Dic 27 2015

STORIA VENETA – 134: 1690 – E’ VENEZIANO IL NUOVO PAPA ALESSANDRO VIII . ONORI PAPALI Al DOGE

Category: Storia di Venezia e del Venetogiorgio @ 00:25

 

Dal testo di Francesco Zanotto

   

Quindi apparecchiata la Basilica di S. Marco a festa, il dì 7 maggio 1690, discese il Morosini dal Palazzo Ducale. Allora l’arcivescovo lesse le preci di metodo sul rituale sostenuto dal proprio cappellano che faceva l’ufficio di suddiacono, ed il diacono lesse poi il breve pontificio, datato 2 aprile 1690, col quale Alessandro conferiva al Doge quell’onore, e quindi pose in capo al donato il pileo; intanto che Michel Angelo Conti che stava alla destra del celebrante, denudato lo stocco, attendea che si compisse quell’atto per cingerlo poi al fianco del Doge medesimo.

   

ANNO 1690

  

 giuseppe-gatteri-1690-morosini-onori-papale-al-doge-

Giuseppe Gatteri 

 

Cosa ci racconta il disegno di Gatteri.

   

Nel 1689 saliva al soglio pontificio il veneziano Pietro Ottoboni che pochi mesi dopo invierà al doge Morosini le onorificenze dello stocco e del pileo quale riconoscimento del suo decennale impegno in difesa della cristianità. Giusto il tempo di ricevere i due doni benedetti, che Morosini dovrà ripartire per un nuovo, estremo impegno bellico nell’Egeo …

   

LA SCHEDA STORICA – 134

 

L’anno in cui Francesco Morosini si vide costretto ad intraprendere la strada del ritorno in patria abbandonando le acque egee, era il 1689. In quel medesimo anno, il 12 agosto, moriva intanto a Roma il pontefice Innocenzo XI.

Gli alti prelati si riunirono così per eleggere il nuovo papa che, forse non casualmente, venne scelto tra le fila dei cardinali veneziani nella persona di Pietro Ottoboni.

Scegliere un veneziano quale nuovo pontefice ebbe il sapore di un voluto ed altissimo riconoscimento dato alla Serenissima Repubblica per il suo continuo e generoso impegno nella lotta contro i turchi. Una lotta che specialmente negli ultimi anni si era fatta particolarmente delicata per l’arrivo degli eserciti ottomani fin sotto le mura di Vienna, la capitale dell’impero asburgico e ultimo baluardo della cristianità.

Conferire allora l’alta carica al rappresentante di una potenza, quella veneziana, che più di qualunque altra si era da sempre spesa nei tentativi di fermare l’avanzata nemica, sembrò allora un ufficiale ed unanime riconoscimento di questo suo impegno.

E così, un veneziano saliva sul trono pontificio con il nome di Alessandro VIII.

L’Ottoboni, patrizio veneziano, oltre che papa, non perse certo tempo una volta assunta l’alta carica, ad esercitare tutta la sua autorità a favore in particolare di due suoi nipoti Pietro ed Antonio. Entrambi vennero creati Cavalieri di San Marco, mentre Antonio l’Ottoboni lo volle con sè a Roma dove gli conferì la carica di principe del soglio e Generale delle Armi di Santa Madre Chiesa.

Non si dimostrò generoso solo con i suoi parenti Pietro Ottoboni. Benchè fosse diventato Papa non poteva infatti di certo scordarsi di essere anche e innanzitutto un veneziano e in virtù di questo anche verso la sua patria e il proprio doge, non mancò di dimostrare presto tutta la sua riconoscenza.

 

Ma Morosini deve partire per contenere il nemico di sempre …

 

Francesco Morosini si era da sempre distinto quale valoroso comandante della flotta veneziana, per il suo coraggioso e disinteressato impegno nella lotta contro i turchi.

Fu lui a resistere fino all’ultimo in Candia assediata, fu sempre lui a portare 15 anni dopo la flotta veneziana a nuove ed insperate vittorie sull’eterno nemico arrivando a conquistare in nome della repubblica, la stessa Atene.

La nomina ducale era stato il massimo che la sua città poteva offrirgli in segno di gratitudine, ma ora anche la Chiesa doveva fare la sua parte in nome dell’intera cristianità che comunque il papa rappresenta.

Alessandro VIII fece così recapitare al doge due simboli che la Santa Chiesa consegnava per tradizione agli eroi che avevano combattuto gloriosamente in difesa della religione cristiana: il pileo e lo stocco ovvero un copricapo riccamente decorato e una specie di spada entrambi benedetti dallo stesso pontefice.

A ricevere il sacro dono in precedenza erano stati solo altri due illustri veneziani: i dogi Francesco Foscari, nel 1450, e Cristoforo Moro, nel 1463.

Per la nuova occasione la Basilica di S. Marco venne magnificamente addobbata a festa il 7 maggio del 1690. Il Morosini uscì allora da Palazzo Ducale accompagnato dai Senatori e dai Magistrati e si recò nella chiesa dove si sarebbe svolta la solenne cerimonia.

Compiuti i sacri riti l’arcivescovo pose sul capo del doge il pileo benedetto mentre il cameriere di onore del pontefice, Michelangelo Conti, sfoderato lo stocco, lo cinse alla vita del Morosini.

Ultimata la cerimonia, i due doni vennero depositati nel Tesoro della Basilica dove rimasero fino alla caduta della repubblica. Purtroppo il pileo, ornato d’oro e di perle preziose, venne successivamente trafugato mentre a testimonianza della suggestiva investitura restarono solo la spada e la cintura di velluto ricamata col duplice nome di Pietro Ottoboni e di Alessandro VIII.

 

Il vecchio doge ritorna a fare il guerriero…

  

Tuttavia, le mutevoli circostanze storiche, costringeranno ben presto Francesco Morosini a reindossare ben presto un altro e ben più “pesante” copricapo e ad impugnare non un’elegante spada ma il bastone del comando.

La guerra con il Turco infatti era tutt’ altro che conclusa nel 1690 ed il Morosini, solo tre anni dopo, si vide nuovamente proiettato su uno scenario di guerra.

Nelle acque dell’Egeo infatti, dopo la partenza dello stesso Morosini, le cose non stavano andando certo per il meglio per le navi veneziane. L’impresa peloponnesiaca, iniziata sotto i migliori auspici, stava pericolosamente ripiegando verso situazioni dagli sviluppi imprevedibili e assai incerti.

I veneziani, a quel punto, tornarono a guardare alloro valoroso doge-comandante come ad una sicura risposta. Malgrado la salute ancora malferma e l’età di 74 anni, Morosini non poteva certo deluderli.

E così, nel maggio del 1693, il vecchio doge deponeva le insegne del potere ducale per ripresentarsi al suo popolo in veste di comandante generale. Morosini tornava così a S . Marco, ma in ben altra veste e impugnando questa volta il bastone del comando.

Ad attenderlo dentro e fuori la Basilica, una folla echeggiante e fiduciosa. Nella Piazza, una serie di archi trionfali che il doge attraversò compiendo l’intero giro della stessa piazza in una sorta di investitura collettiva.

L’indomani mattina, il comandante Francesco Morosini era pronto per il nuovo imbarco. Salito sul Bucintoro Morosini, attraversando una laguna punteggiata di gondole e di veneziani festanti, venne accompagnato a S. Nicolò di Lido.

Lì lo attendeva la sua galea, la “Generalizia”, che lo avrebbe ricondotto nelle turbolente acque del mare greco, alla volta di Malvasia dove già lo attendeva il grosso della flotta veneziana.

 

Fonte: srs di Giuseppe Gatteri, Antonio Viviani, Francesco Zanotto, Giuseppe Grimaldo, Laura Poloni, Giorgio Marenghi; da STORIA VENETA, volume 5, SCRIPTA EDIZIONI

Link: http://www.storiavicentina.it

 

Rispondi

Per commentare devi accedere al sito. Accedi.