Dal testo di Francesco Zanotto
“… Il Dandolo in San Marco ascese improvvisamente la tribuna, e con maschia voce ed animo risoluto all’adunata moltitudine diceva: Supplicare la Repubblica di acconsentire che prendesse egli la Croce, essere suo desiderio capitanare in persona la patria milizia, dopo la espugnazione di Zara ribelle, sentirsi da tanto per seguire la generosa oste crociata, affine o di divider con essa la gloria nella liberazione del sepolcro di Cristo, ovveramente morire con essa in quella santa impresa … ”
ANNO 1201
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Ai Veneziani, l’impegno politico e militare stuzzica l’appetito in quanto il trasporto delle truppe può diventare un affare. I principi cristiani ed il papa si accordano infatti con Venezia per una cifra consistente e raccolgono le truppe. Ma al momento dell’imbarco se ne presentano la metà. Il doge allora propone agli imbarazzati debitori di espugnare Zara per conto di Venezia… ‘
30 – LA SCHEDA STORICA
Con l’incontro tra il pontefice Alessandro III e l’imperatore Federico I Barbarossa, il doge Vitale Ziani aveva toccato l’apice del successo diplomatico portando Venezia alla ribalta della politica europea. La città mai in precedenza aveva conosciuto tanto prestigio e anche da questa circostanza i Veneziani, naturalmente, non ne uscirono con le mani vuote.
Non solo l’enorme affluenza di gente proveniente da varie parti d’Italia e d’Europa per assistere all’avvenimento portò a Venezia un flusso enorme di ricchezza, ma cosa ancor più importante, il governo veneziano ottenne dall’imperatore la piena libertà di commercio in tutto l’impero con la totale esenzione dai dazi, mentre il pontefice accordò un’indulgenza a tutte le chiese della città risolvendo la secolare controversia tra i due Patriarchi di Grado ed Aquileia con il riconoscimento della supremazia della sede gradense da sempre centro spirituale della Venezia lagunare.
Il doge Ziani fece appena in tempo ad assistere allo storico incontro tra papa ed imperatore, che da lì a poco tempo moriva lasciando libero il trono per il nuovo doge, Orio Malpiero, eletto nel 1178. Toccò al nuovo doge assistere, dieci anni dopo la sua elezione, al completo fallimento dell’impresa crociata in Terrasanta. Nel 1187 infatti, i Saraceni guidati dal valoroso Saladino, infliggevano una durissima sconfitta agli eserciti cristiani presso Hattin, mentre tre mesi dopo, cadeva anche Gerusalemme.
L’appello del Papa Gregorio VIII per una nuova crociata, cadde in un momento particolarmente impegnativo per Venezia che aveva da poco intrapreso una nuova iniziativa militare contro il re di Ungheria per la riconquista di Zara. Non solo.
Dopo la sanguinosa rivolta scoppiata a Costantinopoli nel 1185 contro i Franchi a seguito del dilagante xenofobismo, per Venezia l’Oriente bizantino si stava trasformando in un campo minato. Cresceva così l’esigenza di assicurarsi nuovi e diversi mercati. L’iniziativa crociata, se riuscita avrebbe senz’altro portato a Venezia i soliti privilegi commerciali che in parte già vantava prima della perdita dei principali centri costieri in mano degli Arabi.
E così, spinta più da bisogni materiali che di fede, la flotta veneziana nella Pasqua del 1198 salpava alla volta della Terra Santa inaugurando la terza crociata. Una crociata dove tuttavia la poderosa flotta veneziana sembrò improvvisamente essersi volatilizzata. Dopo la riconquista di Acri e del suo importante mercato, dei Veneziani infatti e della loro flotta non se ne seppe più niente. Probabilmente altri erano i problemi che urgevano una soluzione da parte del doge che preferì, molto diplomaticamente, tenersi fuori il più possibile dalla mischia.
Non così il suo successore Enrico Dandolo, proclamato doge il primo gennaio del 1193.
Il nuovo doge malgrado la veneranda età – doveva avere attorno ai settantacinque anni – e un probabile stato di cecità, non tardò a manifestare ben presto tutte le sue eccezionali doti e capacità politiche e militari in un contesto storico che andava rapidamente modificandosi.
Nel 1194 moriva l’imperatore Enrico VI lasciando quale erede un bambino di appena cinque anni, Federico, mentre a Bisanzio regnava il caos più totale dopo la detronizazione dell’imperatore Isacco II.
I due imperi, sul finire del secolo, si ritrovavano così improvvisamente senza le rispettive guide e nel pieno disordine. Malgrado questo il nuovo pontefice Innocenzo III lanciava l’idea di una nuova crociata per realizzare la quale c’era bisogno, naturalmente, di una flotta che solo Venezia poteva mettere a disposizione.
E così nel 1201 giunse nella città una delegazione per trattare col governo veneziano che prontamente acconsentì. In fondo era solo una questione di prezzo. Così Venezia avrebbe provveduto al trasporto di 4.500 cavalieri coi rispettivi cavalli, di 9.000 scudieri e 20.000 fanti con scorte di cibo per nove mesi. Il prezzo? Ottantaquattromila marche d’argento! Non solo, Venezia si impegnava ad armare a proprie spese 50 galee in cambio della metà di tutti i territori eventualmente conquistati.
Il doge prese questa decisione, non senza il consenso popolare – in caso di fallimento si era così coperto le spalle – radunando allo scopo ben diecimila veneziani nella Basilica Marciana. Alla loro presenza, gli ambasciatori esposero i termini della richiesta e dell’accordo. Il consenso, naturalmente, fu unanime.
Il 24 giugno, giorno stabilito per la partenza da Venezia, tuttavia, giunsero meno della metà dei soldati che erano previsti. Come mai? La notizia presto diffusasi, che l’obbiettivo non era tanto la Terra Santa, quanto l’Egitto musulmano individuato quale punto più debole, spaventò o comunque non convinse numerosi crociati che così disertarono l’impresa. Venezia, tuttavia era stata ai patti. Le navi erano lì, pronte nel porto a salpare, ma ora a mancare erano gli uomini.
I crociati, così ridotti di numero, non poterono assolvere al pagamento del pesante debito con il governo veneziano che si rifiutò di far uscire una sola nave dal porto se prima non fosse stato pagato, minacciando per di più di tagliare i viveri all’esercito acquartierato al Lido.
Il capo-crociata, marchese Bonifacio di Monferrato, pur di uscire dall’imbarazzante situazione, riuscì a raccogliere in tutto, grazie anche ad un personale, pesantissimo contributo, solo 50.000 marche d’argento. Ne restavano ancora 34.000 da versare al governo veneziano! A questo punto il doge se ne uscì con la sua proposta. La città di Zara era ricaduta nelle mani del re ungherese. Se i Franchi, prima di partire alla volta della Terra Santa avessero aiutato i Veneziani nella riconquista della città dalmata, il saldo del loro debito … poteva essere dilazionato! Ai crociati non restò che accettare.
E così l’8 marzo del 1202 l’esercito della quarta crociata salpava finalmente da Venezia. I 480 vascelli, tuttavia, non erano diretti a Gerusalemme. L’obbiettivo? La città di Zara che venne infatti conquistata e brutalmente saccheggiata. Il Papa non trovò di meglio che scomunicare i Veneziani, dato il divieto da lui imposto, di combattere contro altri cristiani (Tregua Dei).
Così iniziava la quarta crociata, con Venezia che era riuscita a piegare ai propri bisogni l’esercito crociato.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 1, SCRIPTA EDIZION
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