Dal testo di Francesco Zanotto
“Tre anni dopo però venuti nuovamente gli Ungheri con maggior nerbo di truppe, tornava il Doge medesimo in Zara a difenderla. Accampatosi egli fuor delle mura, ed affrontato il nemico, cosiffatta battaglia impegnossi, nella quale combattendo il Doge a guisa di semplice soldato, cadde vittima gloriosa sul campo, e la sua morte, unita a quella de’ più strenui guerrieri, fu cagione che i Veneziani, rotti da ogni parte, costretti fossero a cercare salute colla fuga sulle navi. Nella qual fuga non dimenticarono di recar seco la morta salma .. ”
ANNO 1116
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri
Alla guida di un forte contingente di soldati veneziani il Doge Faliero trova la morte sotto le mura di Zara nel tentativo di recuperare la città sottraendola al dominio degli Ungheri. Nonostante l’armata venga costretta alla ritirata la salma viene pietosamente trasportata fino alle navi e poi a Venezia per gli onori pubblici …
(Nell’illustrazione di Giuseppe Gatteri i soldati veneziani trasportano la salma del loro comandante verso le navi alla fonda)
26 – LA SCHEDA STORICA
Dopo la battaglia vittoriosa di Butrinto, Venezia si proponeva ormai non solo e non più come una vera e propria potenza adriatica, ma mediterranea.
In Oriente si era assicurata il monopolio dei mercati e dei traffici grazie al suo determinante impegno a favore dell’impero bizantino contro i Normanni che le aveva inoltre procurato il dominio sulle coste dalmate e croate. E duca di Dalmazia e Croazia venne riconosciuto da Bisanzio il doge Vitale Falier che aveva conseguito la straordinaria vittoria sulle navi del Guiscardo.
Accresciuta in gloria e ricchezza Venezia poteva ora rivolgersi con maggiore impegno a portare a termine anche i lavori della sua Basilica che infatti venne consacrata solennemente nel 1094. Venezia nel suo ritrovato equilibrio con Bisanzio, aveva raggiunto l’apice della sua potenza ora degnamente rappresentata anche dalla nuova chiesa di S. Marco. Un equilibrio che da lì a pochi anni sarebbe stato messo in grave e profonda crisi.
Da anni l’impero bizantino doveva far fronte alla minacciosa avanzata dei Turchi, una pressione che da solo l’esercito di Bisanzio non era più in grado di sopportare. Già nel 1095 ambasciatori imperiali avevano portato in Occidente la richiesta di aiuto per poter fermare l’avanzata turca che per il momento ancora indirettamente, minacciava anche l’Europa cristiana.
E così nel novembre dello stesso anno, il 1095, da Clermont, il papa Urbano II in occasione di un concilio lì convocato, mise all’ordine del giorno, tra le altre cose, gli aiuti chiesti da Bisanzio. Il pontefice in quell’occasione, tuttavia, si spinse ben oltre, lanciando infatti l’appello alla prima crociata per la liberazione dei luoghi sacri della cristianità, primo fra tutti Gerusalemme.
Tra il 1096 e il 1097, l’esercito crociato convenne a Costantinopoli capeggiato da alcuni tra i più grandi signori feudali dell’epoca: Roberto di Normandia, Raimondo di Tolosa, Goffredo di Buglione, Tancredi e Boemondo d’Altavilla (Normanni). Alloro seguito una massa di cavalieri senza parte, avventurieri e figli cadetti della grande feudalità franca, oltre ad una schiera di pellegrini disarmati.
Malgrado lo sconcerto che una simile orda doveva aver provocato, l’imperatore bizantino non poteva che accordarsi sul da farsi. Le truppe imperiali avrebbero appoggiato quelle crociate nella marcia verso Gerusalemme a patto che le terre liberate lungo il tragitto ritornassero sotto la giurisdizione imperiale. E così, in successione, caddero Tarso, Antiochia, Edessa. Inebriati dalle prime, facili vittorie i crociati, dimentichi dei patti presi coi bizantini, trasformarono ben presto la crociata in una vera e propria personale guerra di conquista.
E Venezia? Venezia inizialmente si tenne fuori dalla mischia seguendo con un certo timore e con crescente sospetto l’avanzata in Medio Oriente delle truppe crociate. La rottura del delicato equilibrio tra Oriente ed Occidente di cui erano anche espressione i commerci con i paesi mediorientali islamizzati, preoccupava non poco il governo e i mercanti veneziani.
Il doge Vitale Falier negli ultimi tre anni del suo dogato che coincisero con l’inizio delle prime conquiste crociate, preferì infatti, restare a guardare. Non così il suo successore Vitale I Michiel molto più preoccupato invece dei vantaggi che le rivali Genova e Pisa stavano ricavando dal loro immediato impegno nella guerra santa – Gerusalemme venne conquistata nel 1099 con l’aiuto della flotta genovese -. E così anche la flotta veneziana prese a muoversi verso la Terrasanta.
La sua presenza è segnalata a Rodi, Mira e Jaffa, mentre per l’aiuto prestato nella conquista di Caifa ed Acri i veneziani ottennero piena libertà di commercio, un terzo di ogni città conquistata e l’intera città di Tripoli. La politica di intervento e di espansione commerciale in Terrasanta proseguì anche sotto il successore del Michiel, Ordelafo Falier, eletto doge nel 1102. Ma l’impegno maggiore del nuovo doge fu tuttavia quello contro il re Stefano II d’Ungheria.
Il turbolento, giovane sovrano intraprese infatti appena salito al trono, una politica di espansione a danno dei paesi limitrofi scontrandosi già nel primo anno del suo regno con Boemi, Austriaci e Polacchi. Non poteva sottrarsi alle mire espansionistiche del sovrano ungherese la stessa Dalmazia che tentò in più riprese, infatti, di sottrarre al dominio veneziano. La città di Zara venne così conquistata dall’esercito magiaro, salvo venir riconquistata faticosamente dalle truppe veneziane guidate dallo stesso doge.
Alcuni anni dopo, tuttavia, gli ungheresi per nulla rassegnati alla perdita della città dalmata, ritentarono la sortita che si dimostrò fatale per il doge veneziano. In una durissima battaglia per mantenere il possesso della città, Ordelafo Falier veniva infatti mortalmente ferito nella mischia mentre l’esercito veneziano rimasto senza guida, batteva in ritirata.
Nella fuga tuttavia, non fu tralasciato di recuperare la salma del coraggioso doge che venne infatti riportato in patria e tumulato nella Basilica Marciana, in quella stessa S. Marco dove ancora oggi è possibile ammirare la splendida Pala d’Oro fatta venire da Costantinopoli proprio dal doge Ordelafo Falier. Era il 1118 e Venezia tornava a guardare con interesse verso la Terrasanta dove intanto le cose stavano rapidamente evolvendosi.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 1, SCRIPTA EDIZIONI
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