Dal testo di Francesco Zanotto
“Entrava quindi nel porto del Lido il Veniero con la sua capitana parata a festa, ed incontrava nel luogo accennato sulle lor barche i cinquanta Senatori, i quali scortavanlo fino alla Piazzetta, ove smontato, veniva accolto dai Patrizii, fra le acclamazioni giulive del numeroso popolo, nel mentre lo precedevano le turche spoglie, e le conquistate bandiere, e le armi, ed i prigioni quasi a modo di trionfo. Egli vestito con le assise proprie de’ generali supremi, col manto fermato agli omeri con fibbie d’oro, augusto in volto, procedeva maestoso … ”
ANNO 1573
Giuseppe Gatteri
Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.
La straordinaria vittoria conseguita sui turchi dalle navi cristiane a Lepanto, aveva nel comandante veneziano Sebastiano Venier il suo principale regista giustamente festeggiato al suo rientro in patria …
LA SCHEDA STORICA – 107
La battaglia di Lepanto si era chiusa con una schiacciante vittoria della navi cristiane.
Malgrado l’atteggiamento alquanto irresponsabile del comandante Doria che rischiò all’ultimo minuto di compromettere l’esito finale dello scontro, alla fine della storica giornata don Giovanni d’Austria e tutti gli altri che avevano contribuito alla vittoria, potevano esultare dalla gioia.
Le perdite materiali non furono eccessive. Si parla di 13 navi perse contro le 113 affondate dei turchi e 117 catturate. Diversamente, purtroppo, i conti delle perdite umane furono altissimi da entrambe le parti. Del resto lo scontro si era risolto prevalentemente con dei durissimi corpo a corpo, ma anche in questo campo le 15.000 vittime cristiane non furono niente (si fa per dire!) rispetto alle 30.000 del nemico alle quali si aggiungevano 8.000 prigionieri.
Ad accrescere l’entità della vittoria dei cristiani si aggiunse infine uno straordinario bottino. Solo nella nave di Alì infatti, vennero ritrovati ben 150.000 zecchini d’oro! I turchi evidentemente si ritenevano sicuri della vittoria.
Ma un’ altra piacevole sorpresa si realizzò quel giorno, ovvero la liberazione di ben 15.000 schiavi cristiani utilizzati quale forza motrice nelle galee turche. Anche per loro, sicuramente, quel giorno diventò immemorabile, un giorno di grande gioia che arrivava dopo lunghi anni di incontrastate conquiste turche, dopo lunghi anni di divisioni interne alla cristianità che questa volta aveva dimostrato tutta la sua capacità offensiva, unita nel comune scopo. L’abilità di comando e militare di don Giovanni d’Austria aveva fatto il resto.
Il 18 ottobre del 1571 Giuffredo Giustinian con la galea dal significativo nome di “Angelo”, portò così finalmente notizia a Venezia della vittoria. Venezia era sicuramente lo stato, fra Spagna e papato, che aveva maggiormente sofferto e pagato per l’avanzata turca e per l’inerzia degli stati europei. Il ricordo della terribile fine del Bragadin che certamente poteva essere evitata se solo le navi della Sacra Lega si fossero riunite e mosse pochi mesi prima, era ancora troppo forte e recente perchè il sapore della notizia di Lepanto non assumesse anche il sapore di una giusta vendetta.
E così la città esplose in un impeto di gioia incontrollata e le calli, le piazze, i canali, si riempirono presto di gente festante. A memoria dell’insperata vittoria, molte furono le iniziative intraprese da parte del senato. Il portale del Gambello all’Arsenale si trasformò in monumento mentre ogni 7 ottobre da quell’anno fino alla caduta della repubblica venne festeggiato con una processione del doge fino alla Chiesa di S. Giustina nel cui giorno, il 7 ottobre, appunto, era avvenuta la vittoriosa battaglia che venne anche rappresentata in due diverse opere pittoriche, di cui una del Veronese nella sala del Collegio.
Lepanto rappresentò sicuramente una straordinaria vittoria militare e morale, attesa forse per troppi anni, ma le premesse che una simile circostanza implicava erano destinate purtroppo a svanire a poco a poco, tradite ancora una volta dagli egoismi anche degli altri stati cristiani (Portogallo, Polonia, Francia e l’Impero) che non entrarono infatti nemmeno ora nella Sacra Lega.
Morto poi il suo principale promotore (1572), il pontefice Pio V, l’alleanza tra Spagna e Venezia, già di per sè difficile ed eccezionale, saltò completamente e, con essa, le premesse per poter continuare un’efficace azione di contrasto contro i turchi.
Già i primi sentori della crisi si registrarono agli inizi del nuovo anno, il 1572, quando Venezia dimostrò tutte le più serie intenzioni di continuare ad affrontare i turchi magari costringendoli allo scontro approfittando del ”vento” favorevole che la battaglia di Lepanto aveva portato con sè.
In più occasioni le navi veneziane si scontrarono vittoriosamente con quelle nemiche realizzando anche qualche sporadica conquista, ma alla prima rilevante occasione di dare ai turchi una seconda, esemplare lezione, gli spagnoli si tirarono improvvisamente indietro.
I turchi erano praticamente intrappolati nel porto di Navarino (od. Pylos). Si doveva solo attendere che finissero i rifornimenti per attaccarli, ma don Giovanni fece sapere che le sue navi dovevano rientrare assolutamente in Spagna. Dello stesso avviso fu anche il comandante pontificio Colonna e così Venezia si ritrovava nuovamente sola di fronte al nemico e il nuovo comandante veneziano, affiancato all’ormai anziano Venier, fu costretto a dare l’ordine del rientro.
Venezia rientrava intanto anche lo stesso Sebastiano Venier, dopo due anni e dopo aver comandato magistralmente le sue navi nella battaglia di Lepanto. Uomo orgoglioso del suo passato, il Venier era ormai l’eroe del giorno.
Era il 1573 quando il vecchio comandante approdava in laguna a punta Sant’Antonio venendo accolto da una cinquantina di senatori vestiti in pompa magna. Da lì entrò nel porto del Lido con la sua nave parata a festa, venendo poi scortato fino al Canal Grande. Da qui approdò infine in Piazza S. Marco. Qui, nella Piazzetta, lo aspettavano patrizi e gente comune del popolo, un popolo ancora festante anche se ormai dalla vittoriosa battaglia erano trascorsi circa 15 mesi. Bastava comunque il solo ricordo per riaccendere gli animi e gli entusiasmi dei veneziani attorno alloro eroico comandante.
Questi, giunto all’ingresso della Basilica di S. Marco, incontrò il doge Alvise Mocenigo, accompagnato dai membri del senato, che si rallegrarono con il Venier per la vittoria conseguita e per il suo meritato trionfale ritorno in patria. Infine, entrarono tutti nella Basilica ed assistettero alla sacra cerimonia in ringraziamento della vittoria.
Venezia almeno, si consolava nel ricordo della gloriosa battaglia, ma da lì a pochi mesi le circostanze l’avrebbero presto indotta a firmare una pace separata con il sultano turco, suscitando le sdegnate reazioni di mezza Europa, quella stessa Europa che al momento di agire contro il comune nemico, non aveva fatto altro che girare le spalle alla Serenissima che trovava invece nel trattato di pace l’unica strada per evitare ancore inutili e solitarie sortite contro un nemico sempre potente e minaccioso.
Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 4, SCRIPTA EDIZIONI
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