Dal testo di Francesco Zanotto
“Avviavasi quindi il dì appresso il santo vescovo verso Pest sopra un carro, non potendo, grave d’anni ch’egli era ed estenuato dalla penitenza, procedere a piedi. Ma appena giunto co’ suoi al porto del Danubio, cinque infedeli guidati da Vata capitano, uno de’ più fanatici persecutori de’ cristiani, cominciarono a scagliar sassi contro Gherardo e de’ suoi compagni, e non riuscendo con questo ad ucciderlo, lo gittarono a terra, e mentre pregava in ginocchio, per li suoi stessi carnefici, essi lo presero e … lo gettarono .. giù … ”
ANNO 1047
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri
Vittima delle guerre civili che affliggono l’Ungheria nel periodo, Gherardo viene ucciso in una imboscata tesagli mentre si apprestava a recarsi a Pest, nonostante il potere fosse stato assunto dalla parte politica che propugnava l’estinzione del cristianesimo dal regno e il ritorno della vecchia religione …
23 – LA SCHEDA STORICA
Alla morte del doge Pietro II salì al trono il figlio più piccolo di questi, Ottone che tuttavia nel 1027 fu costretto ad allontanarsi da Venezia a seguito di una rivolta che segnava l’inizio della fine per la casata degli Orseolo.
Ottone aveva sposato la sorella del re d’Ungheria Stefano I e dalla loro unione era nato un figlio di nome Pietro costretto anch’egli ben presto a lasciare la città lagunare a causa del montante odio contro lo strapotere familiare del suo casato. Pietro trovò così rifugio presso la corte dello zio materno, Stefano, che gli affidò il comando delle armate ungheresi.
L’Ungheria, ancora pagana nell’XI secolo, grazie alla conversione al cristianesimo del suo re Wajk – che in occasione del battesimo prese il nome appunto di Stefano -, stava faticosamente entrando nell’orbita dei grandi paesi dell’Occidente cristiano. Il re aveva inoltre sposato la sorella dell’imperatore germanico Enrico II, Gisella, e aveva dato il via a tutta una serie di campagne evangelizzatrici del suo popolo appoggiandosi sulla capillare azione di monaci benedettini. Il nuovo elemento religioso doveva diventare il fondamento del nascente stato ungherese, superando il vecchio regime tribale e pagano grazie anche alla legittimazione papale ed imperiale dell’assunzione da parte di Stefano del titolo reale.
Nella primavera del 1001, l’imperatore Ottone III e il papa Silvestro II consentirono alla creazione da parte di Stefano di un arcivescovado al quale dovevano ricollegarsi e far capo tutti i successivi vescovadi ungheresi. In quella medesima circostanza, le due supreme autorità, laica ed ecclesiastica, riconobbero ufficialmente Stefano quale legittimo re d’Ungheria, incoronandolo da lì a poco tempo. La chiesa ungherese veniva così a dipendere direttamente dalla Santa Sede e Stefano ne era il suo rappresentante.
Una missione difficile
Iniziò così una non facile diffusione del Vangelo tra una popolazione ancora in gran parte legata agli antichi riti pagani politeisti. Vennero in quegli anni cruciali fondati numerosi monasteri e vescovadi, le prime isole dalle quali si sarebbero irradiate le campagne evangelizzatrici in tutto il paese.
Alla morte del sovrano, che verrà canonizzato da Gregorio VII nel 1083, gli successe sul trono come da lui disposto, il nipote Pietro Orseolo, ormai definitivamente bandito dalla sua città natale.
Ma da Venezia era giunto anche, durante gli ultimi anni di regno di Stefano I, Gherardo Sagredo, abate del monastero veneziano di S. Giorgio. Giorgio era anche il nome di battesimo del Sagredo che era nato a Venezia il 23 aprile del 986 da un tal Gherardo e da una certa Caterina Salomon.
Miracolosamente guarito da una gravissima malattia all’età di cinque anni grazie alle orazioni del beato Giovanni Morosin, abate di S. Giorgio, il Sagredo all’età di 25 anni decideva di vestire l’abito monastico mutando il suo nome nativo in quello di Gherardo in memoria ed onore del padre. Consigliato da un amico abate, Gherardo si diresse poi in Ungheria dove c’era un estremo bisogno di provati uomini di fede e di coraggio. Qui venne accolto amorevolmente dal re Stefano I che gli affidò il compito di educare suo figlio Emerico. Tuttavia la vita a corte non si addiceva alla natura spirituale del monaco veneziano che con l’amico e compagno Mauro si ritirò infatti nell’eremo di Beel per circa sette anni conducendovi una vita durissima dedita però anche allo studio.
Trascorsi i sette anni, Gherardo venne richiamato dal sovrano che lo creò vescovo di Canadio nel 1037. A Gherardo, poi, vennero affiancati altri dodici monaci con la facoltà di fondare chiese e monasteri nelle provincie e città del regno.
Alla morte del santo sovrano Stefano I, salì al trono, dunque, il nipote Pietro Orseolo. Due veneziani così rappresentavano in quel momento il volto politico e religioso dell’Ungheria. Una situazione che non poteva essere tollerata a lungo dai principi e dalle tribù locali.
Pietro infatti, dopo soli due anni venne deposto dal conte palatino Aba che inutilmente chiese a Gherardo di consacrarlo nuovo re. Dopo un breve ritorno di Pietro sul trono, questo venne infine stabilmente occupato da due sovrani, Andrea e Leventa, figli di Ladislao il Calvo della medesima schiatta di Stefano I. Con i due sovrani anche la politica religiosa prese una nuova e pericolosa direzione.
La nuova religione cristiana non era stata ancora del tutto assimilata da una popolazione che ancora nutriva una profonda nostalgia per i propri antichi riti pagani che si tentò infatti di ripristinare.
I primi a pagare il prezzo di questo grave ritorno all’indietro, furono naturalmente i monaci e vescovi cristiani. Gherardo, in particolare, si stava dirigendo a rendere omaggio ai due nuovi sovrani, quando venne aggredito da cinque magiari pagani guidati dal loro capo Vata, uno dei più feroci e temibili persecutori di cristiani. Presero a lapidare Gherardo e i suoi compagni gettandolo poi a terra. Dopo molte percosse e ancora vivo, Gherardo venne gettato con il suo carro giù da un’alta rupe chiamata da allora monte S. Gherardo. Non ancora soddisfatti, i carnefici scesero ai piedi del dirupo e fecero strazio del già martoriato corpo del santo vescovo. Era il 24 settembre del 1047.
I resti del povero Gherardo vennero pietosamente raccolti e inizialmente deposti nella chiesa della Beata Vergine di Pesto Dopo sette anni vennero invece traslati nella chiesa di Canadio , cittadina della quale Gherardo era stato vescovo.
I prodigi che si verificarono sulla sua tomba e la sua vita esemplare coronata dal martirio, indussero poi il papa Gregorio VII a santificare nel 1078 l’abate veneziano mentre solo nel 1400 le sacre ossa del martire poterono finalmente fare ritorno nella laguna. I resti vennero deposti nella chiesa di S. Donato a Murano dove trovarono il loro definitivo riposo. Venezia aveva pagato il suo primo tributo di sangue alla causa cristiana.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 1, SCRIPTA EDIZIONI
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