenza della sua flotta.
“Nell’anno 1003 la città di Bari, capitale dell’Italia greca, fu assalita dalla flotta saracena che stava sotto il comando dell’alcade Saphi (Iussuf), un rinnegato. L’assedio durò dal mese di maggio fino agli ultimi giorni di ottobre; allora giunse Pietro, doge di Venezia e liberò la nostra città”. Così gli annali baresi nel riportare la notizia di quella che fu una straordinaria vittoria della flotta e dell’esercito veneziani guidati dal loro doge Pietro II.
Questi si era assicurato prima di partire, la coreggenza del figlio Giovanni al trono ducale allestendo successivamente in pochi mesi una potente flotta da guerra che avrebbe infine liberata la città di Bari dall’assedio saraceno. Bari era allora governata per conto dell’imperatore greco Basilio, dal capitano Gregorio che organizzò la coraggiosa resistenza della città.
Trascorsi alcuni mesi senza che la situazione si sbloccasse, l’imperatore bizantino si risolse a chiedere aiuto all’unica flotta cristiana allora in grado di affrontare con successo quella saracena. La flotta, naturalmente era quella veneziana di Pietro Orseolo che salpò da Rialto il giorno di S. Lorenzo (10 agosto) del 1003. Giunto il 6 settembre nel porto di Bari, riuscì a farvi introdurre delle grosse quantità di viveri in una città stremata dalla fame dopo lunghi mesi d’assedio. Provvide poi a sistemare le truppe.
Una parte venne posta a presidio delle mura, il resto tornò alle navi che si lanciarono immediatamente su quelle nemiche. Lo scontro, in mare aperto, si protrasse per ben tre giorni, ma alla fine la flotta veneziana ebbe la meglio su quella saracena messa in fuga o annientata. L’esercito saraceno, non trovandosi più spalleggiato dalle proprie navi, abbandonò l’assedio della città dove invece entrava trionfalmente il doge.
Questi venne accolto dal capitano Gregorio e da una folla festante che lo condusse in trionfo fino al Palazzo della città. Era il 18 ottobre e il doge poteva finalmente fare ritorno alle sue patrie isole. Giunto a Venezia Pietro inviò prontamente a Costantinopoli il figlio minore Ottone e il coreggente Giovanni che ricevette in sposa la nipote dell’imperatore Basilio, Maria.
Il matrimonio si svolse nella cappella imperiale in uno sfarzo e ricchezza mai visti mentre il patriarca costantinopolitano consacrava solennemente l’unione. Con questo matrimonio, il doge Pietro II non solo aveva sancito un legame di sangue con la casata imperiale bizantina, ma attraverso questo cercava di dare solide e legittime basi alla sua dinastia, alla sua famiglia.
La liberazione di Bari, una sorta di dono nuziale alla nipote dell’imperatore greco e lo stesso matrimonio dei due giovani, erano solo le due facce di un medesimo, intimo progetto, quello di assicurare il trono ducale alla sua famiglia. I giochi sembravano fatti, i due imperatori, d’Oriente e d’Occidente, erano dei fidi alleati e la potenza di Venezia aveva arrecato alla città glorie e ricchezze.
Le nozze del figlio e la conquista di Bari segnarono l’apice della politica del doge Orseolo.
Le cose infatti, non dovevano durare a lungo e non certo per colpa, almeno questa volta, dell’inquieto popolo veneziano che pur tuttavia iniziava a guardare con sospetto alla politica troppo familiare del proprio duca. Ci pensò questa volta il destino con una furiosa pestilenza che nel giro di pochi mesi portò nella tomba il coreggente Giovanni e la sua sposa greca. Precipitosamente il doge affiancò sul trono il giovane figlio Ottone, allora appena quattordicenne, mentre prima di morire riuscì a far eleggere quale nuovo vescovo di Torcello, un altro dei suoi numerosi figli, Orso.
Fu l’ultimo gesto del vecchio duca a favore della sua famiglia. Le fonti tacciono sulle circostanze della sua morte da ritenersi, probabilmente, naturale.
Dal 1009 comunque, di lui non si hanno più notizie. Il grande Pietro II Orseolo, il doge che per primo procurò a Venezia tanti onori, gloria e ricchezza, scomparve dalla e storia nel più totale silenzio.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 1, SCRIPTA EDIZIONI
Link: http://www.storiavicentina.it