Dal testo di Francesco Zanotto
” .. .il capitano supremo li convocò in sulla piazza di Santo Antonio, e unitamente al provveditore Andrea Gritti, consigliò tutti, e massimamente i soldati, a deporre gli odii particolari, se mai per avventura avessero allignato nel loro cuore, gli eccitò di compiere amorevolmente a tutte cose richieste nella difesa di una città, e li confortò a diportarsi valorosamente e a combattere con franchezza di animo e di corpo, inducendoli, da ultimo a giurare … ”
ANNO 1509
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
Trascorso il primo, terribile momento di sconcerto, di paura, le città venete iniziano a reagire di fronte al dilagare delle truppe imperiali. Anche Padova grazie a Nicolò Orsino si prepara a resistere.
LA SCHEDA STORICA – 94
Treviso dunque era pronta a resistere alle armate dell’imperatore Massimiliano mentre anche a Padova le cose si stavano organizzando in modo da creare le condizioni per poter ritornare sotto il governo veneziano.
Il 17 luglio, infatti, alle prime ore dell’alba riuscirono a penetrare nella città patavina tre carri carichi di frumento. Mentre i primi due passarono velocemente sul ponte levatoio controllato dalle guardie tedesche, il terzo si fermò improvvisamente sul ponte che non poteva più a quel punto essere richiuso. Improvvisamente sbucò un gruppo di uomini armati che al grido “S. Marco! S. Marco!” si introdussero nella città.
Era l’inizio della sommossa che scoppiò presto e furiosa frale strade di Padova. La piccola guarnigione lasciata a guardia della città tentò anche di resistere e di respingere gli assalitori, ma alla fine venne sopraffatta e costretta alla resa.
E così, dopo circa un mese di giogo imperiale, Padova spontaneamente ritornava nel più rassicurante e conveniente grembo veneziano. A dar man forte ai cittadini padovani arrivarono anche gli uomini del Provveditore in campo, Andrea Gritti, che muovendo da Treviso con 2000 cavalli e fanti si portò verso Padova. Qui, entrato in città, combattè con i suoi uomini fianco a fianco dei cittadini padovani finchè la città non venne liberata dall’incomoda presenza tedesca.
Treviso, Padova, Legnago e altre cittadine avevano fatto la loro scelta di campo e su quel campo sventolava il vessillo di S. Marco.
L’imperatore Massimiliano di fronte a tanta e convinta reazione, iniziò a preoccuparsi non poco. Il timore di perdere le città venete e friulane acquistate con tanta facilità e vero, unico scopo per cui aveva scelto di entrare nella Lega di Cambrai, stava prendendo a poco a poco una preoccupante consistenza.
E così i primi di agosto del 1509 un nuovo esercito imperiale si muoveva alla volta dell’Italia e dopo aver varcato le Alpi, verso la città di Padova. In realtà l’esercito di Massimiliano si sarebbe formato solo strada facendo con il contributo anche di truppe francesi e spagnole oltre che con quello papale e di altre città italiane. L’imperatore decise di stabilire intanto il suo quartier generale ad Asolo nell’attesa che si muovessero anche gli altri eserciti.
Passò ben un mese prima che Massimiliano potesse contare su di un vero e proprio esercito organizzato e pronto per porre l’assedio alla città di Padova. Un tempo che si rivelò prezioso per i padovani e i veneziani che infatti lavorarono forsennatamente in quelle settimane per dotare la città delle necessarie difese. Vennero così irrobustite le fortificazioni mentre si provvedeva a riempire i magazzini e le cantine di scorte alimentari e di acqua. Ci si preparava infatti ad un lungo assedio. E all’orizzonte infatti fecero ben presto la loro comparsa le soldatesche imperiali con le loro pesanti artiglierie in tutto ben 106 pezzi.
Mentre il grosso dell’esercito imperiale si stava disponendo attorno alle mura della città, Massimiliano si era portato con altri uomini verso il Polesine per garantirsi una strada sicura dalla quale far arrivare i rinforzi e le vettovaglie per il suo esercito assediante. Prese così d’assalto il castello d’Este e si diresse poi verso Monselice che facilmente conquistò. Per trattato invece riusciva ad ottenere anche Montagnana. Quest’ultima cittadina era una base ideale per poter muovere poi verso Padova.
E così infatti fece, arrivando fino al ponte del Bassanello dove tentò di dirottare il corso del fiume che portava sin dentro alla città. Intanto si iniziava ad organizzare l’assedio. Si decise, scartando l’idea di Borgo S. Croce, di piantare il campo dal lato del Portello approfittando di quegli ultimi momenti di “calma” per saccheggiare e distruggere la campagna circostante.
Infine, il 15 settembre del 1509 si decise di iniziare l’impresa. Intanto dentro le mura tutto era pronto per resistere all’attacco che si temeva, come in realtà fu, potente e continuo. Per due settimane, infatti, l’artiglieria congiunta tedesca e francese martellò ininterrottamente le mura settentrionali di Padova che, miracolosamente, seppur fatte a pezzi, non cedettero. Il miracolo era merito dei cittadini padovani e di quei Provveditori veneziani che nelle settimane precedenti l’assedio avevano lavorato al massimo per fortificare la città. Il lungo lavoro dava ora i suoi frutti. Tutti gli attacchi nemici vennero infatti respinti.
Il merito principale di tanta efficienza da un punto di vista logistico ed organizzativo, fu in realtà di Niccolò Orsini di Pitigliano, proprio colui che volente o nolente contribuì con il suo immobilismo alla disfatta veneziana di Agnadello. In qualità di supremo rettore e comandante, ora, il Pitigliano aveva organizzato la città predisponendola per il lungo e difficile assedio.
Ma non c’era solo una città fisica da fortificare. Anche gli animi e la volontà dei cittadini dovevano essere sostenuti. E così l’Orsini d’accordo e insieme con il Provveditore Andrea Gritti, fece riunire la cittadinanza in Piazza S. Antonio dove con un accorato discorso si rivolse primariamente ai soldati esortandoli ad abbandonare rancori, paure e odii particolari per votarsi completamente alla difesa della città. Alla fine, anzi, fece loro giurare sul Vangelo che non si sarebbero risparmiati durante l’arduo compito. Il primo a giurare fu lo stesso Pitigliano al chè tutti i Provveditori, Capitani e soldati fecero altrettanto.
Un importante lavoro di fortificazione e la totale dedizione ed abnegazione dei cittadini e dei soldati, dunque, furono le due “armi” vincenti che trasformarono l’assedio di Padova per l’imperatore Massimiliano in un incubo.
Alla fine del mese dopo 15 giorni di inutili cannoneggiamenti, l’imperatore infatti cedeva e toglieva l’assedio alla città. Venezia naturalmente esultava. Padova aveva resistito a uno dei più duri e imponenti assedi mai visti, forte di 40.000 uomini e di 100 pezzi d’artiglieria.
Il morale risaliva alle stelle e con il morale la speranza di salvezza. Il 14 Orsini poi, marciava da Padova anche su Vicenza dove l’imperatore aveva lasciato un’insignificante guarnigione prima del suo frettoloso ritiro oltralpe. Dopo Vicenza, Padova e Treviso anche Cittadella, Bassano, Belluno, Este, Montagnana e Monselice passarono ad appoggiare Venezia. La repubblica non era più sola!
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 3, SCRIPTA EDIZIONI
Link: http://www.storiavicentina.it